Ansa

addio caracciolo

Anche Federigo Argentieri lascia Limes: le divergenze sull'Ucraina segnano la fine di un'epoca

Maurizio Stefanini

Dopo anni di collaborazione, il massimo studioso italiano sulla Rivoluzione Ungherese lascia la storica rivista: "Abbiamo fatto bene ad andarcene proprio adesso, la decisione ha avuto un eco che dieci o venti anni fa non avrebbe avuto"

Direttore del Guarini Institute alla John Cabot University di Roma, Federigo Argentieri è considerato il massimo studioso italiano sulla Rivoluzione Ungherese del 1956, e di cose magiare in genere, anche perché ne conosce la complicatissima lingua. Ma è anche un grande esperto di Europa Orientale in genere, e proprio per la sua riconosciuta competenza è stato nel comitato redazionale di “Limes” dalla sua fondazione fino alle sue dimissioni: richieste il mese scorso con un telegramma insieme a Franz Gustincich e Giorgio Arfaras (che faceva parte del consiglio scientifico): ma rimaste inosservate; e poi invece rilanciate col botto in un’intervista ad Adn Kronos, in cui ha motivato la decisione (poi seguita anche dal generale Vincenzo Camporini) con dissensi rispetto a una linea della prestigiosa rivista, da lui considerata ormai troppo squilibrata dalla parte di Putin.

 

 

Ma si aspettava tutto questo rumore? “In parte sì, perché ho cercato di toccare tasti sensibili e ricettivi del dibattito nazionale, incentrati sulla Russia e su coloro che la appoggiano in maniera abbastanza indiscriminata. Invece l'appoggio all'Ucraina non si può dire che sia indiscriminato, ma è un appoggio razionale e molto ben argomentato, che si basa sulla trasparenza e sulla realtà dei fatti. In parte no. Non mi aspettavo che ne fossero così avidamente interessati anche organi di stampa particolari come Dagospia”. E come si spiega? “Probabilmente Limes è stata spesso un po' sussiegosa, e a volte anche un bel po' sussiegosa. Ha dunque suscitato malumori in vari ambiti, e a molti non è parso vero di poterla cogliere in fallo. Poi, magari, chi ci applaude un po’ esagera. Ci dicono che siamo stati coraggiosi, ma non è che ci volesse molto coraggio, a chiedere di non essere più segnalati nel tamburino della rivista. Più che altro, ci è voluta determinazione, a chiudere un rapporto che non aveva più molto senso”. Però la guerra in Ucraina va ormai avanti da almeno quattro anni. L’intervista ad Adn Kronos rivela che il dissenso su certe valutazioni dell’Urss e del mondo post-sovietico era emerso addirittura 21 anni fa. Come ripetono in molti, ma perché vi siete mossi solo ora? “Potrei liquidare la domanda dicendo che ho aspettato altri 21 anni. Perché tanto era durata l'amicizia con Lucio Caracciolo. Un'amicizia talmente stretta che aveva coinvolto anche le famiglie. Dal 2004 sono iniziati altri 21 anni di non più amicizia, per cui abbiamo pareggiato i conti”.

 

Ovviamente, è una battuta. “Ovviamente. La realtà è che l’appartenenza agli organi redazionali e di consulenza di Limes non comportava nessun vincolo, né in senso positivo né in senso negativo. Se tu appartenevi al Consiglio Scientifico o al Consiglio di redazione non eri tenuto né a fare proposte, né ti si chiedeva un parere sugli articoli. Per i primissimi numeri ci furono delle riunioni, ma poi il tutto è stato preso in mano da un gruppo di una decina di persone. I due comitati stavano e stanno lì per bellezza, anche perché l’età media è aumentata enormemente rispetto agli anni ’90, che furono l’epoca d’oro di Limes. Allora effettivamente i componenti erano la crema degli studi in Italia: un po’ di Iai, un po’ di Cespi, un po’ di Ispi, militari, diplomatici e universitari di un certo rilievo. Era un’élite, adesso siamo/sono un museo. Me compreso. La regola era diventata quella di starci per starci, anche per pigrizia. Di nuovo, me compreso. Peraltro, alcuni che sono morti non sono stati neanche rimossi. Effettivamente, constatata una crescente distanza sulla valutazione della questione ucraina, il nostro contributo effettivo alla rivista è diventato sempre più nullo. Ma nel frattempo l'Ucraina è diventata una questione centrale che riguarda tutta l'Europa e tutto il mondo. 21 anni fa non c’era tutto questo interesse. Nessuno, in effetti, ci ha detto: smetti di occuparti di Ucraina o sarai cacciato. Ma dico che abbiamo fatto bene ad andarcene proprio adesso, perché così la decisione ha avuto una eco che dieci o venti anni fa non avrebbe avuto”.

Di più su questi argomenti: