Fratelli d'Africa
Soumahoro: "Esiste il diritto a non emigrare e a rimpatriare, ma la sinistra della ztl non lo capisce"
Il deputato, ex Avs, dice: "Viaggiare è piacevole, emigrare no. Ma la sinistra non lo dice perché è scollegata dalla verità. Vive nel raccordo. Il Piano Mattei? Valuto punto per punto, ma è interessante"
Viaggiare è piacevole, emigrare invece no”, dice Aboubakar Soumahoro. Che poi aggiunge: “Questo è un concetto che si può capire solo se finalmente si esce dalla Ztl, dove la sinistra è confinata”.
A parlare al Foglio è quindi il deputato portato in auge (e alla Camera) dalla sinistra zetatiellina, eletto nel 2022 con Fratoianni e Bonelli, e poi confluito nel gruppo misto in seguito alle vicende giudiziarie legate alla sua famiglia. Soumahoro è un uomo che, oggi come non mai, si avvale del diritto alla franchezza, e ripete: “Esiste il diritto a restare e il diritto a rientrare. Ecco, quella africana è una diaspora”.
Un esodo. Cosa pensa allora lei, uomo di sinistra, della posizione della sinistra italiana sulla materia migratoria? “Io? Di sinistra? Questo lo lascio dire a lei”. Ho sbagliato? “Andiamo avanti...”. Soumahoro sorride. Cosa pensa, dunque? “Penso che per capire la migrazione si debba uscire dal perimetro del grande raccordo, dalla ztl. Penso che si sia rimasti agganciati a dei cliché intellettuali, che sono superati. Penso poi che si dovrebbe ragionare da qui ai prossimi dieci anni. E che invece ci si riduce a ciò che si verifica da qui a mezzogiorno. In generale, vedo un distacco sentimentale e intellettuale. E una compulsione sui social utile solo all’acclamazione del momento. Per capire questi temi serve invece freddezza intellettuale”.
I diritti a restare e rientrare sono stati al centro di un convegno alla Camera, organizzato da lei alla presenza del presidente Fontana e del mondo delle imprese. “A proposito di freddezza intellettuale, i miliardari sono lì, a investire. E anche noi, qui, siamo in un’epoca di cambiamenti. Da oggi ai prossimi 25 anni raggiungeremo i 2 miliardi e mezzo di persone solo nel continente africano. Che andrà a rappresentare un terzo della popolazione giovanile al livello mondiale”. Tradotto? “Vuol dire che sul mercato del lavoro saranno 450 milioni i giovani che si affacceranno nei prossimi 10 anni. Di contro, in Italia avremo un anziano su due. O, secondo alcuni dati, due su tre. Non possiamo chiuderci in una depressione intellettuale. Dobbiamo capire in che modo questi dati possono parlare al nostro presente”. In che modo? “Sicuramente in un modo che accantoni l’approccio colonialista e assistenzialista. Ma che valuti il quadro in termini macroeconomici, puntando anche sulla formazione”. Le sue idee, e le sue parole, non sembrano troppo distanti da quelle del governo Meloni. Penso, in modo particolare, al Piano Mattei. “L’Italia è la finestra che si affaccia sull’Africa. E il paternalismo deve lasciare spazio al partenariato win-win. Quanto al Piano Mattei, alcune delle mie idee sono state presentate in ambito di discussione del piano, certo. Dopodiché io vado alla sostanza. E dico che di fronte a un contesto come quello che viviamo dobbiamo creare occasioni per il continente africano e, di riflesso, per l’Italia e per l’Europa. Se questi elementi emergono, in sede di discussione, si può lavorare sui punti. Io non parto da quel piano, ma neppure guardo alle sigle. E soprattutto penso che abbandonare il proprio paese non possa mai essere l’unica soluzione. Anche perché chi ha fame non è mai un uomo libero”.
Verosimilmente, la premier sottoscrive. “Dobbiamo decolonizzare la nostra mente, questo è il punto. E capire che, dall’emigrante siciliano al senegalese, non poter scegliere di restare, o di rientrare, è un problema. Non poter essere pionieri in patria, è una ostacolo da superare. Del diritto a restare ne parlavano prima di me Papa Francesco, Papa Benedetto, Giovanni Paolo II”.