Foto Ansa

il capo dello stato

Le ragioni politiche dell'unità nazionale. Il senso del discorso di Mattarella 

Sergio Soave

Politica estera, pace, alleanze internazionali e difesa della democrazia (e della Repubblica). A chi parla il capo dello Stato nel discorso di fine anno 

Nel discorso di auguri per l’anno nuovo pronunciato da Sergio Mattarella l’elemento principale è un appello a non dimenticare mai anche nell’asprezza del confronto politico, le ragioni profonde dell’unità nazionale. Già nella parte iniziale, dedicata alla difficile situazione internazionale e sull’esigenza di una iniziativa per la pace, si esprime questa esigenza: “La pace, ha detto, in realtà, è un modo di pensare: quello di vivere insieme agli altri, rispettandoli, senza pretendere di imporre loro la propria volontà, i propri interessi, il proprio dominio”. Ricordando le parole di Leone XIV ha insistito sulla “necessità di disarmare le parole”.

Nella parte in cui ha ricordato e ripercorso gli ottanta anni della Repubblica, ha sottolineato il fatto che, durante l’assemblea costituente, “Di mattina i costituenti discutevano - e si contrapponevano - sulle misure concrete di governo, nel pomeriggio, insieme, componevano i tasselli della nostra Carta costituzionale”. Ha poi ricordato scelte decisive  e permanenti nel campi internazionale, che se pure furono compiute all’inizio tra aspri contrasti, ora sono largamente condivise: “L’Unione Europea e l’Alleanza Atlantica hanno coerentemente rappresentato - e costituiscono - le coordinate della nostra azione internazionale”. Ripercorre le vicende storiche collegando le conquiste ai problemi ancora aperti o ricomparsi in forme nuove, come ad esempio “il Piano casa, il cui ricordo richiama le difficoltà delle giovani coppie a trovare casa oggi nelle nostre città”. Egualmente le conquiste dello statuto dei lavoratori esprimono “valori che richiamano al pieno rispetto della irrinunziabile sicurezza sul lavoro e all’equità delle retribuzioni”. Mattarella non dimentica i problemi aperti, ma esprime una visione positiva: “L’Italia della Repubblica è una storia di successo nel mondo. Possiamo e dobbiamo esserne orgogliosi”. Anche questo orgoglio è basato su un sistema in cui dialettica e coesione convivono: “La nostra vera forza, la coesione sociale nella libertà e democrazia, ci ha consentito di fare dell’Italia il grande Paese che è oggi. Le legittime dialettiche tra le varie posizioni hanno contribuito a concrete realizzazioni che hanno cambiato in meglio la vita delle persone. Diritti e doveri sono diventati progressivamente fatti e non sono rimasti astratte affermazioni”. Anche i problemi più urgenti Devono essere affrontati in questo spirito: “Vecchie e nuove povertà - che ci sono e vanno contrastate con urgenza - diseguaglianze, ingiustizie, comportamenti che feriscono il bene collettivo come corruzione, infedeltà fiscale, reati ambientali: crepe che rischiano di compromettere proprio quella coesione sociale che consideriamo un bene prezioso di cui disponiamo”.

Da questa coesione sociale, che è la chiave di tutto il ragionamento, Mattarella non vuole escludere i giovani ai quali rivolge l’appello ad essere “esigenti e coraggiosi”, mentre rifiuta i giudizi sommari: “Qualcuno - che vi giudica senza conoscervi davvero - vi descrive come diffidenti, distaccati, arrabbiati: non rassegnatevi”. Confronto democratico e coesione tra forze politiche, presenze sociali, generazioni diverse: questa la lezione e l’augurio, come sempre apprezzabile e ragionevole che viene dal Quirinale.

Di più su questi argomenti: