Errori rossi e blu
Che cosa sbagliano destra e sinistra sulla manovra? Parla il Libdem Luigi Marattin
"Puntiamo a un governo populist-free nel 2027".
“Per rimandare di un mese l’età pensionabile per un paio di centinaia di migliaia di persone, e per un’inutile rottamazione delle cartelle, si buttano via due miliardi”. Intervista
Roma. Giorni di manovra. Maggioranza e opposizione si criticano (se non insultano) a vicenda. Visto dalla prospettiva dei Libdem, sbagliano tutti? Lo chiediamo al segretario e deputato Luigi Marattin. “Tutte le critiche che il campo largo fa alla manovra”, dice Marattin, sono completamente sballate. Dicono che viene tagliata la sanità, ma ci sono 7 miliardi in più rispetto all’anno scorso. Dicono che si fa un favore alle banche, quando sono massacrate di tasse in più. Dicono che il governo ha fatto una manovra striminzita, ma fingono di non sapere che, anche se fossero stati al governo loro, la manovra avrebbe avuto dimensioni analoghe: sono infatti le nuove regole europee, con il vincolo sulla spesa, a fare sì che, d’ora in poi, le manovre siano sempre di dimensioni ridotte. Dicono, infine, che si aumenta la spesa militare, ma in manovra non c’è un euro su quello. Hanno definito la mossa sul Tfr (una delle cose migliori della manovra), la ‘privatizzazione del Tfr’: quasi come se oggi fosse dello stato, cosa che probabilmente loro ancora sognano”. E la destra? Matita blu e rossa anche per loro? “La norma sull’oro di Bankitalia è una delle più grandi cialtronate della storia”, dice Marattin: “Una cosa in pieno stile terrapiattista. Quello che, purtroppo, innerva come un fiume carsico questa maggioranza (dal no Mes al no vax)”.
Ci sono poi le pensioni. “Per rimandare di un mese l’età pensionabile per un paio di centinaia di migliaia di persone, e per un’inutile rottamazione delle cartelle, si buttano via due miliardi. Che noi del Partito Libdem avevamo proposto di usare per ridurre di dieci punti l’Irpef sulla fascia di reddito tra 50 e 60 mila euro, dando così un beneficio vero – e non assolutamente simbolico, come invece hanno fatto – al ceto medio. Quanto al raddoppio della Tobin Tax, viene direttamente dai no global del G8 di Genova del 2001, che si devono essere infiltrati al Mef”. Ce n’è anche per la norma sulla detassazione degli aumenti contrattuali: “Fatta così, crea solo confusione. Noi avevamo proposto di detassare, e completamente, solo gli aumenti della contrattazione di secondo livello. Costava meno ed era più utile, visto che avrebbe contribuito a innescare quel cambiamento necessario del modo – fermo a oltre 30 anni fa — in cui si fissano le retribuzioni in questo paese”. Quale sarebbe stata (o sarebbe) invece l’agenda per una manovra Libdem? “Nel breve periodo”, dice Marattin, “le risorse disponibili andavano concentrate sul potenziare la riduzione Irpef sul ceto medio e sugli incentivi per incrementare la produttività (togliendo ad esempio il limite annuo ai premi di produttività detassati). Nel medio periodo, la riduzione fiscale di cui questo paese ha bisogno non potrà mai avvenire se non si avvia un vero processo di riduzione e riqualificazione della spesa, cosa che per noi può portare in 5 anni a ridurre la spesa di almeno 3 punti di Pil, da destinare ad abolire l’Irap e ridurre massicciamente l’Irpef per ceto medio e società di persone. Servono poi riforme di struttura: nella nostra ‘top 3’ ci sono la scuola (per cui abbiamo in ottobre presentato una proposta radicale), la contrattazione collettiva (lasciando quella nazionale solo per il recupero di inflazione programmata e salario minimo e lasciando tutto il resto a quella decentrata) e le liberalizzazioni di ogni settore”. Quale prospettiva per il paese, con questa manovra? “Con i 200 miliardi di Pnrr praticamente a regime, non riusciamo a raggiungere l’un per cento di crescita, anzi siamo a circa la metà. Significa che, quando a breve finirà, saremo a crescita zero o peggio. A quel punto, la sostenibilità del debito tornerà a essere un problema, e da lì le cose potrebbero in fretta sfuggire di mano. Per evitarlo, nella prossima legislatura serve un governo ‘populist-free’, capace di prendere di petto tutti i nodi irrisolti dell’economia italiana: dalla modernizzazione di tutti i suoi istituti (dalle istituzioni alla scuola), all’attrazione delle produzioni del futuro, passando per una riforma del welfare che sposti risorse dagli anziani ai giovani e alla produzione”. Già in campagna per il 2027? “La nostra prospettiva è, appunto, un governo populist-free”.