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Camere di vanità

Ginevra Leganza

Dai leghisti agli eventi di moda alle parlamentari smaniose per il parrucchiere a Montecitorio. Catalogo di frivolezze romane

Governo delle mie brame, chi è il più vanitoso del reame? Viste allo specchio maggioranza e opposizione si somigliano. Nei tic, nei bisogni. Forse secondari ma non superflui. Insomma nella Recherche che non è quella del tempo perduto, ma del sollazzo ritrovato. Ed ecco quindi come fra ricci, capricci, cravatte e diete, prenda oggi forma il governo di vanità nazionale. Una cornucopia di bellezze. Un emiciclo di vizi. Tra intramontabili karaoke, astri e healthy food.

 

Carroccio stellato, ampolle rivisitate

Nato sotto il segno dei pesci, Matteo Salvini lo ispirano gli Astri. Altro che stella cadente. Altro che Salvini precipitato nei sondaggi. Il segretario, cocchiere del Carroccio, ascende ai piani alti della Rinascente romana. Dove due signori milanesi, gli stilisti di Elios, si cimentano nella lettura dei quadri astrali. Solo qualche sera fa, in via del Tritone, il vicepremier era infatti insieme all’ex senatore Armando Siri, la sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni, il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, quello alla presidenza del Consiglio Alessandro Morelli. Tutti sotto il segno dei pesci, come canta Venditti, e di Elios: nuova linea di accessori di Matteo Alessi e Leonardo Gatto dedicata ai segni zodiacali. Nulla di nuovissimo, è chiaro, se parliamo di moda in sé (già Schiaparelli lanciò la collezione “Astrologia” nel ‘38, già Chanel ebbe la sua ossessione per la numerologia e per il 5, già Dior fu cliente fisso di cartomanti e ispiratore della collezione haute couture 2021 dedicata ai tarocchi). Nulla di speciale se, in punta di vanità, ci riferiamo a cravatte e foulard. E però qualcosa di nuovo se parliamo di Lega stellare. Giacché è forse l’ultimo capitolo, questo, del Carroccio da tardo impero. Della Lega vanitosa che beve vino, spilluzzica volauvent, ride, sorride, e senza più remore – ormai da decenni – s’abbandona alle rapine di Roma ladrona. Ai gelati, al sole, a Elios, al vino bianco e alle vongole; smemorata di pianura padana, riflessione, rigore e puritanesimo come pure accade sovente qui sotto, in piazza Campo Marzio, da PaStation. Nel locale ormai cult dei Verdini dove – a proposito di lucori e vanità – il giovane vicesegretario leghista, Andrea Crippa, innamorato dell’ex sex symbol Anna Falchi, scende dall’auto brillante di brillantina per uno spago al pomodoro.

“Lascia il segno”, comunque, era il titolo dell’evento in via del Tritone, alla Rinascente, con i giovani stilisti dello Zodiaco. Il tema natale veniva riferito a chiunque andasse a consultare l’oracolo, ossia la grande ruota al centro della scena. Pare che gli astanti non abbiano esitato. Del resto, c’era da domandare parecchio tra dopo-Zaia, fronde, viaggi in America, “dall’omologo Vance”, nuovi vicesegretari, generale Vannacci, e, non ultimo, il mai dimenticato Viminale. Perduto amor. C’era da domandare parecchio e da affidarsi, davvero, alle stelle. Se non altro perché “quando i calcoli astrusi si dimostrano falsi – lo scriveva Yourcenar nel suo libro romano – quando persino i filosofi (o Gianfranco Miglio) non hanno più nulla da dirci, è scusabile volgersi al cicaleccio fortuito degli uccelli, o verso il contrappeso remoto degli astri”. Specchi di brame lontane.

Sicché, se Giorgia Meloni, nelle sue biografie, giustifica l’animo volitivo sotto il segno del capricorno, l’altro – che non è un altro partito ma un altro pianeta, e segno d’acqua – fluttua come un pesce nelle ampolle romane. Ed è sempre il rito dell’ampolla, si capisce, ma rinato. Il rito dell’ampolla alla Rinascente.

 

Il dio del Karaoke

Dagli uccelli in volo agli usignoli sui rami. Silvio Berlusconi aveva Mariano Apicella, Elly Schlein ha la Turci. Paola Turci. Ospite d’onore, insieme a J-Ax, dei suoi primi quarant’anni. E se dunque furono in principio Charles Aznavour e Trenet, ecco che oggi, con Fedez ai congressi di Forza Italia per discettare di alprazolam, il testimone della vanitas canora lo raccoglie Elly Schlein.

Nemesi storica? Infido karma? No. E’ solo il dio del Karaoke. Il nume del canto che in Italia, come il dio dell’amore in Platone, unisce l’alto e il basso, il ricco e il povero, Silvio e Travaglio. E non ultimo – in un salto generazionale, più che di specie – il presidente e la segretaria. Elly e Berlusconi.

Schlein, il mese scorso, festeggiava il suo quarantesimo compleanno in un locale del quartiere romano Testaccio: cliché. Con una festa a sorpresa organizzata dalla fidanzata Paola Belloni, dove tra amici di Bologna e poetesse femministe svettavano, a proposito di canzoncine, due amabili silhouette. Due Aznavour o Trenet pronti a intonare (o rappare) con la segretaria che in un’altra vita, a proposito di vanità e velleità, avrebbe voluto fare la regista. I suoi Apicella erano quindi J-Ax, il rivale di Fedez (ospite di FI), e Paola Turci, già moglie di Francesca Pascale (ex delle ex: sempre FI).

Turci, dopo il divorzio dall’ex di Berlusconi, si rinfrancava quindi alla festa di Elly. Come per contrappasso, infido karma, nemesi storica, o la forza del karaoke. Si consolava ai primi quarant’anni di Schlein che più di Pascale (erede solo materiale) è oggi l’erede spirituale di Berlusconi. Attenta lei alla palette dell’armocromista come lo fu lui al cerone del visagista. Amante come lui delle feste, e soprattutto avvezza al canto. “Senza troppi pensieri – dice l’intramontabile omelia di Delpini – e senza troppe inquietudini”. A tal proposito, la stampa amica, con affetto e di nascosto, chiama Schlein “Iridella: la guardiana del Paese Arcobaleno”.

 

Belli dentro. I narcisi della flora batterica

Corrispondenze tra macro e microcosmo. Ponti ideali tra abissi gastrici e buon governo. E’ la vanità dei “belli dentro”. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, per esempio, sa che la salute del mondo – almeno di quello interiore – si costruisce nel laboratorio dell’intestino. Qui dove il corpo appicca i suoi focolai e dove è dunque opportuno richiamare l’attenzione. Ed ecco quindi una conferenza apposita, organizzata due settimane fa dal cappellano del Maeci Marco Malizia, sul “microbiota intestinale” (che poi sarebbe l’insieme di batteri, funghi, virus, protozoi e quant’altri narcisi della flora batterica la quale, si sa, possiede “il sistema nervoso più esteso dopo quello del nostro cervello”, Giulia Enders, L’intestino felice. 2014). Una conferenza tra affari esteri e Roma papalina, ché quando c’è la salute c’è tutto: spirito e materia. Principio ben noto, del resto, non solo alla Farnesina ma pure a Chigi. E cioè al ministro Lollobrigida e alla presidente Meloni che come due asceti – a proposito di spiritualismi – decomprimono a proprie spese lo stress nel vento freddo più che nella dieta. Nel gelo a ottanta gradi sotto zero che non è quello della Prospettiva Nevskij ma della Longevity Suite All’Eur. Quartiere periferico a Roma eppure centrale nella mitopoiesi Lollo-Meloni, dove tra grattacieli quadrati e laghetti artificiali si nasconde, appunto, la crioterapia: trattamento anti-age in cabina antartica per pochi minuti. Anche se qui non parliamo di estetica ma di salute. E cioè di bellezza interiore, con il corpo che è semmai il canto dell’anima. Difatti, tra maggioranza e opposizioni, i belli dentro più socialisti sanno che la vanità non può essere per pochi. Confinata nelle viscere del Palazzo o nelle staminali presidenziali. Essi agognano piuttosto una città di belli. Un diritto alla vanità (semicit. Soumahoro) allargato al popolo. Sicché i “belli dentro” s’animano pure fuori, in provincia, per costruire la loro kallipolis. In quella che si preannuncia un’iniziativa battistrada della Repubblica. Dalla clinic manager (della capa) all’healthy city manager (della “city”). Per un nuovo profilo dirigenziale che la giunta di Sara Funaro del Pd, a Firenze, delinea ex novo per prendersi cura dei cittadini, del loro stile di vita, delle loro virtù alimentari. Un dirigente pubblico, in sintesi, acciocché i cittadini non si facciano “schiavi del loro stomaco” – come prescritto dal fiorentino adottivo Pellegrino Artusi – servi “di questo viscere capriccioso, che si sdegna per poco”. E che è oggi al centro della Repubblica come il colon è al centro del corpo. Macro e microcosmo.

 

La Camera delle donne. Ogni riccio un capriccio

Belli dentro e belle fuori. Nulla pacifica, pettina, districa (soprattutto le idee) quanto le mani del parrucchiere. Dita che tessono capelli e capelli che tessono trame. Dal parrucchiere, per dirla con Carlo Marx, tutto quanto è solido si dissolve nell’aria. Tutto quanto è politica, dialettica, scontro si perde nel vapore d’un phon. Da Roberto D’Antonio, per dire, il parrucchiere delle star sotto Montecitorio – D’Antonio che equivale nella Roma d’oggi ad Antoine nella Parigi di ieri – sono diventate amiche Bianca Berlinguer e Daniela Santanché. Armonizzate, l’una all’altra, come le corde tese d’uno stesso violino. Unite sotto il segno del carré più che dei pesci. Anche perché, come ci raccontò lo stesso D’Antonio, dopo la nomina a ministra, pure la Pitonessa richiedeva capigliature più serie: meno butterfly cut, per intenderci, o scalature sontuose e più morigerati carré (comunque meno corti di quello dell’amica Bianca).

Ma se è vero che il phon pacifica, dopo il parrucchiere sotto la Camera, arriverà forse proprio la Camera delle donne. E cioè Montecitorio stile ninfeo. Perché al servizio barberia, appannaggio dei deputati maschi, si pensa ora d’aprire alle signore (questori permettendo). Alle onorevoli deputate i cui “pensieri spettinati” potranno forse districarsi nel balsamo (che poi la riga vada a sinistra o a destra, non importa: non contano le tinte politiche, qui, ma di cute; o come dire, vade retro ricrescita). La leghista Laura Ravetto, intanto, mette le mani avanti e dice che la Camera “non è un beauty salon”. La meloniana Augusta Mortaruli ai capelli non pensa: “Sono l’ultimo dei miei pensieri”. La pentastellata Alessandra Majorino si nasconde dietro le leggi suntuarie, proposte dal Movimento 5 Stelle, che già smantellarono la barberia del Senato. Eppure l’idea prende piede. Si diffonde come si diffonde il vento del gentil sesso – con la prima “lei” a Palazzo Chigi – nella politica italiana. Tra nursery, parrucchieri e cagnetti (ci arriviamo) sarà davvero, forse, una felliniana Camera delle donne.  Magari simile al sogno della “Città delle dame” dell’umanista Cristina da Pizzano, e cioè simile a “un luogo in cui potersi rifugiare e difendere contro così tanti assalitori”. Un luogo – o no-luogo – che forse parte oggi dal salotto liberty al primo piano. Dalle poltrone dove le donne arricciano il girl power e mettono al bando il “cubismo” dei sessi. Ché col governo di destra la vanità è tutta in un picassiano ritorno all’ordine. E dunque alla messa in piega con riga a destra ovvero a sinistra.

 

L’arca di Ignazio. Uno zoo alla Camera Alta

Più del capello, comunque, tira il pelo. Beninteso: il pelo del pelosetto. Vero gadget intersessuale. E c’è quindi il carlino Puggy di cui padrona – ops mamma – è la senatrice di Noi moderati Michaela Biancofiore. C’è il pastore tedesco Sciara, di cui padrone – ops papà – è il presidente del Senato Ignazio La Russa (La Russa che a Puggy ha consentito l’ingresso a Palazzo Madama). C’è poi il più sfortunato René, yorkshire che l’onorevole Wanda Ferro, sottosegretaria al ministero dell’Interno in quota Fratelli d’Italia, riesce talvolta a portare con sé al Viminale per gentile concessione di Matteo Piantedosi, e che tuttavia incontra l’opposizione – e cioè il pussa via – del meno cinofilo presidente della Camera Lorenzo Fontana. Ci sono loro… I più noti e privilegiati. Ma ecco che se alla Camera si approvano unanimemente leggi (a firma Michela Vittoria Brambilla) che inaspriscano le pene contro la violenza sulle bestiole, tiene sempre banco, al Senato, un antico e rivoluzionario sogno. E cioè l’idea di trasformare la Camera Alta nell’arca di Ignazio (Noè) La Russa. Con gli stessi diritti per tutti. Perché tutti i parlamentari, come tutti gli animali, sono eguali. Un Senato di “non solo cani”, insomma – come vagheggiavano mesi fa le senatrici, poco moderate, di Noi moderati – ma pure di gatti, iguane, conigli nani… Animali e animalisti a carico dello stato che già così, per quel che sappiamo, pongono qualche problema (non tanto etico quanto pratico). Perché – come sempre fanno notare i questori – va bene il cane, stupendo il carlino, ipnotico lo yorkshire… Ma le deiezioni, poi, chi se le appunta al petto? Domanda che suona come un allarme. Quesito che rotola come una patata (o deiezione) bollente dalle mani del presidente al collegio dei Questori. E poi rotola, infine, sino in capo al povero commesso che dice: “Ma il cane mica è mio!”.

 

La Tesla. O le disavventure della virtù

Animalisti coi cani e ambientalisti in elettrico. Vai avanti tu che mi vien da ridere. Dopo Nicola Fratoianni che ne ascriveva la proprietà alla moglie Elisabetta Piccolotti, dopo gli adesivi di Piccolotti con scritto “L’ho comprata prima che Elon fosse pazzo”, dopo tante sterzate e testacoda in autopilot, ecco che della Tesla modello Y (presa in leasing) i coniugi di Avs stanno davvero per sbarazzarsene.

Vero è che Musk è in rotta di collisione con Trump, e non è più tanto nazista né tanto pazzo, come dice lo stampino. Ma l’andazzo a Los Angeles – dove gli adesivi vanno a ruba – suggerisce di vendere il veicolo elettrico. Sicché i coniugi pisani, arrivati in capitale anni fa, insieme, s’accodano adesso al gusto metropolitano che pure un tempo ne suggerì l’acquisto. Un po’ come le belle ragazze provinciali nelle più belle commedie di Molière. Tesla o non Tesla? L’importante è guidare… Les véhicules ridicules.

 

Arrampicati sugli smartphone

C’è Giuseppe Conte che s’improvvisa su TikTok content-creator: a suo agio davanti al display come in conferenza stampa e dpcm. C’è Carlo Calenda che s’aggira su Instagram tra le rovine romane: con occhialone nero à la Woody Allen. E c’è poi l’account del sindaco Roberto Gualtieri: vero vanto della Capitale, del social manager Daniele Cinà, e di tutto l’ufficio stampa. Qualcuno, malignamente, li chiama “oche del Campidoglio”. Ma la riprova del loro successo è presto detta. L’account di Gualtieri – in questo gioco di specchi tra maggioranza e opposizioni – ha prodotto persino un imitatore, Simone Baldelli, che è un ex parlamentare di Forza Italia. Perché il social è così. Come il karaoke. Prende tutti e il contrario di tutti. Ma soprattutto cancella le storture dell’esistente. Offusca il tedio di vivere. Un po’ come il cinema secondo Hitchcock, lo smartphone è la vita senza le parti noiose. E’ dunque Conte senza Grillo. Calenda senza percentuali. E’ soprattutto Roma senza gabbiani.