Ansa

L'editoriale del direttore

Scioperare contro la pace

Claudio Cerasa

Il campo largo, in versione campo letargo, che si rifiuta irresponsabilmente di votare per il piano di pace a Gaza. Lo sciopero generale che ignora chi è oggi il vero ostacolo alla pace: Hamas. Cortocircuiti pericolosi a sinistra

Il punto è sempre quello: chi sono i veri nemici della pace? Poco prima della vittoria alle elezioni del 2022, c’è stato un momento preciso in cui Giorgia Meloni, dall’opposizione, ha fatto un salto in avanti, proiettandosi nel futuro, mettendosi alle spalle le scelleratezze del passato e mostrando un tratto politico nuovo, sorprendente, incoraggiante, rassicurante, in definitiva responsabile. Il momento preciso ha coinciso con la scelta fatta dal suo partito subito dopo l’invasione dell’Ucraina e, pur essendo all’opposizione dell’allora governo Draghi, la leader di Fratelli d’Italia scelse di utilizzare la politica estera per entrare in una stagione nuova: un po’ meno leader di lotta, un po’ più leader di governo. In un certo senso, ieri, in Parlamento, per la leader dell’opposizione, Elly Schlein, si è presentata la stessa opportunità: mettersi alle spalle le ambiguità del passato e mostrare un tratto politico nuovo, sorprendente, responsabile.

 

L’occasione era quella della risoluzione presentata dalla maggioranza sul medio oriente, sul piano di pace promosso da Donald Trump, sostenuto dai paesi arabi, dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi, dal Qatar, dall’Egitto, dalla Turchia, appoggiato dall’Unione europea, compresa la Spagna di Pedro Sánchez, mai tenera con Israele, avallato anche dal Pontefice, Leone XIV, e da alcuni grandi paesi musulmani, e democratici, come l’Indonesia. La risoluzione, presentata dalla maggioranza, si limitava a riconoscere le responsabilità di Hamas per gli attacchi del 7 ottobre, si limitava a riconoscere il diritto di Israele a difendersi senza violare il diritto internazionale, si limitava ad appoggiare il piano di pace vincolando il riconoscimento della Palestina alla liberazione degli ostaggi e al disarmo di Hamas, impegnando allo stesso tempo l’Italia a rafforzare gli aiuti umanitari, a tutelare le comunità cristiane, a contrastare l’antisemitismo e a promuovere la stabilità regionale. La risoluzione, come sapete, è passata alla Camera con 182 voti.

 

Con la maggioranza hanno votato, con senso di responsabilità, Italia viva, Azione, +Europa ma non il Partito democratico, che ha scelto ancora una volta di non farsi scavalcare a sinistra dal M5s. La sinistra italiana, ieri, il così detto campo largo, divenuto all’occasione un campo letargo, non ha trovato il coraggio di fare uno scarto minimo per liberarsi dalle catene che la tengono intrappolata nel suo istinto gruppettaro e non ha trovato la forza di sfruttare un’occasione perfetta per ribadire quello che probabilmente ha capito anche la stragrande maggioranza degli elettori del Pd: la tragedia di Gaza è di fronte agli occhi di tutti noi, la violenza portata avanti dall’esercito israeliano è un fatto oggettivo, ma oggi il peso della pace è sulle spalle di Hamas, che resta pur sempre la prima fonte di oppressione e violenza per i palestinesi, e compito di chi vuole governare l’Italia è anche avere la capacità di stare dalla parte giusta della storia anche quando stare dalla parte giusta della storia significa votare come voterebbero i propri avversari.

 

La politica estera del Partito democratico non è ostaggio solo della cultura dello gnè-gnè, se la destra fa una cosa la sinistra non può farla per non apparire di destra, ma è ostaggio di un algoritmo pericoloso che coincide con la banalizzazione del male, che coincide con l’incapacità di difendere un proprio sindaco colpito dalla gogna per aver parlato di ostaggi, che coincide con l’incapacità di considerare ogni cedimento all’antagonismo come un dramma da combattere, e non da alimentare, che coincide con la volontà di non richiamare all’ordine un membro della direzione del Pd che usa con disinvoltura le immagini che inneggiano alla demolizione di Israele dal fiume al mare che coincide in definitiva con il mostrare un tratto di responsabilità, e di flessibilità, di fronte a una scelta precisa: stare con forza, sempre, contro il partito del terrore. La sinistra ostaggio dell’algoritmo Albanese, che non ha il coraggio di votare una risoluzione per la pace, contro Hamas, è la stessa sinistra che, salvo qualche rara eccezione, alla Camera e al Senato, non ha la forza di chiedere agli organizzatori dello sciopero generale di parlare di ostaggi, per paura magari di prendere qualche uova in piazza, è la stessa sinistra che non ha la forza di ribellarsi all’algoritmo del genocidio, che banalizzando l’olocausto trasferisce sul popolo ebraico l’immagine del male assoluto, con tutto ciò che ne consegue, ed è la stessa sinistra che considera evidentemente la difesa della flotilla più importante della difesa di un piano di pace, utile a raggiungere la tregua più di qualsiasi crociata via mare.

 

Manifestare per Gaza è un diritto, così come lo è scioperare per la difesa del popolo palestinese. Ma un diritto dovrebbe essere anche quello di avere una classe dirigente politica in grado di comprendere che non scegliere da che parte stare quando in ballo vi è una tregua possibile che passa dalla rimozione di Hamas significa aver fatto una scelta precisa: preferire l’algoritmo del consenso facile delle piazze all’algoritmo più difficile della responsabilità di governo. I veri nemici della pace, oggi, forse andrebbero cercati proprio tra coloro che pur sventolando le bandiere arcobaleno non sono in grado di capire che rimuovere il partito del terrore è il modo più facile per arrivare velocemente a un futuro in cui la pace non è più solo uno slogan buono per uno sciopero generale e un’epopea in mezzo al mare.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.