
(foto LaPresse)
il caso
Pd in cortocircuito: sta con i ricercatori, ma quando il governo ne accoglie le richieste accusa il governo
I dem si scagliano contro la tassazione delle borse di studio: che però era stata chiesta dall'Adi come disicentivo e per preferire il tanto difeso contratto di ricerca. Segno che il partito si muove più per fare opposizione fine a se stessa che altro
Il Partito democratico è così interessato a fare un’opposizione fine a se stessa che è capace di dire tutto e poi esattamente il suo opposto, pur di attaccare il governo e la maggioranza. Una prova? Le posizioni sempre più contraddittorie assunte dai dem e l’oramai evidente cortocircuito prodottosi a sinistra su un tema molto specifico come la ricerca universitaria. E che però rendono evidente un galleggiamento senza alcuna reale cognizione delle migliorìe da apportare nel confronto tra maggioranza e opposizione. Come del resto, invece, si converrebbe a una forza politica che ha dalla sua una solida cultura di governo.
La storia è la seguente: dopo aver per mesi difeso il contratto nazionale di ricerca come unico strumento per inquadrare i ricercatori universitari, in spregio alle richieste della comunità scientifica italiana che chiedeva di adottare forme contrattuali più flessibili, comparabili al contesto europeo, per aiutare gli stessi ricercatori, adesso il Pd, per bocca del senatore Francesco Verducci, critica il governo per una misura che il ricorso a quel contratto indirettamenre lo vorrebbe favorire: la tassazione delle borse di studio. Una misura che infatti nel corso dei mesi passati era stata caldeggiata soprattutto dall’Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia (Adi), che in un documento di aprile aveva proposto più o meno la stessa cosa: l’eliminazione di una corsia preferenziale dal punto di vista fiscale che potesse essere visto come un’incentivo a usare le borse di studio invece che il contratto nazionale, che l’Adi ha sempre rivendicato come l’unico strumento da implementare e rafforzare per eliminare il problema del precariato tra i ricercatori universitari.
“Con l’ultima norma inserita nel decreto scuola, il governo Meloni e la ministra Bernini infliggono un altro colpo al mondo della ricerca, già abbondantemente messo in stato di soffocamento. Da oggi le borse di studio post laurea per attività di ricerca, che fino a ieri erano esenti da tassazione, vengono assoggettate a Irpef come fossero redditi da lavoro, senza però garantire ai borsisti alcuna tutela, alcun diritto”, denuncia allora Verducci, che fu il firmatario dell’emendamento che introdusse il contratto nazionale di ricerca all’epoca del governo Draghi e della ministra Messa. “È un provvedimento gravissimo, che colpisce la parte più fragile, più esposta, più precaria dell’università italiana. Giovani ricercatrici e ricercatori che già vivono in una condizione di incertezza, privi di diritti, vedranno ulteriormente eroso il proprio reddito da una tassazione non prevista per queste categorie. È l’ennesima dimostrazione di quale sia l’idea di università e ricerca di questo governo, nonché del fatto che il sistema avesse già strumenti di reclutamento a basso costo e privi di regole: non avevamo bisogno della cassetta degli attrezzi della precarietà della ministra Bernini, ma di aumentare reclutamento e investimenti”, ha insisitio il senatore dem. E dire che contro le storture del solo contratto nazionale di ricerca lo stesso Verducci insieme ad altri colleghi del Pd aveva proposto degli emendamenti migliorativi. Proposte però subito frenate dal responsabile Università della segreteria Schlein, Alfredo D’Attorre, che ha sempre preferito portare i dem sulla linea dell’opposizione dura e pura. Rifiutando qualsiasi compromesso (come detto, richiesto anche da grandi nomi del mondo accademico come il fisico premio Nobel Giorgio Parisi o il presidente dell’Accademia dei Lincei Carlo Antonelli). Anche il tempismo si porta dietro qualche ulteriore domanda. Contro le novità più flessibili introddote dal governo nei vari passaggi parlamentari, come gli incarichi di ricerca e i post-doc in aggiunta al contratto nazionale, i sindacati più battaglieri (compresa la Cgil) hanno intrapreso una serie di battaglie trascinando il governo davanti alla Commissione europea con tanto di esposti per presunta violazione delle missioni del Pnrr. E in questa temperia i dem che fanno? Se la prendono con il governo. In una peculiare operazione di cherrypicking: in cui se l’esecutivo per una volta segue le indicazioni e i suggerimenti delle associazioni e dei sindacati che il Pd dice di voler ascoltare, la colpa è sempre del governo. Buono a sapersi.



dopo il caso Kaufmann