Ansa

l'editoriale dell'elefantino

Contro il nannimorettismo di destra

Giuliano Ferrara

Il regista diceva: dite qualcosa di sinistra. Il saggista ora urla: dite qualcosa di destra. Lo spettacolo banalotto dell'intellettuale d’area, M. Veneziani, che rimpiange la destra modello blocco navale. Ma di che ci vogliamo lamentare?

Gli intellettuali, si sa, hanno un rapporto difficile con il potere politico. Marcello Veneziani non fa eccezione. Il potere culturale lo detiene, per merito e costanza. Scrive sui giornali, va in tv, un paio di libri l’anno, spesso pregevoli e ben recensiti, una cornucopia di conferenze in giro per l’Italia, è ascoltato, riverito, ha un pubblico trasversale, essendo un destro che sa che cosa piace al lato sinistro, un ammiratore di Vico che fa l’occhiolino a Nietzsche. Come saggista è una macchina da guerra. Ma il rapporto con il governo, con la maggioranza di centrodestra, con la classe dirigente raccolta intorno a Giorgia Meloni, con gli onorevoli ministri e sottosegretari, con la cupola dell’amichettismo, come si dice oggi nel palazzo, già celebrato da Francesco Guicciardini e dannato da Pier Paolo Pasolini, non è dei migliori. Il mio amico e dandyministro Alessandro Giuli ha reagito a un articolo di Veneziani con il vocabolario di un antico sentore romano e ha evocato la “bile nera” per spiegare le sue osservazioni maligne su quelli che circondano la presidente del Consiglio. Invidia. Colpisce però, più che la presunta invidia segnalata dal ministro della Cultura, l’elemento un po’ scontato e convenzionale della critica di Veneziani, che ricalca perfettamente quella, che aveva almeno il pregio della satira, di Nanni Moretti.

 

Ai suoi il regista di successo diceva: dite qualcosa di sinistra. Ai suoi il saggista di successo dice: dite qualcosa di destra. L’uno voleva che si accontentassero studenti e lavoratori, l’altro anela a doni identitari per i patrioti. I politologi accademici hanno spesso sostenuto che si governa al centro. Oggi, tempi un po’ cataclismatici e un po’ buffi, sono contraddetti dall’esperienza in corso. Trump, Milei, Netanyahu, Modi sono esempi dell’opposto, l’acqua va all’orto per loro più che per Starmer o Macron. Un profilo estremo o estremista non sembra necessariamente un handicap per la governabilità, quale che sia il giudizio sui contenuti e la previsione sull’esito finale. Il centro politico sa di impaccio, come in Francia in Inghilterra e in Germania è severamente minacciato da estreme contente e sicure di sé. Alla radice degli appelli convergenti a essere ciò che si è o che i tifosi presumono si debba essere non c’è però la politologia, c’è piuttosto un bisogno di identità che considera il mainstream come una trappola e una mistificazione delle solite élite pigliatutto.

 

Potrebbe sembrare un’inclinazione piuttosto banale dell’intellettuale d’area a mettere in piedi uno spettacolino ideologico per tirarsi comunque fuori da ogni corresponsabilità civile e alimentare piccoli messianismi utili a rinsaldare il gruppo. Per un altro aspetto, della tirata di Veneziani ci si può dire contenti. Osserva con rammarico che con il governo Meloni di centrodestra non è cambiato nulla di importante per i cittadini. Ma che cosa di meglio si può chiedere, posto che i conti pubblici siano sotto controllo, le libertà civili intoccate, il clima generale non asfissiante in un senso o nell’altro, la politica estera e di difesa più che ragionevole, a una coalizione di maggioranza nata sotto il segno di una fiamma che brucia sulla tomba del Duce e da cavalcate retoriche all’insegna del blocco navale? Abbiamo un sistema politico tale da non portare a scontri e barricate su qualche mese di età pensionabile in più o in meno, come a Parigi, e un’atmosfera di trasversalismo civile che non esclude la possibilità di una alternanza di centrosinistra. E vogliamo lamentarcene? Non è elegante, infine, la solita aggressione ai consiglieri e ai compagni di strada del leader o della leader, che sempre accompagna la nascita di un potere minimamente nuovo. Veneziani elogia la Ducia liberale, la capa del governo, per meglio dannare chi la circonda. E’ stato fatto con tutti i predecessori, di sinistra di centro o di qualunque altra area si voglia. Craxi era un politico abilissimo, circondato da nani e ballerine. Berlusconi era bravo, ma i suoi un disastro. Renzi un suo successore abile, a sinistra, ma circondato da una corte di quelli che Massimo Bordin definiva “gerarchi minori”. Questo fatto di lodare il numero uno sputtanando i numeri successivi, tutti di sua scelta, è un’acrobazia da circo un po’ ruffiana, che compiace il pubblico ma merita un giudizio severo. Finiremo per compilare un’apologia di Francesco Lollobrigida, l’uomo che fermava i treni.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.