Il nodo del decreto armi

Dem pro Ucraina. Zingaretti, Picierno, Quartapelle: “No ambiguità” del governo su Kiev

Marianna Rizzini

"L’Europa ha fatto bene a dare un segnale chiaro di sostegno all’Ucraina, anche ricorrendo al debito comune.", dice Zingaretti. “Meloni sa perfettamente che sostenere Kiev non è una scelta di generosità, ma di sicurezza nazionale, aggiunge Picierno. Mentre per Quartapelle: "Per fugare ogni dubbio la maggioranza deve venire in Parlamento con il decreto sugli aiuti all’Ucraina"

La definisce “di per sé una buona notizia”, Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in Senato, il fatto che l’imminente “decreto armi” sugli aiuti all’Ucraina (data prevista: 29 dicembre), concentri “gli sforzi più sugli aiuti civili e un po’ meno sugli aiuti militari”. “Si terrà conto di quello che la Lega ha chiesto”, ha detto ieri Romeo, mentre si discuteva la manovra, e cioè: inserire nelle premesse del decreto “un margine di flessibilità che consenta di tenere conto delle trattative e dei negoziati che ci sono in corso”. Non è un mistero, d’altronde, e non da oggi, che una parte della Lega, Matteo Salvini in testa, sia su questa linea: no alla parola “armi” nel decreto. E che anche in altri settori della maggioranza la questione trovi accoglienza tiepida. A specchi rovesciati, il momento decisivo che sta vivendo l’Ucraina appare, in un centrosinistra e in Pd che pure ha avuto i suoi dissidi interni sul tema, come la circostanza che rafforza l’urgenza di offrire oggi un appoggio deciso a Kiev. Dice Nicola Zingaretti, ex presidente della Regione Lazio e capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, che “l’Europa ha fatto bene a dare un segnale chiaro di sostegno all’Ucraina, anche ricorrendo al debito comune. E’ una scelta giusta, che difende il diritto internazionale. Una soluzione ‘a prescindere’, che non tiene conto delle implicazioni future, sarebbe solo un ulteriore tassello di un nuovo disordine mondiale, quello che Donald Trump e Vladimir Putin stanno provando a costruire. Un disordine mondiale fondato su rapporti di forza e interessi, non su regole e diritti”. Il governo appare diviso. “Da una parte chi ribadisce il sostegno a Kiev, dall’altra chi vorrebbe fermarsi, di fatto legittimando l’aggressore, Putin”, dice Zingaretti, convinto che non sia “il tempo dell’ambiguità. Questo governo sta indebolendo l’Italia e questo pesa anche sull’Europa. E’ il riflesso della destra dei nazionalismi. Ma così l’Europa resta fragile e fatica a essere protagonista di qualsiasi azione per la pace: una pace che non passi sulla pelle del popolo ucraino premiando l’aggressore”. Sempre da Bruxelles, dall’avamposto dei paladini di Kiev tra i dem, la vicepresidente del Parlamento Ue Pina Picierno dice: “Giorgia Meloni sa perfettamente che sostenere Kiev non è una scelta di generosità, ma di sicurezza nazionale. Eppure fatica a tradurre questa consapevolezza in atti concreti perché, nella sua maggioranza, convivono culture politiche ancora ambigue verso Mosca e un racconto pubblico che non ha mai spiegato davvero al paese quale sia la posta in gioco”. Questo produce un “corto circuito evidente”, dice Picierno: “Si rivendica il ruolo dell’Italia, ma siamo ancora in attesa del nuovo decreto armi; si parla di leadership, ma non si è nel gruppo dei paesi che guidano il sostegno militare. La verità è che non si possono servire due padroni: o si difende l’Europa e il diritto internazionale, oppure si strizza l’occhio a Trump che ha messo l’Unione nel suo mirino”. L’arrivo rallentato o in sordina del decreto (ieri non se n’è parlato in Consiglio dei ministri, indizio che, secondo i critici, è già prova di imbarazzo), fa pensare male, per così dire, la deputata dem Lia Quartapelle: “E’ da un po’ che lo diciamo: per fugare ogni dubbio la maggioranza deve venire in Parlamento con il decreto sugli aiuti all’Ucraina. Noi siamo pronti a votarlo come lo abbiamo sempre votato. Vengano con lo stesso decreto che abbiamo approvato negli anni passati. Non ci sono ragioni per cambiare quel testo”. Si attende dunque il 29. “Come Pd non abbiamo cambiato posizione”, dice Quartapelle, “siamo pronti. Decidere di sostenere ‘meno’ l’Ucraina – di sostenerla cioè in forma diversa, più annacquata – sarebbe a mio avviso un pessimo segnale, soprattutto nel momento in cui si sta negoziando. Se uno vuole una pace giusta e sicura, in questo momento deve sostenere Kiev senza remore. Se cambiasse qualcosa nel testo del decreto, sarebbe la prova che il governo, invece della pace, favorisce la resa”. Anche il senatore dem Walter Verini si augura che, in questo snodo importante per l’Ucraina, “il governo faccia la sua parte”, senza tenere il piede “in due staffe, la staffa di Trump e l’altra di un europeismo debolissimo”. 

 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.