Il racconto

Meloni e dividendi: sulla manovra è ancora contesa. Salvini assedia Chigi e sceglie Borghi come relatore

Carmelo Caruso

Si cerca un miliardo per modificare la norma sui dividendi, Salvini (bocciato anche dalla Cassazione sugli Ncc) lamenta ancora dei tagli con Giorgetti che avrebbe premiato Lollobrigida. Tensioni FdI-Lega anche in Lombardia

È la manovra a fisarmonica: Meloni e Giorgetti la chiudono e Salvini la riapre. Balla un miliardo. Si cercano coperture ulteriori, Confindustria è critica con il governo.  Salvini, oggi, in Cdm, è pronto a battere, ancora, cassa. Punta a modifiche, vuole recuperare denaro, i fondi che il Mef, con “prodigalità”, avrebbe elargito al Masaf di Lollobrigida e tagliato al suo Mit. Salvini ci prova. Il vicepremier sta chiedendo di allargare la platea della rottamazione.   Giorgetti, giovedì, sarà audito dalle Commissioni Bilancio. Alle ore 18 i responsabili economici della Lega si vedranno. Meloni difende  l’impianto della legge di Bilancio. L’ultima contesa fra alleati  è sulla norma che riguarda i dividendi delle società partecipate, la tassazione.  Un’eventuale modifica equivale a un miliardo da recuperare altrove. Ma dove? Salvini propone nuovamente: le banche. Non è vero che è finita. Il viaggio della manovra comincia ora e il mare è mosso. Il leghista che traghetterà la manovra al Senato, uno dei quattro relatori di maggioranza, sarà Claudio Borghi, il dadà di Salvini. 


Salvini non cede sulla manovra e non solo.  In Regione Lombarda FdI e Lega si scontrano:  viene sfiduciata, con voto segreto, la sottosegretaria di FdI, Federica Picchi.  Sta continuando il ciclo di audizioni sulla Legge di Bilancio  e l’esame è in salita. Confindustria attacca e pensa che le “misure sono apprezzabili sul lavoro, ma non sono strutturali e producono un effetto di incertezza. Sostanzialmente la manovra è a saldo zero e senza impatti sul Pil”. E’ aspra Confcommercio (“Scarsamente espansiva, speriamo venga migliorata”) è dura Confesercenti (“Ha effetti minimi sulla crescita”). Si sta dividendo anche il mondo dell’agricoltura con la Cia da una parte (“Manovra batosta”) e Coldiretti dall’altra che risponde: “Vanno introdotte misure aggiuntive per accrescere la competitività”. Il resto lo fa Salvini. E’ convinto che il Mef, la Ragioneria, sia stata poco attenta nei suoi confronti e che le sforbiciate siano state sommarie con il suo ministero. Lamenta di avere poco personale, poche risorse. Poco. Il viceministro Edoardo Rixi dice al Foglio: “Gli ingegneri del Mit sono solo dieci ma ne dovrei avere almeno cento a disposizione e pagarli a livelli di mercato”. Salvini si sente sotto attacco e risponde. La Corte dei conti ha bocciato il Ponte e si attende di conoscere le motivazioni. Dice ancora Rixi: “Nulla da dire se le eccezioni sollevate sono procedurali, ma se sono di natura tecnica, ingegneristiche, allora no. Le attendo con rispetto ma le voglio leggere”. Salvini cosa si vende? E’ sotto attacco in Sicilia per la richiesta d’arresto a Totò Cuffaro, l’alleato di Salvini, che veniva dato alla prossime elezioni politiche come candidato con la Lega. Per una volta, almeno, nessuno, nella Lega si sente di parlare di “ritorsione” per la riforma della giustizia, almeno non i leghisti del nord. Per Stefano Candiani: “La vicenda Cuffaro è da ricondurre a una vicenda locale”. Oltre alla Corte dei Conti adesso c’è anche la Consulta che ieri ha bocciato le norme sugli Ncc, di Salvini, e Andrea Casu del Pd già lo canzona: “Salvini è un Re Mida al contrario, ogni cosa che tocca la peggiora”. Ecco perché Salvini sta citofonando a Chigi. All’ultima riunione economica ha chiesto modifiche a Giorgetti per quanto riguarda la rottamazione. Una delle richieste Lega è far accedere alla quinquies chi ha partecipato alla rottamazione quater. La risposta tecnica del Tesoro è che già la quater è stata un’agevolazione e che rimodulare significa trovare altre risorse. Salvini continua a dire: prendiamoli alle banche. Marco Osnato, il Quintino Sella di FdI, presidente della Commissione Finanze della Camera, ne ha sentite troppe e spiega: “Siamo un governo di persone credibili, non è che chiediamo un miliardo a tutti quelli che passano per strada”. E’ il miliardo che serve per sterilizzare la tassazione che il governo prova a imporre sui dividendi delle società partecipate. Lo ha fatto a causa di una sentenza della Corte Europea e il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, si è dovuto adeguare. Si è scelto di tassare al 10 per cento i dividendi. E’ la  norma che ha sollevato sia Forza Italia sia Salvini. La soluzione introdotta dal governo Meloni è una quella applicata in mezza Europa (Francia, Svezia, Finlandia) e il Mef vuole difenderla perché teme eventuali ricorsi e istanze di rimborso in seguito alla sentenza europea. Luigi Marattin, segretario del Partito Liberaldemocratico, la contesta da liberale: “L’aumento della tassazione sui dividendi è una mossa suicida. Taglino piuttosto la spesa pubblica  che in questo paese è ancora piena di inefficienze, sprechi”. Meloni sta sostenendo il ministro dell’Economia, ma Giorgetti è leghista. Gli viene rimproverato da Salvini il rigore, la sua ostinata volontà di portare fuori l’Italia dalla procedura d’infrazione, come concordato con la Ue. Giorgetti vuole rispettare i patti, e gli fa onore, ma Salvini è un leader politico. La domanda a Giorgetti è sempre la stessa: cosa ci vendiamo? Per Salvini la vera spina resta la norma sulle pensioni. Gli fa male Elsa Fornero che ricorda a Salvini i fallimenti di quota 100. In Transatlantico dove per una giornata hanno tenuto banco le dichiarazioni dei redditi di Meloni (180 mila euro), Nordio (260 mila euro), Tremonti (2 milioni di euro), Salvini (manca ancora), Schlein (100 mila), Giorgetti (99 mila euro) si parla delle “dote” da consegnare all’opposizione. Sono cento milioni, briciole di manovra, ma ormai anche le briciole sono pane. Gli emendamenti segnalati  saranno circa 300. Meloni vorrebbe approvare la legge addirittura il 15 dicembre. Al Senato, i Caronte saranno quattro. Per la Lega c’è  Borghi. E’ il solo che ha fatto sbottare Meloni sull’Ucraina. Appassionato d’arte, colto, piace a Salvini. E’ l’irregolare che  dovrebbe fare il il regolato. In questo caso si può dire: anche la manovra è un’arte astratta

 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio