L'intervista
Andrea Orlando: "Elkann offende l'Italia. Ma la vendita di Repubblica è solo l'ultimo atto"
L'ex ministro dem: "Elkann disse che Stellantis e i suoi antecedenti avevano dato all’Italia più di quanto l’Italia avesse dato loro. Fu un vero e proprio sputo in un occhio”.
Roma. “Non sono incline al romanticismo. A dire il vero, neppure ho mai subito il fascino del nonno”. Gianni Agnelli: un altro pianeta. “Tutt’altro stile, certo, questo lo riconosco. Ma il punto è che Agnelli aveva più bisogno dell’Italia di quanto non abbia bisogno John Elkann”. L’ex ministro della Giustizia e del Lavoro Andrea Orlando, oggi consigliere regionale del Pd in Liguria nonché responsabile delle politiche industriali del partito, fu tra i primi – e in tempi non sospetti – a prevedere la traiettoria di John. Vendita di Repubblica inclusa.
“Quando ci fu il prestito ponte – ricorda – io dissi che Fca doveva portare la sede legale in Italia, dissi che doveva garantire livelli occupazionali, dissi poi che si sarebbe servita degli organi di informazione per giocare un ruolo politico nelle scelte che si stavano determinando. All’epoca c’era il governo Conte, l’esecutivo amico…”. E? “E fui attaccato e snobbato dalla destra e dal mio stesso governo”. Cosa le dissero? “Che ero un nostalgico dell’Unione sovietica. Oggi mi pare di essere stato più attento alla trasparenza del mercato di quanto non lo siano stati i liberali”. Lei dice che Elkann non ha bisogno dell’Italia. Carlo De Benedetti, nell’intervista rilasciata ieri a questo giornale, ha detto che la vendita di Repubblica prelude a un trasferimento transoceanico: il suo nido è New York.
“La massima offesa al paese, però, fu nel corso dell’audizione a commissione congiunte”. Pochi mesi fa. “Elkann ebbe a dire che Stellantis e i suoi antecedenti avevano dato all’Italia più di quanto l’Italia avesse dato loro. Fu un vero e proprio sputo in un occhio. E in pochi hano reagito”. Orlando è furioso. “Il punto è che, al di là dei problemi giudiziari che ricorda De Benedetti e dei droni che possono averlo infastidito, tra il capitalismo nazionale e la cupola mondiale del capitalismo, formata sopra Trump, Elkann ha scelto l’oligopolio mondiale”. Lei parla di Stellantis. A tal proposito, le domandiamo se la vendita di Repubblica all’editore greco non sia solo il dito che punta la luna. “E’ così. I giornalisti sono solo le ultime vittime. E a maggior ragione stupisce che ci sia voluta la cessione di Repubblica per accorgersi di un processo cominciato molto prima con la vendita di Comai, Magneti Marelli, Iveco. Tutte vendute con la complicità del governo che ha fatto sponda nel processo di disertificazione industriale”.
Cosa racconta la vicenda del sistema paese? “Direi che dà la misura dei suoi anticorpi. Il governo, in questo senso, ha favorito e accelerato la vendita agli indiani di Iveco, con garanzie occupazionali per due anni, accollandosi la divisione militare, passaggio senza il quale sarebbe stata obbligata al golden power”. Iveco è stata venduta a Tata Motors. “Ecco, voglio dire: è un’operazione sistemica. Supportata dall’esecutivo in un clima dove la denuncia di tali passaggi è relegata a singoli. E in parte al sindacato”. Il senatore del Pd Francesco Boccia auspica il golden power: “utilizzato dal governo per molto meno”. Lei cosa ne pensa? “Penso che sia un buon auspicio destinato a rimanere tale. Un buon auspicio perché la dimensione di un organo di informazione è sempre strategica. Eppure irrealizzabile. Per ovvi motivi”. Quali? “Perché il governo non ha interesse a impedire che un amico di Trump diventi l’azionista di riferimento. Se poi il golden power non è stato applicato per Magneti Marelli, Iveco, Comau…”. Asset assai più rilevanti. “Asset proprietari di brevetti, fondamentali, che sono finiti nelle mani di fondi speculativi o di case produttrici straniere. Oggi la deindustrializzazione va avanti a gonfie vele, a favore del reshoring, verso gli Stati Uniti”. Come lo stesso Elkann: a gonfie vele gli Usa. “Oggi assistiamo a una recita nel corso della quale Trump finge di competere con la Cina, avendo invece come scopo immediato quello di incamerarsi parte della produzione industriale europea. La reazione del paese e dell’Unione? Bandiera bianca”. La vendita di Repubblica all’editore Theodore Kyriakou è un danno per la cultura di sinistra, a giudicare dai contraccolpi. Un danno con annessa beffa dei piccoli Berlusconi che si dispiacciono. “E’ uno smacco al mondo progressista, di impostazione democratica, ed è un sintomo del nazionalismo italiano, che vale solo per bloccare le frontiere. E non vale niente nella difesa del patrimonio produttivo”.