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C'è un'alternativa al landinismo. Intervista a Daniela Fumarola
No all’antagonismo ideologico e al populismo, sì alla responsabilità e al metodo del confronto. E poi la manovra, l’ex Ilva, la giustizia e le riforme che servono al paese. Parla la segretaria della Cisl
Essere alternativi alla rivolta sociale e agli slogan novecenteschi, costruendo un sindacato moderno e antipopulista. La segretaria generale della Cisl Daniela Fumarola le differenze dalla Cgil di Maurizio Landini le rende evidenti in più passaggi di questa lunga intervista col Foglio. “La nostra cifra è la responsabilità e il metodo del confronto. Una impostazione che respinge ogni antagonismo ideologico e rifiuta ogni populismo sindacale, e che invece vuole rafforzare il ruolo riformista della rappresentanza sociale nel governo di una società complessa come quella italiana”, dice in seguito alla manifestazione di sabato sul “Patto della responsabilità” con il paese. Mentre la Cisl era alle prese con gli ultimi preparativi della manifestazione, la Cgil, venerdì, organizzava l’ennesimo sciopero generale contro il governo, peraltro con adesioni molto basse soprattutto nel pubblico e nella scuola (attorno al 4 per cento). Proprio sul distanziamento tra le sigle della Triplice, Fumarola riconosce come sia “inutile negare che esistono strategie e posizioni differenti. Noi crediamo che il sindacato debba rappresentare lavoratori e pensionati contrattando avanzamenti anche attraverso il conflitto, ma senza cedere mai alle sirene di un movimentismo che rende il sindacato molto simile a un partito politico”.
Con Fumarola è l’occasione per trattare anche altri temi, da quello che manca nella manovra al giudizio più complessivo sulle politiche industriali (compresa la situazione dell’ex Ilva, che Fumarola definisce “un quadro desolante”). Ma anche il sostegno all’Ucraina, per cui “come ha detto il presidente Mattarella ci vuole una pace vera, giusta e duratura, che non può in alcun modo coincidere con l’umiliazione di un popolo resistente”. E poi ancora il referendum sulla giustizia: “La Cisl non dà indicazioni di voto ma chiama a un confronto più mite, costruttivo, informato. Non esiste alcun un attacco alla democrazia”.
Ma partiamo proprio dalla manifestazione di sabato: a Roma avete parlato di “Patto di responsabilità” per il paese, portando in piazza le vostre proposte per migliorare la legge di Bilancio. Qual è il messaggio e quali sono le proposte lanciate da lì? “La nostra piazza è stata l’espressione concreta di un progetto: chiediamo al governo e alle altre parti sociali una grande alleanza sulle scelte e sulle riforme di cui ha bisogno il paese per crescere di più ma in maniera equa, per aumentare i salari reali e la produttività, per investire sui fattori veri di sviluppo, anche in vista della fine degli effetti positivi del Pnrr nel 2026”, dice la segretaria Fumarola. “Abbiamo ribadito ciò che va cambiato nella legge di Bilancio, che per noi deve rappresentare il primo tassello di un accordo tra governo e parti sociali su lavoro, welfare, crescita, coesione, partecipazione. Questa è la sfida che abbiamo lanciato a tutti i nostri interlocutori politici e sociali”. E’ un modello di sindacalismo senza demagogia che si occupa di lavoro in maniera diversa rispetto a chi, il giorno prima, venerdì, come la Cgil di Maurizio Landini, è sceso ancora in piazza organizzando l’ennesimo sciopero generale contro la manovra (peraltro con adesioni bassissime in alcuni comparti come il pubblico)? “La nostra cifra è la responsabilità e il metodo del confronto. Una impostazione che respinge ogni antagonismo ideologico e rifiuta ogni populismo sindacale, e che invece vuole rafforzare il ruolo riformista della rappresentanza sociale nel governo di una società complessa come quella italiana”, risponde Fumarola, che da quando è segretaria non ha mai rinunciato a marcare le differenze della sua organizzazione con quella di Landini. “Non si tratta di rinunciare al conflitto, che rimane il sale della democrazia, ma di privilegiare strumenti che costruiscano soluzioni concrete. La Cisl vuole parlare a tutti con proposte verificabili, non con vecchi e irrealistici slogan. E’ la scelta di voler cambiare le condizioni del paese in un clima di corresponsabilità, non accontentandosi di soffiare sul fuoco del malcontento”, aggiunge Fumarola.
La Cgil è scesa in piazza ancora una volta contro la legge di Bilancio. Il vostro giudizio sulla manovra resta positivo? Il governo ha mostrato disponibilità di ascolto rispetto alle vostre proposte? “Abbiamo riconosciuto alcuni elementi positivi nella manovra, frutto per gran parte del nostro pressing in questi mesi. Primo fra tutti il sostegno fiscale al ceto medio”, dice Fumarola. “Riteniamo però che si debbano ancora dare risposte per aumentare gli investimenti su presidi fondamentali come scuola, università, ricerca, sostenere i redditi dei pensionati. Non finanziare la legge sulla partecipazione (nata su iniziativa della Cisl) sarebbe un errore storico e anche un venir meno agli impegni in sede di approvazione della stessa norma. Inoltre va chiarito che la defiscalizzazione degli adeguamenti salariali per i contratti nazionali si applica ai ccnl siglati dalle organizzazioni realmente rappresentative, in modo da non premiare gli accordi pirata e in dumping. Occorre inoltre ripristinare maglie più larghe per accedere a Opzione Donna e aprire un confronto per una riforma strutturale della previdenza, con maggiore equità e flessibilità anche per i giovani. Sul fronte del confronto, la disponibilità a discutere c’è stata con quasi tutte le forze parlamentari. Abbiamo sentito parole confortanti. La manifestazione di sabato è servita a ricordare a tutti che le parole non bastano”.
C’è abbastanza spazio, nell’operato di questa maggioranza, verso temi su cui la Cisl si è sempre orientata come la produttività, gli investimenti per la crescita economica, la sburocratizzazione? Bisogna fare di più? “Ci sono dei segnali di apertura e una disponibilità importante a una costruzione comune, come ha dimostrato l’intervento della premier Meloni al nostro Congresso. Ora però è tempo di passare dalle promesse agli atti, lavorando per disegnare una comune visione, un’idea condivisa di futuro, non limitarsi all’oggi, al contingente”, rivendica Fumarola. “E’ in questa chiave che indichiamo la via di un Patto partendo dal lavoro, dalla sua sicurezza, qualità e stabilità. Dobbiamo far tesoro degli anni della migliore concertazione, quando il tema era salvare i conti pubblici e sconfiggere l’inflazione spezzando la spirale perversa prezzi-salari. Oggi le emergenze da affrontare sono altre: si chiamano bassi salari, lavoro povero ed instabile, sanità pubblica da rivitalizzare, emergenza abitativa, denatalità, spopolamento delle aree interne, fuga dei giovani dal nostro paese, pari opportunità per le donne. Il metodo però resta quello. Bisogna che ciascuno si assuma la propria parte di responsabilità, senza cercare scorciatoie, senza rifugiarsi nello scontro rituale o tornare ad ideologie che non parlano più alla vita reale delle persone. Servono scelte più ambiziose e strutturali: estensione della contrattazione aziendale e territoriale, politiche industriali coraggiose, strumenti fiscali e normativi che incentivino investimenti duraturi, semplificazione reale per le imprese, investimenti nella formazione e nuove competenze per accrescere la produttività e redistribuirla sui salari, riduzione dell’orario di lavoro. Ecco perché chiediamo al governo di aprire una fase di confronto serrato con il fronte sociale riformatore per individuare insieme obiettivi, strumenti, affidamenti reciproci”.
Qual è il giudizio sul rifinanziamento di misure come Transizione 4-0 e 5.0, esaurite in brevissimo tempo. Troppo poco? “I dati e l’esperienza ci dicono che è necessario dare continuità a queste misure, anche se andrebbero rese più efficaci, superando l’approccio secondo il quale basti immettere in produzione una nuova tecnologia per accrescere la produttività aziendale e del sistema. Negli ultimi anni la penetrazione dell’IA nelle imprese e nella Pubblica amministrazione è cresciuta, ma resta inferiore alla media Ue e molto polarizzata: le Pmi e le filiere, la colonna vertebrale dell’industria nazionale, arrancano”, è il giudizio della segretaria Cisl. “E’ necessaria una nuova misura che condizioni gli incentivi all’investimento congiunto e integrato nella digitalizzazione e nel capitale umano. Senza adeguate competenze, l’immissione di questi strumenti non avrà l’impatto sperato sul nostro sistema produttivo, con il rischio di ampliare il nostro ritardo nei confronti degli altri paesi dell’Ue. I processi di innovazione andrebbero, inoltre, governati con la partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, come prevede la legge 76, affinché divengano un percorso comune e siano gestite secondo un approccio umanocentrico”.
La riporto sul tema scioperi: qualche mese fa FdI ha presentato alla legge di Bilancio un emendamento per rendere obbligatoria la comunicazione dell’adesione allo sciopero nel settore dei servizi, con un preavviso di una settimana. L’emendamento è stato ritirato ma nel centrodestra si è già detto che la materia sarà oggetto di un intervento di legge più ampio. L’ex segretario Cisl e ora sottosegretario al sud Sbarra ha detto al Foglio di essere d’accordo. Lei come la vede? Lo sciopero ha bisogno di recuperare la sua funzione di extrema ratio? “La normativa sugli scioperi non ha bisogno di modifiche, perché già contempera il diritto costituzionale con la garanzia dei servizi pubblici essenziali. Il problema è prevenire i conflitti, rispettare gli accordi con il sindacato, rinnovare i contratti nei tempi giusti e non dopo dieci anni come accade in alcuni settori”.
“Bisogna far comprendere poi – aggiunge Fumarola - che lo sciopero non è l’unica forma di lotta sindacale. E’ la più radicale. E proprio per tale motivo, se non si vuole indebolire lo strumento insieme alla rappresentanza sindacale, va usata non in modo compulsivo, quando non c’è davvero altra via. E’ un nostro interesse, ed è una battaglia culturale tutta interna alla dimensione sociale. La legge non deve intervenire, permettendo la massima libertà nei limiti delle ottime norme già esistenti”.
Proprio sugli scioperi, non solo sulla manovra ma anche, per esempio, sulla situazione a Gaza, è sembrata esserci una distanza sempre più marcata della Cgil con le altre sigle tra cui la Uil che si è distanziata dalle posizioni di Landini. Il segno che quelle posizioni oltranziste hanno isolato la Cgil? La richiesta di “rivolta sociale” ha inquinato le acque del dibattito sindacale italiano? “Inutile negare che esistono strategie e posizioni differenti. Noi crediamo che il sindacato debba rappresentare lavoratori e pensionati contrattando avanzamenti anche attraverso il conflitto, ma senza cedere mai alle sirene di un movimentismo che rende il sindacato molto simile a un partito politico”, sottolinea la segretaria Cisl. “Lo dico senza polemiche: non si deve confondere il sindacalismo confederale, e quindi la giusta ambizione a perseguire in modo ‘olistico’ il bene comune, con un antagonismo e un radicalismo che tendono per loro stessa natura ad alzare sempre più il tono dello scontro, snaturando il ruolo della rappresentanza sindacale, allontanando il consenso e riducendo l’efficacia delle rivendicazioni. Questo vale anche sul tema della pace dove noi abbiamo scelto convintamente la forma del cammino partecipato, costruttivo, piuttosto che forme di protesta legate a una singola giornata e dal portato politico molto forte. Abbiamo voluto attivare una mobilitazione diffusa, per trasmettere il messaggio che ognuno di noi ha un grado di responsabilità verso il traguardo da costruire e da difendere affondando e sporcandosi mani e gomiti nella creta della realtà. La pace non è solo assenza di conflitto, ma perseguimento di giustizia sociale, parità di diritti, lotta alle discriminazioni, consolidamento della partecipazione, della libertà e della democrazia”.
Voi avete organizzato manifestazioni, maratone per la pace a sostegno dell’Ucraina, ora che quel conflitto è entrato nel pieno di trattative che sembrano voler imporre concessioni territoriali importanti a Kyiv che idea si è fatta? L’Ucraina rischia di essere abbandonata pur di restare “amici di Trump”? “La situazione resta complessa e la direzione non appare chiara. L’Ucraina, dopo quasi quattro anni di aggressione imperialista della Russia di Putin, non può essere spinta ad accettare soluzioni che ne mortificherebbero la sovranità. Parliamo di un popolo che ha difeso, spesso in solitudine, l’idea stessa di Europa come comunità democratica fondata sul diritto internazionale, sui nostri valori comuni di libertà e democrazia. Occorrono garanzie di sicurezza credibili, un piano di ricostruzione equo che coinvolga anche gli asset russi congelati e un ritorno della Russia entro il perimetro delle regole internazionali. Il punto è che non si costruisce stabilità costringendo la parte aggredita a rinunciare all’autodeterminazione, all’integrità territoriale o alla libertà di alleanze. La storia ci ha già mostrato dove portano pacificazioni costruite sacrificando i diritti della vittima. Le scelte che umiliano un popolo, prima o poi, presentano il conto. Per questo la Cisl continuerà a sostenere un percorso che metta al centro non la convenienza dei più forti, ma i diritti della comunità internazionale e del popolo ucraino. Come ha detto il presidente Mattarella ci vuole una pace vera, giusta e duratura, che non può in alcun modo coincidere con l’umiliazione di un popolo resistente”.
Ne approfittiamo per spostarci su un altro tema di dibattito, il referendum sulla giustizia che si terrà in primavera: alcuni sindacati, come la Cgil, hanno già annunciato un’azione diretta a favore del No. La Cisl come si pone nel merito? Condivide la necessità di approvare la riforma? “Qui bisogna assolutamente disinnescare le parole. La Cisl invita tutti a un voto consapevole. Si tratta come noto di un referendum confermativo, senza quorum, quindi chi non vota fa decidere gli altri, e questo è l’opposto della partecipazione che serve al paese. Nel merito, la Cisl non dà indicazioni di voto ma chiama a un confronto più mite, costruttivo, informato. Non esiste alcun un attacco alla democrazia”, dice con nettezza Fumarola. “Sono tanti ed eccellenti i costituzionalisti che si sono espressi per il Sì. A meno che non si voglia considerare Cassese come un eversivo. Altrettanti sono sul versante opposto. Non si può polarizzare, strumentalizzare e politicizzare ogni scelta”.
Altro tema caldissimo è il futuro dell’ex Ilva di Taranto. Lei è proprio di Taranto, conosce il dossier da anni, è preoccupata dagli sviluppi incerti per il futuro di quello stabilimento? “Non è un quadro edificante. Abbiamo chiesto e continueremo a chiedere che si possa ragionare su un piano industriale definitivo e solido, che tenga insieme le ragioni del lavoro, dell’impresa e dell’ambiente. Noi ad oggi non intravediamo una soluzione che possa andare in questa direzione. Non accetteremo che il gruppo venga smembrato, pensiamo invece che, specialmente in questi tempi in cui le catene di fornitura si regionalizzano, sia fondamentale valorizzare la produzione dell’acciaio. Lo stato può e deve farsene carico accompagnando gli investimenti necessari. Bisogna sedersi intorno a un tavolo con elementi di chiarezza e con una prospettiva certa, sicura e di lungo respiro”.
In generale, qual è il giudizio sulle politiche industriali di questo governo? “Ci sono tanti dossier industriali aperti a partire dall’Ilva e il pil manifatturiero si è ridotto significativamente nell’ultimo quinquennio. L’Italia rimane, comunque, il secondo paese industriale in Europa e tra i primi dieci al mondo. Da tempo sosteniamo che per rilanciare l’industria nazionale serva un Patto che coinvolga istituzioni, parti sociali e imprese in una strategia condivisa che trasformi la possibile ripresa in una crescita strutturale, attraverso investimenti mirati in ricerca applicata, digitalizzazione e transizione verde, affronti il gap competitivo rispetto alla media europea negli investimenti industriali, valorizzi il potenziale del Mezzogiorno come risorsa strategica nazionale, accompagnando le transizioni senza sacrificare l’occupazione, investendo massicciamente in formazione e riqualificazione professionale. Per competere globalmente serve una politica industriale che guardi oltre le emergenze, costruendo le basi per una crescita sostenibile e inclusiva, giusta ed equa”.
In definitiva, segretaria Fumarola, quali dovrebbero essere le direttrici per un sindacato moderno, che parla a tutti e che si confronta con pragmatismo con un mercato del lavoro come quello che vediamo sotto i nostri occhi? Basta arroccarsi sugli slogan del passato? “Le nostre parole d’ordine restano contrattazione, concertazione, partecipazione, autonomia. Un sindacato moderno deve saper guidare e non subire i cambiamenti, elaborare proposte attuabili, essere strumento di coesione sociale, di unità, di garanzia per i più deboli, propulsore di crescita. Un sindacato che dialoga, si confronta senza paura né tare ideologiche, non rinuncia al conflitto, che è parte integrate anche nella partecipazione, ma la governa, responsabilizzando i lavoratori e puntando su obiettivi sostenibili, chiari e misurabili”. Eccolo, allora, il modello di un sindacato alternativo al landinismo.