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Passeggiate romane

Schlein critica la riforma della legge elettorale di Meloni, ma in cuor suo spera vada in porto

Per avere la possibilità di lanciare la sua candidatura a premier, la leader dem deve sperare nella riforma che ha tanto criticato. Intanto prepara le mosse future nel Pd: l'eventuale congresso anticipato e le sfide con Conte per la leadership del centrosinistra

Si fa ma non si dice. Elly Schlein aspetta con ansia che Giorgia Meloni vinca la partita interna al centrodestra sulla riforma della legge elettorale e porti a casa il risultato che più preme alla segretaria del Partito democratico: l’indicazione del candidato (o della candidata) premier nella scheda. Ufficialmente, con i giornali amici, la leader del Pd sabato scorso ha tuonato: “Meloni vuole cambiare le regole del voto perché ha paura del centrosinistra unito”. Ma in cuor suo Schlein tifa perché quelle regole vengano modificate. Ne ha parlato anche con i fedelissimi, benché non si sia sbottonata troppo nemmeno con loro, sottolineando che il prossimo anno si giocherà la partita della riforma ma che già questo autunno si capirà se la presidente del Consiglio riuscirà nel suo intento. 

Se Meloni porterà a casa il risultato, il piano di Schlein (che nel frattempo mostra di non volere quella legge per non allarmare l’alleato Giuseppe Conte) è già pronto. Si terranno le primarie per stabilire chi sarà il candidato premier del centrosinistra e la segretaria dem è convinta di avere la vittoria in tasca perché, nonostante gli affanni e le difficoltà, il Pd è l’unico partito in grado di mobilitare l’elettorato per la sfida ai gazebo. Infatti anche se i sondaggi danno Conte a pochi passi dalla leader dem nel gradimento del centrosinistra (li distanziano tre punti in percentuale) il M5s sui territori non ha la stessa capacità di azione del Partito democratico. In caso contrario, se cioè Meloni non riuscisse nell’impresa, Schlein avrebbe più problemi. La segretaria infatti sa che a quel punto il Movimento 5 stelle rifiuterebbe di andare alle elezioni politiche con una candidatura unitaria e non parteciperebbe nemmeno a eventuali primarie. E dopo il voto, anche in caso di vittoria dei cosiddetti progressisti, l’entrata di Schlein a Palazzo Chigi non sarebbe assicurata. La segretaria infatti sa che anche nel Pd c’è chi muove le pedine per portare alla guida del governo una personalità terza rispetto a Pd e M5s, magari quel Gaetano Manfredi che si sta dando un gran da fare e che è in ottimi rapporti sia con Giuseppe Conte sia con un pezzo importante del Partito democratico… 

Siccome la prudenza non è mai troppa, Schlein ha stabilito che comunque anticipare il congresso a dopo le regionali può essere utile. La segretaria del Partito democratico, infatti, è convinta di vincere in tutte le regioni, eccezion fatta per Veneto e Valle D’Aosta. A quel punto, forte del risultato elettorale ottenuto convocherebbe il congresso per farsi riconfermare alla guida del Pd. In questo modo – è il ragionamento che fanno i suoi fedelissimi – anche in caso di sconfitta alle elezioni politiche, nessuno potrebbe chiedere a una segretaria eletta da poco di togliere il disturbo. Così Schlein continuerebbe a stare in partita e a giocare un ruolo da protagonista anche nella prossima elezione del capo dello stato. 

Raccontano che ai piani alti del Movimento 5 stelle siano alquanto contrariati per il fatto che Schlein abbia rappresentato la soluzione della tormentata vicenda delle candidature per le regionali come un suo personale successo. Al M5s raccontano come per l’esito positivo di questa storia sia stato, al contrario, fondamentale il ruolo di Giuseppe Conte. In Toscana, dove è riuscito a portare i suoi dirigenti ed elettori, inizialmente contrari, ad appoggiare Eugenio Giani, quello stesso Giani, sottolineano con malizia, che Schlein prima avrebbe voluto far fuori. Spiegano come sia stata una svolta importante quella decisa da Conte su Matteo Ricci, che pure è indagato. Riferiscono dei contatti dell’ex premier con Antonio Decaro e sul ruolo giocato dal loro leader per facilitare l’ex sindaco di Bari e mettere all’angolo Michele Emiliano. E ricordano che il primo ad aprire le trattative con Vincenzo De Luca, quando ancora Schlein si rifiutava di prendere in mano la vicenda campana, è stato proprio Conte. Ma la segretaria del Pd è stata abile a intestarsi la maternità della soluzione del rebus delle candidature. Adesso però le manca un tassello: avere almeno un candidato suo (visto che gli attuali non lo sono) alle regionali che verranno. Dicono che abbia chiesto a Marta Bonafoni di correre nel Lazio, dove la presidenza di Rocca ha indebolito il centrodestra, ma che lei abbia spiegato alla leader di preferire un tranquillo seggio in Parlamento.