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sicurezza e vocabolario

Piantedosi e il dizionario della sinistra che “ammicca”

Carmelo Caruso

Per il ministro dell'Interno la vera sicurezza passa dalle parole: non sopporta sentire “dobbiamo dialogare con certi mondi”, dove per mondi si intende quel fascioantagonismo che assalta redazioni. Infatti non vuole aumentare le pene ma farne una questione culturale

Roma. Li definisce “ammiccamenti” dei sindaci di sinistra e solo per prudenza, per misura, non la chiama “complicità intellettuale”. Quando Matteo Piantedosi ha letto le parole di Francesca Albanese “sui moniti” ai giornalisti, dopo l’assalto alla redazione della Stampa prima è rimasto attonito, poi dicono sgomento per una sinistra che cerca di spostare l’attenzione dall’assalto alle divise. Da tempo vede una subdola strategia per colpevolizzare le forze dell’ordine che arriva fino alla diffusione di “fake news”. La prima spia: dire che sono calati gli organici. La seconda: parlare di violenze, stupri, senza fare un’analisi accurata, l’equazione arresti e scarcerazioni della magistratura. Più volte il ministro ha ragionato sul combinato disposto “buonismo del sistema giudiziario” e pene alleviate dalle riforme Cartabia. Piantedosi non vuole aumentare pene ma sarebbe per farne una questione culturale. Prima ancora delle violenze, dice il ministro, viene la copertura politica. Da tempo, Piantedosi propone di usare per gli antagonisti la parola “squadrismo”, anzi, è del parere che bisogna chiamarlo fascio-antagonismo. Al Viminale si domandano se i 30 fermati a Torino, per l’assalto alla Stampa, saranno guardati con gli stessi occhi di chi ha assaltato la Cgil in maniera vigliacca. Dopo i fatti di Torino verrà analizzata l’intera catena di comando delle operazioni, ma per Piantedosi la sinistra dovrebbe rispondere a una domanda: quali sono i nostri miti? A Montepulciano anche Elly Schlein ha preso le distanze da Albanese ma il caso Torino, i locali concessi dal sindaco Stefano Lorusso al centro sociale Askatasuna, sono per il Viminale, il segno di una sinistra che ha come mito “il monito”, la parola odiosa pronunciata da Albanese.

 

Al contrario del Leoncavallo, il centro sociale Askatasuna non può essere sgomberato perché concesso dal comune di Torino, in “comodato gratuito”. L’edificio non è di proprietà privata. Servirebbe un atto motivato dalla magistratura ma la magistratura torinese ha già smontato un dossier della questura, fatto cadere le accuse su Askatasuna. E’ il grande tema della sicurezza che il Pd sta cercando di riscoprire e che mette contro Piantedosi e i sindaci, la destra di governo e la sinistra che amministra. Uno dei vanti del Pd è sempre stato il partito dei sindaci, il partito del welfare e della sicurezza, ma a Bologna e Torino, per Piantedosi, quel racconto si macchia. Maurizio Gasparri è per “la chiusura di Askatasuna”, Lo Russo consiglia al governo di “concentrarsi anche su dati reali della sicurezza che nel frattempo, al di là di tanta retorica, peggiorano”. Si chiedono al Viminale: cosa accade quando un giudice libera un uomo processato, con obbligo di firma, che molesta, due ore dopo? Piantedosi sarà oggi a Parigi per parlare con gli omologhi di Francia e Germania. E’ iniziato tutto con Lepore, sta continuando con Torino, con Lo Russo. La sfida è sul vocabolario. Il ministro non sopporta sentire “dobbiamo dialogare con certi mondi”, dove per mondi si intende quel fascioantagonismo che assalta redazioni. Pensano al Viminale che la sinistra debba scegliere: “O sta con i centri sociali o con la sicurezza”. E’ molto di più di una contrapposizione. Per Piantedosi la vera sicurezza passa dalle parole. A Torino e Bologna il monito è solo l’anticipo del bastone.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio