La riflessione
Dopo l'ultima Assemblea il Pd smetta di dare lezioni sull'astensionismo
I dirigenti del partito convocano l'assemblea raramente e quando questo avviene, come domenica scorsa, non partecipa neppure la metà dei membri. La democrazia è come una pianta, se non l'annaffi ogni giorno finisce per seccarsi. L'intervento del senatore dem Filippo Sensi
Se una pianta non l’annaffi ogni giorno, finisce per seccarsi. Così la democrazia, la partecipazione civile e politica. Si fa un gran parlare di astensionismo, della disaffezione elettorale degli italiani (basti pensare alle percentuali asfittiche della affluenza alle ultime regionali). Lo stesso, però, vale per la vita dei partiti. Prendi, ad esempio, la recente Assemblea Nazionale del Partito democratico. Dovrebbe riunirsi per statuto ogni sei mesi, ma nel 2025 è successo solo una volta, come nel 2024. I componenti del parlamentino del Pd dovrebbero essere 948, tra eletti, invitati, componenti di diritto. Domenica scorsa, a votare la relazione della segretaria, tra presenti in sala e collegati da remoto eravamo in 261. E i numeri non sono riformisti. Sono numeri.
Si dirà, il Natale, domenica pomeriggio. Epperò era una assemblea caricata di attese, in contemporanea con l’intervento conclusivo di Meloni ad Atreju. Una assemblea in cui pareva si votasse su documenti politici, quindi con febbrili telefonate alla “base” per contarsi. Una assemblea fatta non di passanti, ma di eletti all’ultimo congresso, di classe dirigente diffusa sul territorio. E, invece, nonostante gli annunci dal palco della Presidenza, estote parati, ci siamo presentati in 261. Pochissimi. Penso che questo sia un enorme problema per il partito nel quale orgogliosamente milito. E non mi dite quella ipocrisia dei panni e dell’acqua sporca, perché di troppi silenzi un partito ci muore.
Non possiamo strapparci i capelli quando gli elettori non si presentano alle urne, se non siamo in grado noi per primi di chiamare a partecipare la nostra comunità. Hai voglia a proporre indagini conoscitive in Parlamento, come mi pare abbiano fatto alcuni colleghi del Pd, se non siamo in grado di trovarci insieme nel nostro più importante appuntamento politico dell’anno. Questa mancata partecipazione ci segnala un male oscuro che mina tutti i partiti – e non solo il nostro che mena vanto di essere vero, strutturato, fatto di sezioni, volontariato, volantinaggi, mobilitazione, discussione, iscritti. Non so oggi cosa direbbe Tina Anselmi, che ci guarda dritta dalle nostre tessere. Nel 2025 la Direzione del partito – il luogo del confronto politico – è stata convocata 2 sole volte, una delle quali per l’approvazione delle liste elettorali in vista delle regionali. L’ultima Direzione vera risale allo scorso febbraio, quasi un anno fa. A quando la prossima? È mai possibile che ci sia più gente a Milano o a Montepulciano che non a Roma? Evidentemente non basta dirci che non siamo un partito personale (ci mancherebbe altro). Il punto è che se tu non fai partecipare le persone, se non le coinvolgi, se non le chiami a dire la loro, a discutere nel merito (vedi referendum) e contare, magari anche a scontrarsi, poi la gente si stufa. E sceglie di non esserci. Preferisce lo shopping alla posturale. Per questo resto convinto che moltiplicare le occasioni di confronto nel Pd non sia solo una opportunità, ma un nostro dovere. E lavorare tutti assieme a curare questa comunità, a farla vivere e respirare, sia salutare per la democrazia tutta nel nostro paese.