L'intervista
Leonardo Caffo: "Più libri più liberi? Polemica idiota. L'appello? Più fascista dei fascisti"
Il filosofo al centro della polemica l'anno scorso: "La sinistra si suicida censurando le idee. Innalza vitelli d'oro che poi abbatte: lo fa ora con Valerio, e lo farà in politica con Francesca Albanese"
Roma. “Ormai osservo la polemica di ‘Più libri più liberi’ e sorrido”. Leonardo Caffo, perché sorride? “Sorrido, anzi rido, perché la cultura, a sinistra, si è istupidita in modo così radicale che non c’è più nulla da fare”. Ride. Eppure anche lei, l’anno scorso, attraversò la tempesta. “Sì. E sono la prova di come costoro intendano la Costituzione a proprio uso e consumo”. Si spieghi. “Quest’anno pretendono la censura dell’editore ‘Passaggio al bosco’ perché lo ritengono apologetico di idee incostituzionali. L’anno scorso pretendevano che io non andassi a parlare di filosofia in spregio a un mio diritto previsto dalla Costituzione”.
Lei fu coinvolto in un processo per maltrattamento e lesioni nei confronti della sua fidanzata. E’ stato poi condannato in primo grado. E’ innocente fino al terzo grado di giudizio. “Peccato che per queste persone distinguere l’eventuale colpa dall’opera sia impossibile. Se avessero davanti Caravaggio, non gli farebbero cancellare neanche il gesso dalla lavagna. Però leggono la Costituzione”. Primo cortocircuito. Il secondo, invece, riguarda la sua storia personale. Lei, Caffo, è un uomo e un filosofo di sinistra. E’ stato caro amico di Michela Murgia. Vicino a Chiara Valerio. A un certo punto, però, l’idillio si è rotto. “E’ successo che sono rimasto orfano”. Cioè? “Sono stato cercato dalla sinistra, ho lavorato tanto con Michela quand’era in vita, ma poi sono stato ostracizzato dopo la sua morte. Nulla di diverso da quanto accade ora a Chiara Valerio”.
Un automatismo che forse non riguarda il solo sottobosco culturale. Passando al bosco della politica, l’andazzo è lo stesso ? “Altroché! Penso solo a Soumahoro, in qualche modo a Schlein, e poi adesso a Francesca Albanese. Innalzano vitelli d’oro, poi li distruggono”.
A firmare l’appello, comunque, c’erano piccoli e grandi editori, femministi da bazar, scrittori più o meno illustri. E poi i politici. Da Alessandro Barbero a Zerocalcare sino a Miguel Gotor. “Ecco, se uno poteva avere il dubbio l’anno scorso che il problema fossi io, quest’anno sappiamo che il problema sono loro”. Hanno firmato una delazione o una dimissione dall’intelletto? “L’appello sconcerta per volgarità. Ma già l’anno scorso Zerocalcare disse: Aho, e chi è ‘sto Caffo? Legittimo. Peccato scrivessimo sullo stesso giornale. Sono l’invidia e l’odio a dominare questi mondi”. Sì, ma non disperi per l’odio di Zerocalcare. L’amore vince sempre sull’odio, si sa. “Non dispero perché non mi interessano più. Anche se antropologicamente quel che andrebbe studiato è altro. E cioè il fatto che dall’anno scorso io ho smesso di essere contattato dai giornali vicini alla sinistra. Di contro il telefono è esploso di chiamate per collaborare coi giornali di destra”. E’ passato dannunzianamente alla vita? “No. Ho rifiutato tutto. Ora osservo, con divertito disinteresse”.
E’ rimasto orfano. Ma fedele alla linea? “Sì, ma vede, nel momento in cui l’unica forza politica attenta alle contraddizioni è la destra, nel momento in cui solo la destra è in grado di convivere col paradosso, o di sfruttarlo in modo persino balordo, la sinistra è distrutta nell’esistenza. E in molti lo pensano. A cominciare da Cacciari”. Che dalla lettura di Jünger ha tratto finezza adelphiana. “Qui di fine non c’è niente. C’è solo la volontà di far fuori una donna del mestiere come Valerio. Pur sapendo che ogni editore è libero di pagarsi lo stand, e che l’Aie fa le sue scelte. Ecco, qui c’è un appello che è soltanto un suicidio in massa. Basta saperlo”.