Il racconto
Meloni di Kyiv: sugli asset russi si rimette alla decisione fra leader Ue, Salvini (assolto) è il rifugio di Schlein
Parla alla Camera e fa un discorso europeista, sugli asset russi e Mercosur indica le criticità giuridiche ma non chiude. Il bersaglio è Conte, Schlein attacca Salvini (assolto) che assalta la manovra sulle pensioni
Che vi dobbiamo dire? Il peggio che si può rimproverare a Meloni è che è alleata di Salvini. Si parte con la parola “declino” e si finisce nel “whisky”. Giuseppe Conte si rivolge a Fratelli d’Italia, con “ah ipogridi!”. Elly Schlein, che per darsi lo stesso tono dovrebbe rilanciare almeno con un “ah infami”, si limita a “presidente lei fa cabaret”. Galeazzo Bignami, capogruppo di FdI, ricorda a Conte, al Don Juan delle Puglie, la notte in cui ha cercato di “sedurre” Angela Merkel, al bancone, con “whisky e margarita”. Meloni informa sul prossimo Consiglio europeo, promette “niente militari in Ucraina”, parla degli asset russi congelati, della decisione difficile (“scelte che chiedono visione e responsabilità”). E’ Salvini, assolto, il salario minimo dell’opposizione.
Come si può dare torto a Meloni quando, in Aula, alla Camera, dichiara: “Noi ci presentiamo con una sola risoluzione, una a fronte di quattro partiti, mentre l’opposizione ne presenta cinque per cinque partiti”? Finisce di pronunciare queste parole e il ministro Tommaso Foti chiede di mettere al voto i testi. Si accorge che le risoluzioni dell’opposizione sono lievitate a sei, al punto che Foti scherza: “Finora le schedine prevedono l’uno, la x, e il due. A sei neppure il Totocalcio era mai arrivato”. Accanto a Meloni c’è Salvini che mastica e scrive.
E’ vero che Meloni si trascina Salvini ma Meloni sa quando cantare la nenia Europa: dormi Salvini e fai la nanna. Quale altro premier, con Salvini accanto, può garantire che “non intendiamo abbandonare l’Ucraina nella fase più delicata degli ultimi anni”, che la Russia “è impantanata e che bisogna mantenere pressione sulla Russia”? Stefano Candiani, il leghista, la ascolta, sorride e risponde: “Meloni non è stata europeista ma molto, molto di più”. Ovviamente voterà anche Candiani la risoluzione di governo. Sui divanetti, l’ex ministro Giulio Tremonti che riesce a conversare amabilmente con Enzo Amendola, pensa che “Meloni ha tifato Europa” e che “la Russia ha paura della Cina perché il futuro della Russia è diventare la Bielorussia della Cina”. Insieme ad Amendola (che dice di Meloni “è la premier io speriamo che me la cavo”) Tremonti parla dell’Artico, dei progetti di Trump di prendersi la Groenlandia, far circolare le merci attraverso nuove rotte e “aggirare dunque il Mediterraneo”. Passa Peppe Provenzano e anticipa il suo intervento: “Me lo ha scritto Guerini. Meloni scelga o patriota o vassalla”. Guerini, il protagonista della giornata, che si è appena operato, e che indossa un collare (lo inseguono più di Meloni), lui che sogna un libro dal titolo “Omissis”, consiglia a Piero De Luca e Provenzano di puntare su Salvini, il cocco della Zacharova.
Si scopre che il M5s nella sua risoluzione è contro l’uso degli asset russi per l’Ucraina al contrario del Pd che è a favore. Meloni affonda come il coltello nel burro: “Chiedete a me con chi sta Meloni e io per i prossimi mille anni vi do la stessa risposta: con l’Italia”. Il Pd dovrebbe interrogarsi su chi prepara i discorsi a Meloni (Paolo Quadrozzi, il suo bibliofilo) e prepararne un altro come questo di Meloni: “Il declino non è un destino. Invertire quel declino è una scelta, ed è la nostra. Reagire, decidere, scegliere. Perché l’Europa che amiamo è certo un continente, ma è soprattutto un contenuto”. Che ci vuole a scrivere uno altrettanto chiaro? Foti il filosofo della “muldimensionalità”, la parola che ha messo nel sacco Salvini, spiega che sugli asset è complicato per l’Italia accettare ma è vero anche che, come dice Meloni, “si decide in sede dei leader”.
Sono due possibili mezzi “no”, sul Mercosur e asset, ma possono essere anche due possibili mezzi “sì”, annuncia Meloni, “se sugli asset la base giuridica sarà solida. Se non lo fosse regaleremo la prima vittoria vera alla Russia”. Solo Schlein non si accorge che Meloni sta portando via al Pd il “ma anche” di Veltroni, che è la pianura della (non) decisione. Solo Schlein non si accorge che il rivale del mese, per Meloni, è il Conte delle “mascherine” e che i bersagli sono al momento gli ex sottosegretari del M5s, passati a fare i lobbisti di armi. Conte, che deve rispondere, attacca Crosetto, signor Europa, il nostro Churchill, perché, dice Conte, “a noi ci preoccupano i lobbisti che passano alla politica”. Parla Schlein e parla di sanità ma anche lei non può che rifugiarsi su Salvini, solo che lo fa nel giorno sbagliato. La Cassazione lo assolve definitivamente e la Lega può tornare a chiedere il Viminale (lo fa per primo Toccalini), tornare a fare la Lega sulle pensioni, sul riscatto della laurea. Meloni, al Senato, assicura che le norme sulle pensioni saranno corrette. L’unico che riesce a farla infuriare è ancora Renzi ma questa frase, di Meloni, “meglio una costosa libertà che una comoda sudditanza” l’avrebbe potuta pronunciare il primo Renzi. Sei mozioni dell’opposizione contro una di governo. La più grande colpa della sinistra non è tanto non essere l’alternativa, come pensano Gentiloni e Prodi. La più grande colpa è lasciare crescere la maggioranza silenziosa che comincia a dire: “Meglio avere torto con Meloni che ragione con Conte”.