
La sindaca di Genova Silvia Salis (foto ANSA)
nimby
La sinistra che impazzisce sull'ambiente ora ha il suo elettorato di riferimento: mamme alla curcuma e padri alla quinoa
Un tempo si rivolgeva alle masse lavoratrici, alle classi subalterne e agli operai in fabbrica. Oggi vuole tassare cibi e bevande dolci, con scaglioni fiscali secondo dolcezza e si scaglia contro i termovalorizzatori, dalla Liguria fino alle Marche
Ricorderanno molti bumerz (chi scrive lo è), e alcuni lo ricorderanno perfino con rimpianto, che una volta a sinistra c’erano il servizio d’ordine della Fiom, c’erano il Pci nuclearista e il fisico dell’atomo Bruno Pontecorvo, il Psi-pre-Bettino esibiva il Capitale di Marx nell’emblema e propugnava la nazionalizzazione elettrica, le giunte rosse costruivano inceneritori municipali. Una sinistra seria che parlava alle masse lavoratrici e alle classi subalterne. Oggi quella che si dice sinistra parla non più agli operai in fabbrica né ai braccianti a cottimo, bensì si rivolge alle mamme alla curcuma e ai padri alla quinoa organica. Qualche esempio di politica velleitaria. Eleonora Evi, una parlamentare già cinque stelle, già bonelliana, oggi nuova leva del Pd, insieme con un’altra giovane leva del Pd, Marco Furfaro, ha proposto una legge per tassare cibi e bevande dolci, con scaglioni fiscali secondo dolcezza, tipo Irpef. Poiché parla ai genitori consapevoli, sono esclusi dalla più amara delle tasse i prodottini artigianali. La nuova sinistra della curcuma e della quinoa si esprime ancora meglio quando parla contro i termovalorizzatori (vulgo “inceneritori”): con velleità rifiuti zero ecco Silvia Salis (Genova), ecco Stefania Proietti presidente dell’Umbria, ecco Matteo Ricci candidato alla Regione Marche. Dove ci sono termovalorizzatori, lì le raccolte differenziate funzionano meglio, lì il riciclo dei rifiuti è più efficiente, lì le discariche spariscono e lì i cittadini pagano una tariffa rifiuti più sobria.
Lo smog cala subito perché il calore prodotto va a scaldare le case al posto di caldaie e scaldabagni, come avviene a Torino, Milano, Brescia, Parma e in altre città del Nord dove la qualità dell’aria è migliorata di colpo. Al contrario dove gli impianti di ricupero energetico sono respinti dalle velleità nimby, là i cassonetti diventano discariche stradali, l’immondizia viene esportata, le caldaie domestiche senza controllo pompano più fumi nei polmoni dei cittadini e il popolo è costretto a pagare tariffe rifiuti più orgogliose. Dicono gli economisti Massimo Beccarello e Giacomo Di Foggia in uno studio illustrato giorni fa dal Cesisp UniBicocca: la tassa rifiuti è più bassa al Nord mentre al Sud e in parte del Centro Italia è più cara “soprattutto nelle aree dove la dotazione impiantistica è ancora insufficiente”. Già, la dotazione impiantistica. Tradotto, i termovalorizzatori. Aggiungono i due economisti: per pagare meno bisogna “garantire il trattamento in loco, evitando costosi trasporti extraregionali”. Appunto, servono termovalorizzatori. Non è un caso se dal Rapporto rifiuti urbani dell’Ispra emerge che la raccolta differenziata funziona meglio dove è associata a inceneritori, che danno efficienza al servizio. In coda, le regioni nimby.
Caso Genova. La sindaca Salis si è già espressa contro il progetto di un termovalorizzatore. Problema: dal punto di vista ambientale la Liguria non fa parte dell’Alta Italia bensì da sempre si colloca nel Mezzogiorno. Per esempio, la raccolta differenziata è appena al 58,3 per cento, compresa meno della Puglia e a ridosso della Campania, contro un obiettivo minimo europeo del 60 per cento che avrebbe dovuto raggiungere nel 2011, cioè ai tempi remoti del governo Monti. Caso Umbria. La soluzione individuata da Stefania Proietti è cancellare il piano rifiuti della giunta precedente, imporre il limite di cento chili di rifiuti per abitante l’anno e arrivare senza termovalorizzatori al 75 per cento di raccolta differenziata. Caso Marche. Quand’era sindaco di Pesaro, e il problema dei rifiuti bussava alla porta del suo ufficio in piazza del Popolo, Matteo Ricci parlava della necessità degli impianti. Ma ora, in campagna elettorale per le elezioni regionali previste in autunno, Ricci non parla al popolo: “Dobbiamo essere chiari, nel nostro programma non c’è spazio per un inceneritore”. Parla alla sinistra della quinoa biologica.