(foto Ansa)

Il colloquio

Di Giuseppe (FdI): “Sull'Ucraina ci fidiamo di Trump. L'Ue da sola non conta”

Luca Roberto

L’uomo americano di Meloni: “La premier è una leader pragmatica. Rubio meglio di Witkof? Il segretario di stato ha una visione d'insieme e sta facendo bene. Sul futuro di Kyiv si può ancora raggiungere un buon accordo"

Sarebbe da folli pensare di poter risolvere la guerra in Ucraina senza gli Stati Uniti. Perché l’Unione europea, di per sé, che peso ha? Meloni lo ha capito da tempo ed è per questo che cerca di fare team con Trump. Io sono convinto che faccia bene a fidarsi del presidente americano. E io mi fido ciecamente di lei. Così come mi fido del segretario di stato americano Marco Rubio”. Andrea Di Giuseppe è “l’uomo americano” di Giorgia Meloni. Ed è anche il parlamentare italiano forse più vicino a Trump. Deputato di Fratelli d’Italia, vive da anni negli Stati Uniti. E’ amico personale del tycoon, di cui è quasi dirimpettaio a Mar-a Lago. Che lettura dà del piano in 28 punti elaborato dall’amministrazione americana e sottoposto al presidente Zelensky per porre fine alla guerra? “Il punto centrale è che senza il coinvolgimento degli Usa non ci può essere alcun tipo di pace in Ucraina”, premette il deputato di FdI. “Io sono d’accordo con chi dice che l’impulso dell’amministrazione americana è quello decisivo per cercare di trovare un accordo equo”. Eppure in molti, in Europa, a partire dalle principali cancellerie, vedi il presidente francese Emmanuel Macron ma anche il capo del governo tedesco Frederich Merz, ritengono che l’accordo sia troppo sfavorevole all’Ucraina. “Ma i dettagli di quell’accordo non li conosco né io né lei”, replica Di Giuseppe. “Al momento ci sono i punti pubblici, ma sappiamo che il diavolo si nasconde nei dettagli. Esistono i piani generali e poi, per usare un gergo legislativo, i decreti attuativi. Per questo credo ci siano ancora i margini per raggiungere un buon accordo”. Ieri, peraltro, il Financial Times ha pubblicato un articolo secondo cui il piano sarebbe cambiato e i punti, discussi con Kyiv, sarebbero adesso 19.

 

Fatto sta che a livello europeo è emersa una discrepanza tra quel che dice l’emissario Usa Steve Witkoff, che ha elaborato il piano in 28 punti e che viene considerato più vicino alle posizioni di Mosca, e il segretario di stato Marco Rubio, verso cui l’Ue sembra riporre maggior fiducia e da cui pare raccogliere maggior disponibilità all’ascolto. “Qui non si tratta tanto di avere fiducia nell’uno piuttosto che nell’altro. Witkoff ha fatto un gran lavoro, ma è ovvio che Rubio ha una visione più ampia di chi lavora a un singolo dossier: è un direttore d’orchestra che cerca di tenere insieme tutti i puntini”, analizza Di Giuseppe. “Rubio lo conosco personalmente e lo stimo tantissimo. Penso che stia facendo benissimo come segretario di stato, che abbia tutti i mezzi per proseguire nel gran lavoro che sta facendo. Per questo ho grande fiducia in lui”.

 

A ogni modo il piano americano messo sul tavolo di Zelensky, che entro dopodomani dovrà fornire una risposta alla controparte americana, ha evidenziato in maniera plastica, palese, la scarsa volontà di Trump di coinvolgere gli alleati europei. E più in generale l’incapacità dell’Ue di imporsi come attore autonomo e autorevole. “Come ho già detto anche in passato, l’Unione europea può usare la presidenza Trump come spinta per auto riformarsi. Io non credo che gli effetti di questa presidenza saranno limitati alla durata del secondo mandato di Trump, bensì si vedranno per molti anni a venire”, ragiona l’esponente meloniano. “Nessuno può pensare che con le regole attuali l’Ue possa svolgere un ruolo di player globale. L’Europa avrebbe tante carte da giocarsi, anche nella partita ucraina, ma solo se avrà il coraggio, ripeto, di auto riformarsi. Questo periodo è uno di quei bivi storici che non possono essere mancati o rimandati”.

 

In tutto questo, però, quel che emerge a livello internazionale è comunque la figura della premier Giorgia Meloni. Chiamata, un’altra volta, a svolgere quel ruolo di “ponte” tra Europa e Stati Uniti che ci si aspettava da lei anche in altri dossier, a partire per esempio dalla trattativa sui dazi. “Giorgia Meloni è sempre stata chiara nel suo posizionamento internazionale. Al di là del suo pragmatismo, dico che se non ci fosse stata lei le occasioni che abbiamo di contare sulla scacchiera internazionale ce le saremmo già belle che fumate tutte”, analizza in conclusione Di Giuseppe. “Meloni ha sempre dimostrato di agire cum grano salis. Per questo credo che stia facendo benissimo anche nelle interlocuzioni con gli Stati Uniti e con il presidente Trump. Io continuo a fidarmi ciecamente di lei”.

  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.