
L'intervista
Parla Foti: "La difesa non è solo spirito nè solo soldati. Serve un esercito illimitato per l'Ucraina"
"La pace non è più impossibile da realizzare", dice il ministro per gli Affari Europei. "Difesa significa anche scudi aerei e cibernetica. I leader europei non sono i leccapiedi di Trump"
Immagina un’Europa capace di difendersi da sola, immagina un’Europa che non abbia più bisogno di un “lord protettore”, un’Europa che non delega a terzi la sua difesa, un’Europa che possa allargarsi all’Ucraina. Parla Tommaso Foti, il ministro degli Affari Europei, il volenteroso di Giorgia Meloni, e dice al Foglio che la difesa dell’Ucraina non può “essere solo spirituale”, che l’Ucraina “deve avere delle forti forze armate senza limitazioni di dimensione”.
Ministro, l’Italia invierà truppe in difesa di Kyiv? “Partiamo innanzitutto dalla novità. Per la prima volta Trump dice che la sua amministrazione è pronta a difendere Kyiv, per la prima volta quello che sembrava impensabile, far sedere Putin al tavolo, si è realizzato. Ogni paese deciderà se inviare truppe e cosa intende per difesa. Non ci sono solo uomini sul campo. Difesa significa cibernetica e scudi aerei. La cosa certa è che l’Occidente ha ritrovato la sua unità. L’Europa sta rispondendo, non è più marginalizzata e aggiungo che terrà alta la tensione sulla Russia, non taglierà le sanzioni. La pace non è più impossibile da realizzare”.
Lo chiamano “lodo Meloni”, la possibilità di estendere all’Ucraina l’articolo 5 della Nato e per il ministro Foti è la prova che può nascere l’Europa della solidarietà, una solidarietà che spiega il ministro “non può essere solo spirituale”. Chiediamo a Foti come l’Europa possa fidarsi di un criminale, dittatore, come Putin, e gli leggiamo anche la sua ultima proposta, un incontro a Mosca fra lui e Zelensky. Foti risponde che “naturalmente bisogna capire fino in fondo se Putin voglia arrivare alla pace” e ricorda poi, a tutti coloro che da tre anni dicono che la guerra con la Russia era persa, che anche Putin ha bisogno oggi di “concludere il conflitto”. Dice Foti: “Lo sfondamento di Putin non c’è stato, molti ipotizzavano la resa dell’Ucraina e anche quella non c’è stata ed evidenzio, lo faccio per la sinistra italiana, che non c’è stata grazie alla difesa europea e dell’America. Se oggi parliamo di possibile pace e non di annessione è grazie al sostegno dell’Europa e degli Stati Uniti. Putin ha perso uomini, registrato perdite economiche, ecco perché ritengo che mai come ora la sua disponibilità è più che concreta e non solo un’ipotesi”.
Si ragiona sulle garanzie che deve ricevere l’Ucraina e Foti esclama: “Trump ha ribadito il supporto alle garanzie modellate sull’articolo 5 Nato, ma la principale garanzia è assicurare che l’Ucraina non venga mai più aggredita e che nessuno metta limiti alle sue forze armate, né alla sua dimensione, né ai sistemi di armamento, né limitazioni sul sostegno che potrà ricevere da paesi terzi. E c’è un’altra questione che come governo ci sta a cuore, quella dei bambini ucraini rapiti delle forze russe che va risolta al più presto”.
Da ministro degli Affari europei, Foti disegna un ulteriore scenario, l’eventuale ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, un concetto che ha a che vedere con “l’autodeterminazione della popolazione ucraina”. Dice Foti che “il popolo ucraino potrà, se vorrà, dare vigore, in libere elezioni, alle forze politiche che desiderano un rapido ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, al netto delle procedure e dell’iter in corso”.
Gli chiediamo: ministro, sta lanciando la proposta di allargamento della Ue? ma Foti precisa: “Mi piace usare al posto di allargamento la parola ricongiungimento, ma, sia chiaro, non voglio forzare i tempi”. Poi torna a parlare delle truppe. Non intende prestarsi al gioco della banalizzazione e non vuole neppure ingaggiare una polemica, alla francese, con Macron che ha già detto “servono soldati sul campo”. Pensa il ministro: “È legittimo che dei paesi come Francia e Gran Bretagna parlino di questa possibilità, che al momento non è la nostra, ma vi invito a fare un passo indietro”. Foti ci riconduce alla trattativa: “L’eventuale invio di soldati ai confini ucraini sarebbe successivo, ovvero dopo la garanzia di una pace raggiunta”.
Per provocarlo gli leggiamo una delle tante frasi dell’opposizione, di Calenda, che profetizza che “Zelensky verrà schiacciato” e che parla della riunione alla Casa Bianca, con i leader europei, “come una corsa a compiacere Trump”. Foti reagisce: “Capisco il dissenso dell’opposizione, di Calenda, di Elly Schlein, ma non si può svillaneggiare un’intera classe europea che stava al tavolo con un leader, Trump, che preso 74 milioni di voti, ma soprattutto non si può essere incoerenti. Ricordo ancora lo schema iniziale, l’Europa tagliata fuori dalle trattative. Sa cosa rischiavamo? Non una nuova conferenza di Monaco, come sento dire, ma peggio: una Yalta 2.0. Non ci sto. Dire che l’Europa abbia leccato i piedi a Trump lo trovo quantomeno originale tanto più da movimenti come il M5s che mi sembra stia passando dal Trump amato, quello di Giuseppi, a Putin”.
Lo salutiamo provocandolo: ministro, lei non ha problemi con la stampa, al contrario di Meloni (come svelato nel suo fuorionda)? Foti ci dice che anche Meloni parla con la stampa e che il fuorionda è tutto quello che resta a chi non vuole ammettere che “la presidente è protagonista di questo nostro tempo”.
Ministro, rischia di perdere al governo un suo collega, Orazio Schillaci? E Foti con il sorriso replica: “Il ministro della Sanità, Schillaci? Si può dire. Gode di ottima salute”. A proposito, ma lei si è vaccinato contro il Covid? “Ho tutte le certificazioni. Come buona parte della destra. Vaccinati, con libertà”.