Foto ANSA

L'intervento

Mastella a Fico: "Escludere gli eletti dalla giunta è ingiusto. Il primo passo in Campania del campo largo è un passo falso"

Clemente Mastella

Quella del neo governatore è "un'ingiustizia politica e una bizzaria istituzionale. Rispetti i partiti che lo hanno fatto vincere. Così si intacca l'equilibrio della coalizione”. Ci scrive il sindaco di Benevento

Lo stop di Roberto Fico, per la giunta regionale, a consiglieri eletti e candidati è non solo politicamente sgrammaticato, ma alquanto ingiusto sotto il profilo etico e morale. È una forma distorta di darwinismo. La selezione naturale, in questo caso degli assessori, punisce chi ha il consenso: un assurdo. Un editto punitivo per chi si è gettato nella mischia di una massacrante campagna elettorale, mettendoci la faccia e raccogliendo i consensi: messa così è davvero un'ingiustizia politica. 

La mia lealtà verso il presidente Fico resta intatta per ora e per dopo, ma questa deriva, che ha un carattere bonapartista, mi vede in profondo e radicale disaccordo. Così non va, e il primo passo in Campania del campo largo è un passo falso. Pensavamo fosse archiviata definitivamente la logica tolemaica per cui si decide, sulla testa di tutti, con la propria testa. La linea dello stop ai consiglieri viola il principio della rappresentanza, offende gli elettori e nega principi democratici universali: in Francia, patria di Montesquieu e culla della divisione dei poteri, deputato e ministro non possono coincidere, è vero. Ma gli eletti all'Assemblée nationale e al Senato possono andare al governo perché è stato ideato, con lungimiranza politica, l'istituto della supplenza. È una forma di rispetto necessaria per la sovranità popolare che – come noto – Oltralpe ha una forma di sacralità che a volte qui da noi sminuiamo e dequalifichiamo, aprendo varchi alle peggiori e più deteriori forme di populismo e di delegittimazione macchiettistica della politica e dei suoi rappresentanti. Ma questo non è possibile. Peraltro senza attraversare il confine di Ventimiglia, a Fico sarebbe sufficiente prendere esempio dalla confinante Puglia: lì addirittura lo statuto regionale impone che 8 dei 10 assessori siano scelti tra i consiglieri eletti. Potrei comprendere Fico, poi, se questo anatema per gli eletti fosse nel dna del grillismo: ma non è neanche così. 

I governi di Giuseppe Conte erano infarciti di parlamentari. Allora non ci fu nessuna preclusione, eppure era il tempo del grillismo in purezza. Si tira fuori questa forzatura oggi che i Cinque Stelle hanno compiuto un percorso di realismo e mitezza, nelle scelte e nello stile, che io per primo ho riconosciuto quando già dalla scorsa primavera ho sponsorizzato fortemente e sostenuto l'opportunità della candidatura di Roberto Fico, anche a dispetto e contro qualcuno che arricciava il naso.  Ma oggi la formula che ha in mente Fico è una bizzaria istituzionale, peraltro escogitata ex post: le regole vanno stabilite prima del fischio d'inizio della partita, non dopo. Tanto più che la vittoria in Campania è stato uno splendido esempio di successo di squadra e ora mi sembra un controsenso penalizzare a priori proprio i calciatori che hanno fatto gol, anche affrontando rudezze di una campagna elettorale non facile. E comunque se le porte in giunta sono aperte, come sembra, ai segretari nazionali e agli ex ministri, provocatoriamente ho detto che il capo di "Noi di Centro” sono io, dunque metto sul tavolo anche il mio nome e la mia storia.

Il mito dei tecnici e dei prof che dal salotto sono paracadutati nelle stanze della politica è caduto da un pezzo. Del resto abbiamo provato sulla nostra pelle, proprio qui in Campania nel recente passato, che i tecnici in giunta regionale non funzionano, poiché si svincolano dai partiti e diventano meri fiduciari controllati dal presidente, del quale in pratica diventano degli autentici prigionieri politici. Così si intacca l'equilibrio della coalizione, indirizzando il potere esecutivo verso una logica dell'uomo solo al comando, deleteria e da cui lo stesso Fico in campagna elettorale ha detto di voler rifuggire con nettezza. Dico al presidente Fico di rispettare il ruolo dei partiti e delle formazioni che hanno contribuito in maniera decisiva a eleggerlo, e di usare un metodo semplice che è sempre il più efficace e collegiale: rispettare le indicazioni di chi ha composto la squadra vincente. Non si tratta del manuale Cencelli, che pure era tutt'altro che una blasfermia politica ma bensì una esemplificazione di saggezza politica e collegialità, ma di riconoscere il giusto valore ai partiti che hanno determinato l'elezione con un plusvalore politico ed elettorale che non può essere mortificato. Ho detto alla vigilia del voto che la destra era spacciata in Campania e che il combinato disposto delle vittorie in Puglia e Campania, le due maggiori regioni del Mezzogiorno continentale, sarebbe stato l'abbrivio di una plausibile remuntada nazionale verso le politiche. Perché è la Campania il laboratorio del campo largo e l'esempio lampante della formula vincente che tiene insieme centro e sinistra per essere massimamente performanti e competitivi. Ma ciò a patto che non ci siano colpi di testa e strappi: Fico rispetti i partiti che lo sostengono e lo sosterranno realmente e receda da questo diktat sugli esterni in giunta, che sarebbe una falsa partenza di cui non si sente proprio il bisogno.

Di più su questi argomenti: