Il racconto

Meloni e i Fratelli di Giorgetti. Passa la manovra ma è tormento Salvini. Ciriani: "No agli spacconi"

Carmelo Caruso

Il Senato approva la legge di bilancio, ma con variazioni, Cdm improvvisati. Salvini manda lettere a Giorgetti, e Ciriani: "Si sente l'odore delle elezioni". Le profezie di Renzi: "Può nascere qualcosa a destra e Meloni può perdere"

Roma. E’ la manovra con il baccalà. Giorgetti promette di “regalare il carbone” a Salvini, Fazzolari parla all’orecchio, Marcello Pera boccia Mattarella: “Mai visto un Capo dello stato fare politica estera”. Il Senato approva la legge di Bilancio con 110 sì. Gli aggettivi? Misiani: “Pirotecnica”. Il ministro Ciriani: “Tormentata. Si inizia a sentire odore di elezioni. Al nostro popolo non piacciono gli spacconi”. Qualcosa si è incrinato. Meloni ha scippato Giorgetti a Salvini e c’è chi dice che lo vorrebbe in FdI. Arriva  Renzi che spiega: “Su tasse e sicurezza, Meloni beve. Se nasce qualcosa a destra, Meloni perde le elezioni. Ora vi dico…”. Annegate nelle calorie. Buon Natale. 


Lo recita la carta della buvette: “Baccalà”. Il governo è in umido come il pesce. Emendamenti stracciati, riscritti, note di variazioni, Cdm volanti, convocati al Senato… La più malinconica delle manovre degli ultimi tre anni di governo Meloni è la 2025. Claudio Lotito, ancora una volta, affronta il nobile Federico Freni per una difformità sui testi. Racconta Misiani: “Scene che non vi dico”. Francesco Boccia, il bravo di Elly, si scaglia contro Gasparri a cui è scappata la metafora: “Nessuno si permetta di dire – questo è Boccia – che il Pd è vicino a chi spacca la faccia alle forze dell’ordine. Chi è in Aula, la testa, se l’è fatta spaccare per difendere la Repubblica”. Finisce di dirlo e tutti vogliono sapere dal sottosegretario all’Editoria, Alberto Barachini, se l’altra Repubblica, il giornale,  viene acquistata dall’editore greco Theo Kyriakou, l’Aristotele Onassis della carta. Meloni è a Chigi in versione Al Pacino di “Ogni maledetta domenica” e ai dipendenti fa il discorso motivazionale  perché “noi siamo una famiglia, combattiamo. L’anno trascorso è stato tosto ma non preoccupatevi perché il prossimo sarà molto peggio. Riposatevi adeguatamente”. L’unico che si diverte è l’albero di Natale piazzato al centro del salone Garibaldi, al Senato. Gasparri, che non si ferma neppure sotto le feste, registra un video di fronte all’albero (piccola nota: il sondaggio YouTrend certifica che Tony Tajani in Forza Italia è amatissimo e se la batte, alla grande, con la Cavaliera e con Pier Silvio Berlusconi). Lavinia Mennuni, di FdI, anche lei, registra altro video sotto l’albero. Un successo. C’è un’aria strana… Lella Paita lo dice per prima: “Io sento profumo di Papeete”. Salvini se lo spruzza ogni sera. Da giorni, Salvini ha inaugurato un genere: le lettere a Giancarlo. Dal suo ministero partono missive protocollate e le spedisce al Mef. L’ultima riguarda l’Ovovia di Trieste. Il problema è che c’è da credere a chi dice: “Salvini è geloso del rapporto che Meloni ha con Giorgetti;  lo vuole tutto per sé. Giorgetti è ingombrante”. Si dissimula e si sbaglia, come cantava Paolo Conte “da professionisti”. Salvini arriva e si siede vicino a Giorgetti con tanto di presentazione, alla Pippo Baudo, a favore di camere: “ecco il ministro”. Giorgetti risponderà, alla fine: “Abbiamo fatto cose che sembravano impossibili” e poi “regalerò il carbone a Salvini”. Su una sedia Ciriani, il ministro della bora, dei Rapporti con il Parlamento, che si è preso l’applauso dei colleghi, racconta: “Abbiamo ereditato un paese drammaticamente indebitato, un paese dove è complesso spiegare che, per non perdere la credibilità conquistata, bisogna tenere in ordine i conti. Quelle a cui abbiamo assistito sono dinamiche interne alla Lega … si inizia a sentire odore di elezioni, ma è bene sottolineare che al nostro elettorato non piace chi fa troppo lo spaccone. L’iter è stato tortuoso ma Giorgetti ha l’appoggio di tutto il governo”. Schlein, anche solo per il garbo che usa, dovrebbe ascoltarlo. Continua Ciriani: “Riconosco a Schlein sincerità e franchezza rispetto al vecchio Pd, ma deve cogliere l’opportunità, modificare la legge elettorale perché quella che c’è oggi è una legge fatta per pareggiare e non per vincere le elezioni”. Non scorre neppure un goccio di prosecco e l’unico sussulto estetico lo offre Nicola Calandrini, presidente  della Commissione Bilancio di FdI, che indossa il gessato. Il ministro Zangrillo rilascia un’intervista a Radio Radicale per affettare il senatore del Pd Crisanti che ha fatto la morale sui concorsi universitari e Zangrillo: “Mi farebbe piacere sapere del concorso di Crisanti. Se si sa chi vince i concorsi universitari si conosceva dunque anche il suo. Sarebbe interessante chiederlo a Crisanti”. Si convoca un Cdm d’emergenza per mettere una pezza agli emendamenti, stravolti, riscritti, ma anche questo passa in sordina. Ci vorranno forse mesi per leggere interamente la manovra e va bene che la prudenza non è austerità, come dice Giorgetti, ma Renzi affonda il Salvini nella piaga. A Garavaglia, a cui ruba la spilletta con lo spadone, Renzi chiede: “Ma non eravate i figli di Umberto? Bossi avrebbe amato l’austerità?”. Ogni volta che un cronista va al Senato finisce sempre per tornare  e dire: “E però,  Renzi…”. Questa è la sua profezia; la cometa. Bevetene tutti. Parla Renzi: “Guardate che Trump non ha mai perdonato a Meloni il bacio a Biden. A destra sta accadendo qualcosa. La polemica di Marcello Veneziani contro Alessandro Giuli è molto più seria di quanto pensate. C’è un brodo di destra che comincia a sentirsi deluso da Meloni e Meloni lo sa. Bisogna martellare su tasse e sicurezza. Prima o poi nascerà qualcosa a destra. Può essere Vannacci, può essere qualcun altro. Un nuovo Farage. E sapete che vi dico? Trump potrebbe strizzare l’occhio a questa nuova destra. Se nasce questa destra, a destra di FdI,  Meloni perde le elezioni. Auguri”. Giuli a questo punto non ha scelta. Deve aggiornare il suo armadio. Giorno sei gennaio come minimo, deve vestirsi da Re Magio. 

 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio