 
                (foto Ansa)
il colloquio
Giachetti ci dice perché il governo sta già auto sabotando una riforma giusta
Il deputato di Italia viva ed ex radicale: "Al referendum spero vinca il sì, ma credo anche che chi ha a cuore questi principi garantisti abbia iniziato con il piede sbagliato. Usare la clave non serve"
"Sono quarant’anni che facciamo battaglia su questi temi", dice Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva, voce storica dei radicali e da sempre tra i più convinti sostenitori della separazione delle carriere. “Io mi batto per questo obiettivo dai tempi di Pannella e Bonino, quando nei nostri congressi si parlava di giustizia come di un diritto da difendere, non come di un campo di battaglia per le correnti o per i governi”. Giachetti, che ha sottoscritto la proposta di legge di iniziativa popolare dell’Unione delle Camere penali da cui è nato l’attuale dibattito parlamentare, ricorda che "non è certo in questa legislatura che abbiamo scoperto il valore di una giustizia ordinata e responsabile. Quando i radicali e poi i consigli regionali presentarono il referendum sulla separazione delle funzioni, noi di Italia Viva lo sottoscrivemmo. E’ nel nostro Dna politico e anche nel programma elettorale”. Ma il sì convinto di Giachetti al referendum non si traduce in un’adesione acritica alla linea del governo. “Sono contrario al fatto che abbiano tolto l’obbligatorietà dell’azione penale”, spiega. “E spero che nel referendum vinca il sì, ma credo anche che chi ha a cuore questi principi garantisti abbia iniziato con il piede sbagliato. Usare la clave non serve. E la cosa più demenziale che si possa fare”.
Il riferimento è al clima politico in cui la riforma è stata inserita, più che al merito. “Usare il tema della separazione delle carriere per coprire i problemi che ha il governo – dal ponte al caso Almasri – significa volerla buttare in caciara”, dice Giachetti. “Ed è un peccato, perché così si rischia di compromettere una battaglia giusta. Se la riforma diventa un espediente, un’arma di distrazione, si crea il terreno perfetto per far fallire il referendum”. Nel suo intervento alla Camera del 16 settembre, Giachetti aveva già ricordato che “sul principio e sul tema della responsabilità e della separazione delle carriere è difficile trovare qualcuno più convinto di me. Ne siamo convintissimi, e abbiamo agito in tutte le istanze possibili affinché questo percorso potesse andare avanti”. Ma ha anche rimarcato un punto dolente: “Avete tolto l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale”. La coerenza radicale di Giachetti non lo porta però a indulgere in semplificazioni. “Questa non è una battaglia di destra. È una battaglia di civiltà. E’ la riforma che serve a uno Stato liberale, dove il giudice sia terzo e il pm non abbia il potere di orientare la carriera e la vita degli altri magistrati”. Ma per riuscirci, insiste, serve un clima serio, non propagandistico. “Non si difendono i principi garantisti usandoli come clave. Non si rafforza la giustizia se la si trasforma in un terreno di scontro quotidiano. Si rischia, invece, di renderla meno credibile. E chi ha passato una vita a battersi per la giustizia, come noi radicali, non può accettarlo”.
La sua, in fondo, è una doppia fedeltà: alla tradizione garantista e al metodo della riforma. “Io voglio che vinca il sì. Ma voglio anche che vinca per le ragioni giuste. Non per convenienza politica, non per calcolo. Perché la separazione delle carriere non è un favore a qualcuno: è un favore alla democrazia”.
 
                             
                 
                                