
cortocircuiti
Il Pride in tilt su Gaza
Paola Concia e Vladimir Luxuria commentano le bandiere palestinesi al corteo Lgbt
“La bandiera della Palestina al corteo Lgbt mi sembra un brand”, dice Paola Concia. Che poi aggiunge: “Io quella bandiera la capisco, per carità. Il movimento è sempre stato pacifista. Solo mi domando: perché la madrina del Pride, Rose Villain, non ha impugnato anche la bandiera ucraina? Perché non una sola parola, in quel corteo, è stata spesa contro Hamas? Perché si sventolano vessilli e non si dice delle condizioni di vita in cui versano gli omosessuali palestinesi nella loro terra?”.
Domande, queste di Concia – ex deputata del Pd, oggi coordinatrice di Didacta Italia – che sottintendono un cortocircuito. Un groviglio di contrasti, per chi di Pride ne ha visti tanti ma non ne frequenta più (almeno non in Italia), che sottoponiamo adesso a un’altra veterana ed ex parlamentare di Rifondazione comunista: Vladimir Luxuria. Lei che all’ultimo corteo era invece presente. In prima linea. Figura chiave del tripudio arcobaleno. Cosa pensa, l’ex onorevole, di Rose Villain? Come legge la sovrapposizione tra diritti civili e pacifismo? “Io, personalmente, rivendico la presenza di quella bandiera – dice al Foglio Luxuria – la rivendico perché siamo umani, abbiamo a cuore la vita, e niente può giustificare la strage in corso. Tuttavia, è vero. C’è una certa ipocrisia, che va evitata sempre, in ogni caso”. Qual è l’ipocrisia? “In Palestina essere omosessuali o trans è un dramma perché c’è una legge di derivazione inglese, risalente all’epoca coloniale, che qualifica la sodomia come reato. Gli omosessuali palestinesi sono insidiati fuori e dentro i confini. E questo non dev’essere dimenticato. Non giustifico Netanyahu, ma bisogna stare attenti a non far finta che non ci sia un problema di omofobia in Palestina o, peggio, a confondere il popolo ebraico con il governo israeliano”.
E’ quanto accade in tali contesti? “Altroché”, risponde Paola Concia. “Gli ebrei di Keshet hanno partecipato al Pride, quest’anno. E per fortuna. Ma li hanno dovuti accettare. Hanno dovuto mandare giù il rospo. La verità è che il movimento è molto cambiato: si è radicalizzato, per questo si vedono solo bandiere palestinesi. Ormai è un movimento di estrema sinistra, con una piattaforma strampalata. Che combatte la guerra e non dice una parola, neppure sobria, sulla barbarie di Hamas e la violenza contro le comunità Lgbt. C’è una grande confusione in questi movimenti, che mettono insieme tutto e il contrario di tutto. Anche se su un punto non si smentiscono mai”. Su quale punto non si smentiscono? “Relegano sempre l’ebreo all’ultimo posto. Perciò io al Pride ci vado, ma in Germania, dove certi spettacoli non si vedono”.
Luxuria, che al Pride partecipa in Italia, pensa da par suo che gli organizzatori abbiano piena contezza di quel che accade nei paesi dove l’omofobia è punita con la pena capitale. E al Foglio risponde: “Io la combatto ovunque si annidi. In qualunque nazione venga istituzionalizzata. Contro l’omofobia manifestai nel 2008, con un cappio al collo, perché in Iran avevano giustiziato per impiccagione degli omosessuali. Ho sempre condannato queste nazioni. D’altro canto dico, con franchezza, che l’omofobia è un germe presente ovunque, anche in Israele, benché sotto questo profilo sia più avanti di tutti, benché Tel Aviv sia un mondo a parte rispetto a Gerusalemme”. Lei, Luxuria, ha una visione d’insieme. Vale lo stesso per i manifestanti in piazza? O c’è invece, come dice Paola Concia, una certa confusione? “Posto che i diritti civili non si esportano con le bombe, io rimarco la necessità di una visione d’insieme. Difendo Gaza eppure ricordo quanto gli ebrei siano stati preziosi per il nostro movimento. Penso a Wicky Hassan, fondatore di Sixty, che ci ha sostenuto. Penso al lavoro di Deborah Di Cave, presidente del Circolo di cultura omosessuale. E ancora al proprietario del Qube, Shlomo, fautore delle feste di Muccassassina. Quella bandiera si può sventolare, ma che non si confonda mai la condanna della guerra con il popolo ebraico e con i tanti ebrei che hanno sostenuto il nostro movimento”. "Penso solo ad Angelo Pezzana", fa eco Concia, dubitando che i manifestanti lo ricordino.


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