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Grattacapi democratici

Bonaccini, chi? Da presidente del Pd attacca i riformisti. L'idea di Schlein: Cuperlo al suo posto

Carmelo Caruso

L'ex governatore dell'Emilia-Romagna non vuole rinunciare alla sua carica, i riformisti da almeno due anni propongono di affidarla a Paolo Gentiloni. Prima ha fatto appassire la minoranza, ora anche la presidenza. E' finito nella trappola di chi non decide

Fa il presidente di “garanzia”, a sua garanzia. Bonaccini, chi? Non è minoranza di Elly Schlein, non è ancora maggioranza, attacca i riformisti, i suoi ex compagni di strada, e non esclude adesso, in caso di congresso anticipato, di ricandidarsi. Nel Pd c’è un problema Bonaccini e Schlein deve decidere presto: o convoca il congresso (e vuole convocarlo a marzo) o azzera la segreteria. Può l’arbitro del partito disprezzare una parte, definirla “da salotto”? Anche Schlein ha perplessità sul ruolo di Bonaccini e al suo posto preferirebbe Gianni Cuperlo o Nicola Zingaretti. A Milano, per la nascita della corrente dei “Ferrovieri dem” (i riformisti di Lorenzo Guerini-Giorgio Gori e Pina Picierno) l’ospite più atteso Graziano Delrio, il Bernanos del Pd, una figura rispettata ovunque, ha parlato di telefonate da parte di “qualcuno” per consigliare di “non andare a Milano”.

 

Quel qualcuno era Bonaccini. La sua Energia Popolare, la corrente che condivideva con Guerini, si è sciolta e viene chiamata adesso “Energia litorale”. Il correntissimo di Montepulciano, Franceschini-Orlando-Speranza, rende “Bonaccini, chi?” superfluo. E’ Bonaccini l’immagine del grande equivoco Pd. Non è con Schlein, ma neppure in minoranza perché la minoranza, ora la rappresenta Guerini, fa  l’arbitro ma lo fa tifando, tirando calci. Chi è? Era il perdente alle primarie solo che ha accettato di fare la stampella alla segretaria, ma spacciandosi, per due anni, come oppositore. Si è fatto eleggere presidente di tutti, ma è chiaro a tutti che è di parte. Da due anni Bonaccini dice che non ha uomini in segreteria ma in realtà ne ha almeno quattro (Alfieri, Vincenza Rando, Davide Baruffi, Debora Serracchiani). Può funzionare un partito che ha un mezzo presidente e un mezzo rivale? Lorenzo Guerini ha stabilito che non funziona.

 

Da quando Guerini, Picierno e Gori hanno deciso di assemblare la loro area, “I ferrovieri Dem”, il presidente garante Bonaccini ha iniziato a telefonare a parlamentari e amministratori per chiedere: “State con me o con Lorenzo?”. Energia Popolare, detta Energia Litorale, ha come riferimento Alessandro Alfieri, che ha rotto con sofferenza un sodalizio politico con Guerini. La corrente vanta ancora nelle sue fila sindaci, presenti e futuri presidenti di regione (De Pascale e Decaro) solo che nessuno ha ancora capito dove voglia andare Bonaccini. Da giorni è scattata la caccia, sui social, a Pina Picierno, volto della corrente di Guerini, vicepresidente del Parlamento europeo. Picierno viene accusata di un nuovo reato, il reato di “ellytà”, di sabotaggio verso la segretaria, ma la novità è che a far scattare la caccia è Bonaccini. Nelle sue ultime interviste, il garante derubrica a “convegni” le iniziative dei riformisti, rinominati “riformisti da salotto”. E’ la prima volta che un presidente Pd, terzo, interviene da giocatore, ed è un’anomalia. Non sarebbe un’anomalia avere un partito che discute, solo che nel Pd basta pubblicare la mappa delle correnti su un quotidiano ed è subito “lesa ellytà”. Il correntissimo di Montepulciano Franceschini-Orlando-Speranza è destinato a proporsi come “maggioranza” a sostegno di Schlein, a influenzare le sue decisioni. Che se ne fa la segretaria di Energia Litorale di Bonaccini? Il “garante” vuole capire come si pone Schlein nei confronti del correntissimo.

 

Se dovesse esserci il congresso anticipato, Bonaccini lascia intendere che potrebbe anche ricandidarsi. Se Schlein sceglierà di fare un’assemblea, Bonaccini chiederà più attenzioni. La sola cosa a cui non vuole rinunciare è la carica di presidente. I riformisti da almeno due anni propongono di affidarla a Paolo Gentiloni. Da almeno due anni, Bonaccini resta sul trampolino. Prima ha fatto appassire la minoranza, ora anche la carica da presidente Pd. E’ finito nella trappola di chi non decide. O si dimette da mezzo garante o si rimette a far politica per intero.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio