
(foto Ansa)
l'editoriale del direttore
La svolta di Meloni a favore del riarmo e contro il pacifista collettivo di destra e di sinistra
Difendere l’Italia dagli stati canaglia e dai loro cavalli di troia. In un colpo solo la premier molla uno schiaffone ai nostalgici del putinismo della sua coalizione e ai pacifisti anti Nato dell’opposizione
Senza difesa non c’è sicurezza. Senza sicurezza non c’è libertà. E senza sicurezza e libertà non ci sono né benessere né prosperità. Il passaggio più importante del discorso tenuto ieri alla Camera dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni in vista del Consiglio europeo, è quello che si trova a metà dell’intervento, quando, dopo una serie di slalom per evitare di apparire troppo europeista agli occhi di Trump e troppo trumpiana agli occhi dell’Europa, Meloni arriva al punto e decide di sfidare il pacifista collettivo. Sia quello di sinistra, sia quello di destra. Il capo del governo, muovendosi su una linea più simile a quella delineata da Macron e Merz nell’editoriale sul Financial Times (“l’Europa si armi in un mondo instabile”) che a quella delineata da Sanchez (le spese militari non si aumentano troppo), dice che occorre prendere sul serio la minaccia trumpiana. E dice che in vista “della possibile riduzione del contributo in termini di forze e capacità da parte degli Stati Uniti” occorre non nascondersi e “prendere atto della valutazione aggiornata che la Nato fa delle minacce e dei rischi per l’Europa”. In un colpo solo, Meloni molla uno schiaffone ai nostalgici del putinismo della sua coalizione, ai pacifisti anti Nato dell’opposizione e a tutti coloro che di fronte al riarmo degli stati canaglia si occupano solo del riarmo difensivo dell’Europa.
Al vertice della Nato che inizierà oggi all’Aia, dice, l’Italia confermerà l’impegno “ad arrivare al 3,5 per cento del pil in spese di difesa e all’1,5 per cento del pil in spese di sicurezza”. Nel j’accuse della premier contro il pacifista collettivo, vi sono altri elementi importanti. Sull’Iran, Meloni invita tutti ad “abbandonare ambiguità e distinguo”. Lo fa pensando alla necessità di lavorare a livello europeo per spingere l’Iran a “evitare ritorsioni contro gli Stati Uniti e a cogliere l’opportunità di un accordo con Washington sul proprio programma nucleare”. E lo fa dicendo quello che il mondo progressista fatica a dire con chiarezza per paura di essere percepito come una forza filo Israele: “Un Iran come potenza nucleare non rappresenterebbe solamente un pericolo vitale per Israele, ma avvierebbe una rincorsa a dotarsi di armi atomiche da parte degli altri attori dell’area, innescando un effetto domino molto pericoloso anche per noi”. Meloni, dando un dispiacere a Trump, oltre che a tutti gli utili idioti del putinismo progressista, dice anche altro. Dice che per arrivare a una pace in Ucraina non bisogna limitare la potenza di fuoco di Kyiv ma occorre invece “esercitare sulla Russia una pressione coordinata”. E dice che per farlo, la premier dando un dispiacere probabilmente all’internazionale dei Patrioti guidata dalla Salvini Associati, occorre muoversi rapidamente per approvare “il diciottesimo pacchetto sanzionatorio attualmente in discussione a Bruxelles”. Prendere sul serio le minacce che puntano ai confini dell’Europa significa fare tutto il necessario per difendersi, dove difendersi significa investire tanto nella sicurezza dell’Italia quanto nella difesa dell’Europa. E lo dice, Meloni, mettendo al centro dell’attenzione il prossimo fronte su cui l’Italia e l’Europa rischiano di mostrare la propria vulnerabilità: la Libia. Per Meloni, la Libia non è più solo centrale per questioni legate al dossier immigrazione. E’ centrale perché, dice la premier, “una Libia debole e frammentata è destinata ad attrarre sempre più le ingerenze di potenze straniere portatrici di interessi strategici diversi dai nostri”. E quando Meloni parla di ingerenze straniere, il primo pensiero ovviamente è alla Russia di Putin. Difendere la sovranità dell’Italia scommettendo su un’Europa più forte, un riarmo più veloce e un apparato militare all’altezza delle sfide della contemporaneità. Non è un’agenda di destra. E’ l’unica via possibile per difendere l’Italia non solo dagli stati canaglia ma anche da chi giocando con il pacifismo sogna di spingere l’Italia a sventolare la bandiera della resa al posto di quella della Nato.


le comunicazioni alla camera
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