
Ansa
Tra roma e bruxelles
Tajani difende von der Leyen ma sa che i dazi sono un problema. Il piano per le imprese
“La Commissione ha fatto il suo dovere”, dice il ministro degli Esteri che riunisce le realtà imprenditoriale alla Farnesina. Istituita una task force permanente. E sulle regionali dice: "No alla lista Zaia in Veneto"
“La Commissione ha fatto il suo dovere”, dice Antonio Tajani. Come da copione Matteo Salvini attacca l’Europa e la presidente della Commissione e lui, l’altro vicepremier, si schiera dall’altra parte. Difende Ursula von der Leyen e il posizionamento europeista di Forza Italia. “L’accordo – spiega in mattinata il ministro degli Esteri – è positivo perché chiude una stagione di incertezza ed evita una guerra commerciale. I dazi al 15 per cento? Sono assolutamente sostenibili per il sistema europeo e quindi italiano”. Più tardi sfumerà un po’ le sue considerazioni. All’indomani dell’intesa trovata in Scozia, Tajani prova a vedere il bicchiere mezzo pieno, ma sa bene che in realtà le tariffe di Trump possono fare molto male. Per questo chiede l’intervento della Bce, “il quantitative easing”. Mentre ieri pomeriggio ha riunito alla Farnesina le realtà imprenditoriali: il ministero ha istituito una task force permanente sui dazi.
Antonio Tajani parla dalla sede di Forza Italia. Si presenta l’ultima tappa degli Stati generali del Mezzogiorno. Da venerdì il partito si trasferisce a Reggio Calabria per tre giorni. A settembre arriverà anche il nuovo Manifesto per la libertà – “aggiornato al Terzo millennio”. Ma ieri era il giorno dei dazi e mentre Salvini se la prende con Bruxelles, Tajani si ritrova a dover a difendere l’operato della presidente della Commissione, del Ppe. Nella maggioranza va così e nel corso della giornata emergono sfumature un po’ diverse rispetto al comunicato congiunto sottoscritto domenica.
“I dazi al 15 per cento? Un accordo positivo. La trattativa è ancora in corso per i dettagli. Il rischio era di avere una situazione anche peggiore”, dice Tajani, ricordando che tutta l’Ue ha sottoscritto il piano. Ma certo i toni non sono quelli di inizio luglio quando, in partenza per Washington, ostentava un cauto ottimismo: “Lavoriamo per i dazi zero”. Quando i suoi chiedevano all’Ue di trattare a testa alta, di non accettare misure che avrebbero “colpito le nostre imprese in modo sproporzionato”, come aveva spiegato per esempio il sottosegretario forzista Matteo Perego. Ieri in qualche misura Tajani ha dovuto dissimulare. Von der Leyen poteva ottenere un risultato migliore? “Si poteva fare di più per l’Europa”, ammette Gasparri. “Ma come in tutte le vicende umane, poteva anche venire peggio perché a un certo punto si parlava anche di tariffe al 30 per cento”. La responsabilità è per lo più del presidente americano. “Disapprovo totalmente la condotta di Trump, che vorrei studiasse i discorsi di Reagan contro i dazi”, attacca il capogruppo in Senato prima di rilanciare l’ipotesi di una tassa per i colossi del web. “E’ una vergogna quanto si stiano arricchendo. Il mondo digitale va tassato, è un dovere democratico. Trump per fortuna passerà”. Ma intanto i dazi restano e secondo alcune, prime stime costeranno alle aziende italiane oltre 20 miliardi di euro. Confindustria lancia allarmi. Altre mazzate potrebbero arrivare su quei beni esclusi dall’intesa siglata domenica. E poi ci sono ancora i vini e i contorni di un accordo non ancora chiaro e che intanto resta soggetto ai continui sbalzi di Trump. Ma come si fa a trattare con un interlocutore del genere? Tajani allarga le braccia: “E’ il presidente degli Stati Uniti, eletto dagli americani”, dice al Foglio. Non c’è altra scelta e l’Ue fa quel che può. Cioè poco, almeno in questa fase. “Quello comanda il mondo”, aggiunge l’altro capogruppo Paolo Barelli. Mentre Letizia Moratti dice che “certo, tra storici alleati atlantici, sarebbe stato meglio siglare un patto a dazi zero”.
Così, al di là dell’europeismo, tocca pensare a come limitare i danni. Ieri alla Farnesina si è tenuta una riunione con i rappresentanti del mondo imprenditoriale – da Confindustria a Federacciai fino a Federvini e Farmindustria (e non solo) – per “sapere da loro cosa serve per sostenerle”. E’ questa la priorità, ha assicurato Tajani, che ha istituito una task force permanente. Si spingerà inoltre sul Piano d’azione per l’export nei mercati extra-Ue. Il Mercosur resta una opportunità. Mentre sul fronte internazionale: “Il nodo principale da affrontare è il rapporto tra euro e dollaro, che si è svalutato del 17 per cento. Più dei dazi, è lì che bisogna incidere”. La ricetta di Tajani chiama in causa la Bce. “Ridurre ancora il costo del denaro, come durante il Covid. Siamo al 2 per cento, si può arrivare a zero, e pensare al Quantitative easing”. Poco dopo anche il ministro degli Affari europei Tommaso Foti rilancia la proposta. Tra le altre misure per le aziende, Tajani ha poi auspicato la modifica dello Sme supporting factor – un meccanismo europeo per agevolare il credito alle Pmi. “Portiamolo da 2,5 milioni a 5 milioni. Tocca però alla Bce fare le valutazioni”.
Sullo sfondo restano le regionali. A stretto giro non sono previsti incontri tra i leader di centrodestra. Al momento l’unica certezza è Francesco Acquaroli nelle Marche. Si cerca la quadra in Campania e in Puglia. Ma è il Veneto la partita più difficile e rischia di avere ripercussioni fuori regione. E ieri Tajani ha detto in modo chiaro quello che era nell’aria: no a una lista Zaia. “Non è una buona idea. Se si fa una lista diversa dal proprio partito, è un po’ singolare”.