Antonio Decaro (LaPresse) 

“Nazionalizzare l'Ilva”: la versione di DecarUrss per mettere al sicuro lo stabilimento di Taranto

Gabriele De Campis

L’eurodeputato Pd, candidato governatore per la Puglia, è un Giano Bifronte, un po’ alla Romano Prodi dell’Iri, un po’ metalmeccanico versione Fiom

Da Decaro a DecarUrss è un attimo. “Nazionalizzare l’Ilva”: con ritmo quasi tarantolato, il candidato governatore per la Puglia del campo progressista invoca ogni giorno la statalizzazione dell’acciaieria di Taranto. Antonio Decaro sta diventando un vero novello Giano bifronte, per metà un redivivo nostalgico dell’Iri dei tempi di Romano Prodi e per l’altra metà un metalmeccanico, un Cipputi con caschetto d’ordinanza, replicando le posizioni del leader Fiom Michele De Palma sulla statalizzazione dell’acciaio. La questione industriale pugliese, con il passare delle settimane, può però diventare il luogo di imprevedibili sintesi tra le anime progressiste o lo spazio fatale per nuove lacerazioni. 

 

Dopo aver accuratamente evitato di affrontare il dossier Taranto nella giornata dedicata alla “condivisione” del programma nella Fiera del Levante, nel giro di tre giorni è tornato per due volte a reclamare l’intervento dello Stato per salvare la fabbrica. Prima da Bruxelles, a margine dell’incontro con il Jrc (Joint Research Centre) sul futuro della siderurgia in Europa, ha inquadrato la partita per l’acciaio pulito in un quadro neostatalista dove questione sanitaria e occupazionale sono connesse e ha rilanciato: “La gara per la vendita dell'Ilva, finalizzata alla decarbonizzazione non è andata a buon fine e ci sono migliaia di persone che rischiano di perdere il lavoro. L’Ilva non è e non può essere un tema da campagna elettorale”.

 

In realtà l’orizzonte dell’insediamento industriale ionico è al centro di una vertenza nella quale il governo, il centrodestra, il Pd nazionale e il governatore Michele Emiliano stanno tentando di mettere insieme le condizioni per una transizione, dall’iter complesso, con un partner internazionale, mentre gli enti locali frenano e hanno chiuso (con il sindaco di Taranto Piero Bitetti in prima linea) all’arrivo della nave rigassificatore che potrebbe consentire di attuare il piano di trasformazione green. 

 

DecarUrss è per la decarbonizzazione ma con una guida neo dirigista: “L’Ilva è una questione nazionale. È lo Stato che nel 1960 ha portato l’Italsider a Taranto, e oggi, se considera l'acciaio un settore strategico per il Paese, è lo Stato che deve assumersi fino in fondo la responsabilità di quella scelta. Non sembrano esserci altre strade. Lo Stato deve nazionalizzare l’Ilva, facendosi carico del percorso di decarbonizzazione. Altrimenti l’Ilva sarà destinata a chiudere. In quel caso lo Stato dovrà comunque intervenire, per evitare due bombe. Quella sociale, attirando nuovi investimenti per insediare grandi aziende e tutelare i posti di lavoro. E quella ecologica, bonificando un territorio grande dieci volte Bagnoli”.

 

Anche in queste ore, dopo l’incontro con Confindustria a Bari, è tornato a rimarcare questa posizione (pur non usando la parola magica “nazionalizzazione”): “Se l'Ilva è un settore strategico per il Paese, perché produce acciaio che serve al settore manifatturiero e per renderci autonomi, allora deve intervenire lo Stato”.

 

Decaro, nella versione neo keynesiana, dovrà - appena “smarcata” la pratica elettorale che lo vede con un larghissimo vantaggio sul centrodestra - definire le politiche sul futuro dell’Ilva trovando un punto d’incontro in una coalizione che va da Rifondazione comunista ad Azione e alla Casa riformista renziana, e acquisendo così una leadership politica in grado di rilanciarne il ruolo anche fuori i confini della Puglia.

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