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Cantiere pensioni
La vittoria di Pirro della Lega sulle pensioni: l'adeguamento all'aspettativa di vita resta
Nonostante le polemiche sulla riforma pensionistica, la Lega è riuscita a evitare l’aumento dei requisiti per il pensionamento anticipato. Tuttavia, resta in vigore l’adeguamento biennale all’aspettativa di vita, che continua a influenzare l’età pensionabile, garantendo un sistema instabile ma governabile
Roma. In un’intervista rilasciata a Carmelo Caruso sul Foglio, il sottosegretario Claudio Durigon, “l’uomo che sussurrava alle pensioni’’ si è attribuito il merito di aver trovato la soluzione in 24 ore, sia nei contenuti che nelle coperture, per la crisi esplosa nella maggioranza dopo l’emendamento – presentato ormai nella zona Cesarini della manovra di bilancio – che allungava la durata delle finestre (ovvero del tempo intercorrente tra la maturazione del diritto e l’erogazione della prestazione) per accedere al pensionamento anticipato; e segnatamente da 3 mesi a 4 mesi nel 2032, a 5 nel 2034 e a 6 mesi nel 2035. Per Durigon era in atto un tentativo (non si capisce da parte di chi, visto che il sottosegretario ne riteneva estranei sia il ministro Giorgetti sia Perrotta della Rgs) di consegnare all’Europa lo scalpo della Lega, attraverso (conoscendo i nostri polli) l’innalzamento dei requisiti del pensionamento, di cui in via Bellerio non vogliono neppure sentir parlare. In verità quella di Durigon (e di Matteo Salvini) è una vittoria di Pirro, perché sotto le forche caudine della legge di Bilancio è passata illesa la madre di tutte le norme a garanzia della stabilità (o meglio di una instabilità governabile) del sistema pensionistico: l’adeguamento biennale dei requisiti pensionistici all’incremento della speranza di vita.
Si tratta di una norma che, limitatamente all’età pensionabile, risale al 2010 e porta le impronte di Maurizio Sacconi e Giulio Tremonti, ministri dell’ultimo governo Berlusconi di cui era parte autorevole anche il Carroccio. La sua applicazione fu estesa, nel 2011, dalla riforma Fornero anche al requisito contributivo. Il meccanismo è scattato senza che nessuno trovasse nulla da ridire negli anni 2013, 2016 e 2019, inasprendo i requisiti rispettivamente di tre, quattro e cinque mesi fino a raggiungere – nel caso della pensione anticipata – il limite di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e di un anno in meno per le donne. Su quei livelli era intervenuto, nel quadro dell’operazione gialloverde di Quota 100 e dintorni, il blocco dell’adeguamento fino a tutto il 2026. E’ stato il governo Meloni in una legge di Bilancio ad anticiparne la fine della sospensione di due anni, riattivando pertanto il meccanismo della indicizzazione, dall’inizio del 2025. Nel primo biennio della riattivazione non vi sono stati effetti per via degli indicatori demografici provati dalla pandemia, mentre nel 2027-2028 era atteso un incremento di tre mesi (che è stato scaglionato nella legge di Bilancio 2026 ora in fase di approvazione con un onere economico stimato pari a 0,5 miliardi nel 2026, 1,8 nel 2027 e 1,0 nel 2028).
La norma sull’adeguamento automatico è viva e operante, e la sua applicazione non richiede un intervento legislativo. Attualmente, infatti, l’indicizzazione si realizza, dopo che l’Istat abbia accertato l’eventuale variazione in aumento, con un decreto direttoriale del ministero dell’Economia e delle finanze di concerto con il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, da emanare almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento. Se si facessero un po’ di conti, ipotizzando l’incremento di un trimestre per ogni biennio, si arriverebbe in anticipo a quei sei mesi ipotizzati dall’“emendamento canaglia” per la finestra del 2035. Con il risultato che l’incremento inciderebbe sulla stabilità dei requisiti e non sulla aleatorietà della finestra. C’è qualcuno che pensa di sabotare il meccanismo nonostante che i suoi ulteriori effetti si scaricheranno nella prossima legislatura? Anche Claudio Durigon si chiederà “a me chi lo fa fare?”. Soprattutto perché, se il centrodestra dovesse perdere le elezioni, toccherebbe al Campo largo occuparsi della questione, pagando il fio di aver sparato, in queste settimane, sull’aumento dell’età pensionabile come un Maurizio Landini qualsiasi.