
Il caso
Meloni frena sul coinvolgimento dell'Italia nella guerra all'Iran. Ciriani: "Prima il voto delle Camere"
Tornata dal G7 la premier attende gli sviluppi dell'offensiva annunciata da Trump. Il filo con il Quirinale, le regole d'ingaggio, le basi usa nel nostro paese
L’avanzata di Trump in Iran, la guerra che diventa globale e il possibile coinvolgimento dell’Italia: sono argomenti che accompagnano la fine del G7 in Canada. Pensieri in valigia che la premier Giorgia Meloni ritrova ancora intonsi appena atterrata a Roma. La sensazione che qualcosa stia per accadere è palpabile. E’ il momento dell’attesa e degli scenari. Ma anche della consapevolezza sul modus operandi in caso di chiamata anche per l’Italia. Dice al Foglio il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani: “Qualsiasi coinvolgimento del nostro paese passerà da un voto del Parlamento. Non ci sono dubbi. Lo dico perché conosco come lavora il ministro Guido Crosetto”.
Ciriani non ha notizie di una allerta delle basi americane in Italia, ma espone un pensiero logico. Che sembra banale, ma che diventa denso visto il momento. “Davanti a casi come questi, parlo citando i precedenti, è naturale che ci sia un dibattito alle Camere e un voto. Nel caso poi del ministro della Difesa mi sento di dire che sarebbe, ripeto sarebbe al condizionale, così”. E’ una prassi che condivide anche il titolare della Difesa e che arriva su per li rami fino a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni e ancora più su fino al Quirinale dove siede un capo dello stato, Sergio Mattarella, che fu anche ministro della Difesa oltre che attuale capo delle Forze armate nonché colui che presiede il Consiglio supremo di difesa. I Palazzi che contano per un giorno restano in silenzio. I telefoni, a partire da quello di Giorgia Meloni, no. La premier salirà al Quirinale martedì per il consueto pranzo che accompagna i consiglieri europei (e prima in questo caso del vertice Nato dell’Aia). Non è bizzarro pensare che possa sentire o incontrare il capo dello stato prima di quel giorno, soprattutto se la situazione in Iran dovesse precipitare. Già ieri questa ipotesi circolava come acquisita nella solita nebbia di messaggi senza risposta e “non penso” che sia accaduto.
Sullo sfondo resta il ruolo delle basi americane in Italia. E dell’eventuale ruolo che potrebbero giocare in un attacco degli Usa all’Iran. I luoghi sono noti: Sigonella, Napoli, Aviano, Vicenza. Tutti hub con precise specificità strategiche: dagli aerei ai sommergibili passando per i paracadutisti. Il ruolo dell’Italia semmai sarebbe quello di attivare queste basi per i rifornimenti dei caccia americani. Ma sono teorie scolastiche. Che il governo Meloni frena con forza, nell’attesa di cogliere gli sviluppi del conflitto in medio oriente. Nessun passo in avanti. Solo ragionamenti di scenari e di metodo, nella speranza che la via diplomatica abbia la meglio portando il conflitto a una de-escalation. Intanto in Europa succedono cose: Francia, Germania e Gran Bretagna spingono per dialogo sul nucleare, ma si dicono pronte. Ieri Macron ha convocato il consiglio supremo di difesa, la ministra della Difesa spagnola, Margarita Robles, ha confermato l’arrivo di bombardieri e aerocisterne statunitensi presso le basi di Moron e Rota. L’attesa e la consapevolezza si mischiano alle regole d’ingaggio: “Prima del coinvolgimento dell’Italia servirà l’autorizzazione del Parlamento”.