Ansa
Tra Ue e Kyiv
Dove va l'Italia in politica estera? Parla Angelo Panebianco
La difficoltà di riorientarsi in un mondo cambiato. L’Europa, Kyiv, la guerra ibrida e il disimpegno di Trump. "Se l’Europa riesce a impedire che l'Ucraina venga sconfitta, si avranno a catena effetti positivi, altrimenti si andrà incontro a indebolimenti e ulteriori divisioni”. Intervista al politologo ed editorialista
L’Ucraina, il rapporto con gli Stati Uniti, il Medio Oriente, l’ondata di antisemitismo, l’Europa che si sente indifesa. A che punto è l’Italia, in questo quadro, e dove va? Chiediamo aiuto al professor Angelo Panebianco, politologo, saggista, editorialista del Corriere della Sera. “Premesso che è difficile isolare un ‘caso Italia’ rispetto, per esempio, a un ‘caso Francia’,” dice Panebianco, “perché i governanti agiscono in una situazione di interdipendenza molto stretta gli uni rispetto agli altri, vediamo delle costanti nella storia italiana: il suo carattere ondivago è sempre stato determinato dalla collocazione geopolitica nel Mediterraneo, ma anche dal legame con l’Europa e soprattutto dal fatto che, anche nelle sue proiezioni internazionali, la storia d’Italia è sempre stata caratterizzata da grandi divisioni: chi guardava all’Europa, chi al Mediterraneo, chi agli Stati Uniti. Secondo una prospettiva storica, quindi, non c’è niente di nuovo: le oscillazioni dipendono dal fatto che il nostro paese difficilmente si coagula intorno a una posizione chiara e netta”. Problema non da poco per chi governa, di volta in volta.
“Bisognerebbe tenerne conto, anche quando, ed è il caso dell’Italia oggi, c’è un governo apparentemente solido, magari più solido di altri. Ma basta che alle prossime elezioni l’attuale maggioranza non conquisti il Senato, per ricadere per esempio nella situazione precedente”. Eppure spesso si teme, a destra o a sinistra, la tenuta del fronte interno. “Le divisioni di questa o quella maggioranza rimandano a divisioni profonde nel paese. I Salvini, come i Conte, esistono perché c’è una parte rilevante del paese che è disposta a seguirli, per esempio sull’atteggiamento ostile a Kyiv. Si guardi al divario tra ciò che dicono i sondaggi sull’atteggiamento degli italiani verso Kyiv e le posizioni nette, espresse dal presidente della Repubblica, non a caso considerato nemico numero uno dal Cremlino”. Dopodiché, dice Panebianco, l’Italia, con le sue oscillazioni, non è un’eccezione in Europa. “Si guardi alla questione degli asset russi. O a quella che ruota attorno all’estensione dell’articolo 5 della Nato all’Ucraina – che poi è una cosa scritta sull’acqua, perché non c’è nessuna vera garanzia per gli ucraini. Lo sanno tutti, e il primo a saperlo è Putin”.
L’Europa (e l’Italia) pare ondivaga anche sul Mercosur. “Bisogna tenere conto del fatto che il libero mercato non è mai stato amato in Italia, quindi quando un gruppo di minoranza fa blocco diventa in qualche modo ‘eroico’ per l’intero paese, e la stessa cosa vale per la Francia”. Altro elemento: il disimpegno di Donald Trump rispetto all’Europa a volte è percepito come scherzo. Quasi non ci si crede. “La questione è invece serissima. Dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, l’Europa ha vissuto grazie alla protezione e alla leadership americana. Dal momento che quella protezione svanisce, si ritrova orfana. E ora, in fretta, bisogna spiegarlo agli europei. I vertici politici lo sanno, non aiutati, però, da un mondo intellettuale o da altri settori della società capacissimi, invece, di cavalcare le paure dei cittadini”. Anche rispetto all’ondata di antisemitismo è come se non ci credesse. “In Italia il tema è scottante più per la sinistra che per la destra, nel senso che è soprattutto la sinistra a doversi rapportare con il mondo pro Pal. Ma il problema dell’antisemitismo ce l’hanno tutti i paesi europei. L’antisemitismo esisteva anche prima degli episodi recenti, ma covava sotto la cenere. Gli atti antisemiti sono in crescita da un decennio, com’è stato documentato da centri che studiano queste realtà in Europa, solo che non si era mai arrivati a far entrare l’antisemitismo nel dibattito pubblico come discorso legittimo. Non era legittimo essere antisemiti. Da un certo momento in poi tutto è cambiato”.
Difficile, per molti, in Italia e non solo, anche credere che l’Occidente sia davvero in pericolo. “Perché la guerra ibrida è subdola. L’opinione pubblica in grande maggioranza non vede gli attacchi, non li percepisce. L’attacco può essere lanciato – caratteristica della cyberwar – negando di averlo fatto, e questo confonde. Siamo entrati in un terreno totalmente nuovo. C’è un gap evidente tra chi sa e denuncia e un’opinione pubblica che ancora non si è ancora resa conto del pericolo e difficilmente se ne renderà conto. La cyber war ha caratteristiche nuove che la differenziano dalle minacce militari di un tempo, quando l’autore era identificabile. In Estonia c’è stato uno sconfinamento militare, ma tutto è percepito come un fatto che riguarda la lontana Estonia. E ci sono attacchi informatici continui, ma sono cosa diversa da un bombardamento. Mettiamo però il caso di un attacco informatico verso l’Inps: sarebbe il caos totale, con l’mpossibilità di pagare le pensioni. Ma on chi se la prenderebbe il pensionato? Con chi ha fatto l’attacco o con il governo? Io penso con il governo”. Quali sono, in crescendo, i problemi che potrebbero presentarsi per il nostro paese e per l’Europa? “Visto che gli Stati Uniti hanno scelto di togliersi di mezzo, la priorità è capire se si riuscirà o meno a impedire che l’Ucraina esca sconfitta dalla guerra con la Russia: quello è l’elemento che cambia totalmente lo scenario. Perché un’Ucraina sconfitta significherebbe sconfitta della Nato e dell’Europa. Putin sa benissimo che non avrebbe mai potuto sconfiggere dal punto di vista militare la Nato, ma sa anche che ha ottime possibilità di sconfiggere la Nato politicamente”. Si spera intanto regga la tregua in Medio Oriente. “C’è la speranza, ma anche troppi fattori in gioco per poter fare previsioni. Ripeto: in questo momento per l’Europa la priorità è Kyiv. Se l’Europa riesce a impedire che Kyiv venga sconfitta, si avranno a catena effetti positivi, altrimenti si andrà incontro a indebolimenti e ulteriori divisioni”.
La posizione pro Kyiv, però, in vari paesi, tra cui l’Italia, non è granitica. “L’Italia, come la Germania, non può davvero rompere con Trump, ma d’altra parte la politica americana, oggi, è una politica di sostanziale abbandono verso l’Europa: nel momento in cui gli europei dicono a Trump che la non-sconfitta dell’Ucraina è un fatto esistenziale e Trump ribatte che non gliene importa nulla perché deve in qualche modo porre fine alla guerra in l’Ucraina anche eventualmente sulla testa degli ucraini, beh, questo, al di là di qualsiasi manifestazione di amicizia sul piano formale, chiarisce le priorità degli Usa”.