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La gauche nel Mulino

Israele, economia, lavoro. Pombeni ci spiega cosa rischia una sinistra ostaggio di un passato tossico

Marianna Rizzini

La storia eterna della sinistra è essere "divisa tra ‘sta crollando il mondo e non riusciamo a farci niente, ma almeno diciamo che va tutto storto e che prima o poi deve arrivare la resurrezione globale’, e quello del ‘le cose non ci piacciono ma abbiamo la capacità per cambiare le cose". Parla il direttore del Mulino 

Accade in questi giorni al Mulino, associazione e rivista emblema della sinistra bolognese e non solo: tra i soci e ai vertici si discute, e con toni accesi, a proposito di Gaza e della definizione di quello che è avvenuto dal 7 ottobre a oggi, con dissociazione di 22 docenti e scrittori da un articolo del professor Sergio Della Pergola e con il direttore del Mulino e storico Paolo Pombeni che cerca invano di mediare, puntando infine contro “la disperazione di tanti intellettuali che, non potendo cambiare il mondo, si scaricano agitando prese di posizione contro le iniquità della storia”.  Ma la spaccatura interna al Mulino fa da specchio alla sottile linea che vede contrapporsi due sinistre, due visioni, due armamentari lessicali. Il consiglio direttivo dell’associazione ieri si è riunito e si attende per oggi una comunicazione ufficiale dei soci (motivo per cui Pombeni si dice vincolato a non anticipare contenuti e decisioni in merito). Parla invece, lo storico, del più generale stato della sinistra in Italia, con i suoi limiti, le sue potenzialità, le sue prospettive. Del fatto che quando si dice qualcosa fuori dal coro scattino subito riflessi condizionati, paure e tic. Della presenza di temi e pensieri tabù e di gruppi che si autoalimentano in convinzioni appese a un filo.

“E’ la storia eterna della sinistra”, dice, una sinistra “divisa tra lo stato d’animo del ‘sta crollando il mondo e non riusciamo a farci niente, ma almeno diciamo che va tutto storto e che prima o poi deve arrivare la resurrezione globale’, e quello del ‘le cose non ci piacciono ma abbiamo la capacità, gli strumenti, la pazienza e la tenacia per cambiare le cose’. E’ l’antica spaccatura tra massimalismo e riformismo”. Su alcuni argomenti, oggi, però, in Italia, la spaccatura si è fatta voragine. “La molla è stata la profonda delusione”, dice Pombeni: “Si pensava che l’avvento del Sol dell’avvenire fosse dietro l’angolo, poi si è visto che non era così, in parte anche perché una parte della sinistra si era fatta un’immagine fantasiosa di quello che dovesse essere il mondo sotto il Sol dell’avvenire. E la reazione non è stata ‘vediamo che cosa abbiamo sbagliato’, bensì ‘non siamo stati abbastanza radicali nel pretendere che il cambiamento arrivasse’, come fosse una questione di volontà”. Pombeni va con il pensiero al Sessantotto: “Tutto è possibile, si pensava, ma anche in quel caso c’è stato il reflusso: la rivoluzione non c’è stata”. Oggi, nel 2025, la bestia nera sembra essere la politica internazionale.

“La politica internazionale da questo punto di vista è un argomento tipico, è il campo in cui non si può agire a forza di colpi di mano. Le cose avvengono lentamente, in maniera complessa, attraverso contaminazioni, cambiamenti, continui reindirizzi”. “E’ una cosa faticosa che presuppone il sapersi caricare sulle spalle la difficoltà di spiegare. E che per essere risolta pretenderebbe la presenza di un leader carismatico. Ma, come diceva Max Weber, non te lo puoi inventare”. Che cosa manca alla sinistra italiana? “L’individuazione dei bisogni profondi delle persone, il capire che l’uomo vuole una vita con il minor tasso possibile di angoscia. Oggi per esempio si parla di lavoro ‘povero’, una situazione in cui le aspettative di benessere non riescono più a essere soddisfatte attraverso i normali guadagni. Lo stesso problema si era presentato tra Ottocento e Novecento, quando è stato inventato il welfare per l’operaio che non poteva, con il suo reddito, pensare a salute, scuola dei figli, cura dei genitori anziani, sostegno durante gli anni della vecchiaia. Una soluzione progressista condivisa anche dai conservatori, si veda Bismarck”.

Oggi però, dice Pombeni, “l’enorme espansione del welfare sembra produrre diseguaglianza: il suo intero costo non è più sostenibile, non si riesce a redistribuire, ma nessuno vuole rinunciare. Invece di concentrarsi su come risolvere questa situazione, la sinistra si rifugia nell’idea che sarebbe bello poter tornare al mitico mondo in cui tutti possono avere tutto. Invece bisognerebbe avere il coraggio di dire che non è possibile, e pazienza se all’inizio gli applausi non arrivano. Sono i grandi problemi della governabilità e del progresso”. Che non è una parolaccia. “Appunto”. E’ ottimista, Pombeni? “La calma piatta è sempre l’anticamera di un’ondata di rinnovamento. E questo spiega anche l’estremismo di oggi, in questo momento così aggressivo perché sente che sta arrivando la fine della sua epoca. Sarà un processo lento, ma succederà”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.