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La differenza tra un cuoco e uno chef

Camillo Langone

Menù inventati, ma non troppo, cene cantate per clienti devoti. Si dia retta ad Antonio Albanese: nessuna risata ha seppellito stellati e sommelier, che continuano a prendersi tanto tanto sul serio

“In Italia la differenza tra un cuoco e uno chef è molto semplice, ovvero lo chef è ridicolo”. Da anni Antonio Albanese mette in caricatura la più supponente enogastronomia, con bei risultati artistici e nessun risultato pratico. Nessuna risata ha seppellito stellati e sommelier, che continuano a prendersi tanto tanto sul serio. In “Lenticchie alla julienne” (Feltrinelli), Albanese alias Chef Alain Tonné presenta ricette come “Mousse di cervo albino”, “Alghe sferificate all’alito di cernia”, “Brodo alla griglia”, “Pollo Pollock”, “Zuppa verticale”, “Riso tatuato all’incenso”… Un menù inventato ma non troppo, come sa chiunque frequenti i ristoranti di avanguardia dove chef ieratici celebrano cene cantate per clienti devoti. La settimana scorsa sono stato al 28 Posti di Milano, zona Navigli, dove ho mangiato benissimo e partecipato al rito di una religione aliena: le cameriere-chierichette vestite di nero, il menù misterioso e misterico, lo chef-sacerdote officiante dietro una sorta di iconostasi… La differenza tra un cuoco e uno chef è davvero molto semplice, si dia retta ad Albanese.

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