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editoriale
Askatasuna fascista? Sgomberatelo!
A Torino la sinistra chiude gli occhi. Prima si invoca lo sgombero e lo scioglimento di CasaPound in quanto organizzazione fascista, poi cala il silenzio sul centro sociale di cui sono esponenti vari protagonista dell'assalto alla Stampa
Dopo l’assalto alla sede della Stampa di Torino, si è sviluppata una discussione semantica su come definire gli aggressori. La questione è in teoria semplice. Basta definirli per quel che sono e per come si autopercepiscono: Pro Pal, anarchici, comunisti, antagonisti, anticapitalisti. Ma a sinistra si fatica a riconoscere in quei volti appartenenti all’album di famiglia e pertanto si usano tragiche formule come “sedicenti Pro Pal” o si preferisce bollare gli assalitori come “fascisti”. Ma così si fa un torto sia alla realtà sia all’identità dei teppisti, che provengono chiaramente dal movimento studentesco e dei centri sociali torinesi. È vero che l’attacco ai giornali è una pratica dello squadrismo fascista, ma la teoria e la prassi della violenza politica non sono affatto estranei alla tradizione della sinistra radicale. Il centro sociale Askatasuna, di cui sono esponenti vari protagonisti dell’assalto alla Stampa già identificati, è il centro egemonico dell’“eversione di piazza”, come dimostrano vari processi. Nelle parole della procuratrice generale di Torino, Lucia Musti, “Torino è capitale dei centri sociali e degli anarco-insurrezionalisti” ed è “tristemente nota per la pericolosa capacità di attrarre soggetti di minore età”. Li si può pure definire “fascisti”, anche se non è così, ma bisogna essere consequenziali. La sinistra invoca, anche ieri lo hanno fatto Elly Schlein e Nicola Fratoianni, lo sgombero e lo scioglimento di Casapound in quanto organizzazione fascista. Ma non c’è analoga richiesta per Askatasuna. Anzi, il sindaco del Pd di Torino Stefano Lo Russo ha avviato un “percorso di cogestione” che legalizza la trentennale illegalità del centro sociale e definisce Askatasuna “bene comune”. Siamo ben oltre la tragica formula dei “compagni che sbagliano”, che comunque nella sua ambiguità riconosceva una duplice verità: la comune radice politica e l’errore nell’uso della violenza. L’ipocrisia e la doppiezza ora raggiungono il culmine: gli antagonisti sono “fascisti” solo il giorno dell’assalto alla Stampa e “bene comune” tutti gli altri.
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