
Il racconto
"Salvate il soldato Bartolozzi", la difesa di Nordio, Tajani. Torna l'idea di apporre il segreto di stato (balneare)
Attacata dall'Anm, la capo di gabinetto di Nordio cerca le parole amiche di Bongiorno, Tajani fa le ferie a Fiuggi, "una follia indagare Nordio, Pinatedosi, Mantovano". Ritorna l'idea di apporre il "segreto di stato"
Parlamento di sabbia, Giusi Bartolozzi è di rabbia e Tajani fa i calcoli a penna. L’assedio dei magistrati è senza calze. Toghe e calli. Nordio ha l’umore grigio (fumo) Tajani pensa che indagare “Piantedosi, Nordio, Mantovano è una follia”. Tutti gli sguardi sono per Bartolozzi, capo gabinetto di Nordio che viene definita da Peppe Provenzano, “la donna che sa e che vide più volte”. Il segreto di stato (“lo mettiamo?”) si spalma come la crema solare.
Direbbe oggi Churchill, il maestro del ministro Nordio, che non “ho altro da offrirvi se non sudore, referendum sulla separazione delle carriere e Zes unica”. Meloni? E’ infuriata con i magistrati per la decisione del Tribunale dei ministri. Nordio? Non sorride ed è ancora più lord nella tristezza, sadness. Lo accompagna Giusi Bartolozzi che è nella sua “ora Winston”, la buia. Cammina alla Camera con il telefono in mano, lo mostra, cerca le parole, amiche, di Giulia Bongiorno, (“guarda, leggi!”) lei che è la loro signora delle necessità, la santa di Salvini, Meloni, la donna che difende, in tribunale, ministri, presidenti, perché al capezzale si chiede sempre o un medico o un avvocato. Spiega il senatore Enrico Borghi di Italia Viva che la procedura è semplice: “Dopo la decisione del Tribunale dei ministri gli atti passano alla procura di Roma che potrebbe indagare sui reati connessi …”.
Rischia più Bartolozzi o Nordio? Torna come amuleto “il segreto di stato” che Max Romeo, capogruppo al Senato della Lega, ripete “avrei all'l’inizio di questa storia”, così come avrebbe fatto Claudio Durigon, l’imperatore delle Sabine, il vicesegretario della Lega, di Salvini, perché “parliamoci chiaro, questa indagine mi sembra una grande... lo posso dire? Non lo dico? Alla fine ci compattano ancora di più”. Il segreto di stato è ora come la zuppa fredda, la deterrenza, il gaspacho, e si offre, nei corridoi della maggioranza, perché “se dovessero indagare Bartolozzi, allora sì, che per evitare quella sfilata di ministri si potrebbe mettere …”.
Enzo Amendola, ex ministro degli Affari Europei, il Robert Harris del Pd (“quest’estate scriverò il mio secondo libro”) illustra quella che chiama la teoria del fusibile: “Molto presto il governo si troverà di fronte a questa scelta: faccio saltare il circuito o sostituisco il fusibile? Qualcuno pagherà e a occhio si capisce chi. Meglio il fusibile”. La giornata dell’elezione del membro laico del Csm (viene eletto Daniele Porena ma i numeri ballano e li conta a penna Forza Italia) si rovescia nel “Salvate il soldato Bartolozzi”, questa ex magistrata che ha dimenticato cosa diceva Jean Cocteau dell’eleganza, “sempre accompagnata dall’invisibilità”. Cosa è peggio? Aver svolto, bene o male, il suo lavoro da capo di gabinetto o essersi messa contro un intero ministero dove da tre anni scappano pure i parcheggiatori come l’innocente del film “Le ali della libertà”?
Simonetta Matone, deputata eletta con la Lega, che è stata per Giuliano Vassalli quello che Bartolozzi è oggi per Nordio, la ascolta come una mamma ascolta una figlia, poi una volta allontanatasi dice ai cronisti: “Cosa le ho suggerito? Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Certo, se ci fosse stato il segreto di stato sin da subito…”. Nordio che è sempre cortese, che non ha mai permesso al malumore di guastargli l’animo, la sua bellissima vita, per una volta rinuncia al suo spritz, al suo Churchill. La domanda che corre è se il governo Meloni possa rinunciare alla Bartolozzi e la insinuano in tandem Debora Serracchiani e Provenzano, “ma Bartolozzi, che sa? Che sa?” e poi, sempre in tandem, “rassicuriamo Meloni, la responsabilità sul caso Almasri è sua e nessuno gliela vuole togliere”. In radio, a Radio Anch’io, Cesare Parodi, che risponde a Giorgio Zanchini, sull’eventualità di un processo a Bartolozzi, dice che “un processo dove vengono accertati, magari in via definitiva, certi fatti, ha evidentemente una ricaduta politica”. Nordio, mai così duro, gli replica, ma con una nota (perché a Montecitorio preferisce: “Ha parlato la presidente del Consiglio, non aggiungo nulla”) che lui è “sconcertato dalle parole di un presidente Anm considerato, sino a ora, equilibrato” e continua con “non so come si permetta di citare la mia capo di gabinetto, il cui nome per quanto almeno mi risulta, non è citato negli atti”.
Per fortuna c’è Tajani che ha un debole per Matteo Ricci, l’esploratore, il cartografo, che avete capito!, lui che le ferie le fa a Fiuggi e a Ferragosto va “a Castel Gandolfo, ad ascoltare la messa di questo nuovo grande Papa perché lì c’è il mio collegio elettorale”. Ministro Tajani, non è che a pagare sarà Bartolozzi? E lui: “Non pagherà, nessuno per una decisione che è di governo”. Sara Kelany, che fa parte del poker dei “saranno ministri”, insieme a Filini-Lucaselli-Caramanna garantisce “che Bartolozzi si saprà difendere e con fierezza”. Perché non l’hanno chiusa allora, con il segreto di stato? Oggi se ne pentono.
Per Giorgio Mulé, vicepresidente della Camera, di Forza Italia, “questo governo agisce alla luce del sol”, e poi aggiunge “leone”, e non “con il favore delle tenebre. Noi siamo hombre vertical e non come Giuseppe Conte”. A proposito, ma dove sta? Si avvicina un deputato del Pd che svela: “In questo momento sta parlando con Stefano Candiani, della Lega, e vuoi scommettere che parlano di Rai? Se non ci credi, ti giro la foto”. La gira. Dopo mezz’ora avanza Candiani, che alza le braccia, “ma quale Rai! Conte mi ha solo spiegato che farà un intervento duro, maschio, contro Meloni e io gli ho risposto che la decisione del tribunale dei ministri, non cambierà nulla, radicalizzerà solo gli elettori da curva, da una parte e dall’altra”. Alla Camera è già tintarella di luna. Il deputato è color latte, con la scarpa da barca e invoca il giusto riposo: “Giovedì, si chiudono i lavori”. Il segreto o il secchiello di stato?