
Il caso
Meloni alza la Sbarra: rompe la triplice e lancia l'Opa al centro. Tensioni in Cdm sugli ambasciatori, affondo di Giorgetti
L'ex segretario della Cisl diventa sottosegretario con delega al Sud: per la prima volta la premier allarga. In Consiglio dei ministri passano le nomine di Peronaci e Vattani
Non è una nomina ma un colpo di carambola sul tavolo verde della politica e del sindacato: Giorgia Meloni ha scelto l’ex segretario della Cisl Luigi Sbarra come sottosegretario al Sud (delega lasciata a Palazzo Chigi da Raffaele Fitto). E con un colpo la premier manda in frantumi ciò che restava della “triplice” sindacale protagonista e antagonista nei governi di centrodestra durante la Seconda Repubblica: Cgil e Uil da una parte, la Cisl da un’altra. Non solo: con questa mossa – “condivisa con Matteo Salvini e Antonio Tajani” – Meloni prova ad aprirsi un varco nell’elettorato cattolico di centro attraverso un’organizzazione che vanta 4 milioni di iscritti (molti dei quali in Campania e Puglia dove si voterà per le regionali fra pochi mesi). Gigi e Giorgia, storia di un’intesa che dura ormai da anni. Da quando il sindacalista, nella passata legislatura, trovava il tempo in segreto per incontrare al sesto piano della Camera l’allora solitaria leader dell’opposizione nel di lei ufficio. Poi ecco la destra al governo: i distinguo sullo sciopero generale della Cisl, il sì di FdI alla legge cislina sulla partecipazione.
Gigi e Giorgia, Giorgia e Gigi: eccoli ancora sul palco insieme lo scorso febbraio, all’Auditorium della Conciliazione, tra complimenti reciproci, mazzi di fiori e abbracci. Sbarra è andato in pensione due mesi fa e chi l’ha sostituito, Daniela Fumarola, si è mossa nel solco del predecessore. La nomina a sottosegretario ha un tempismo quasi cinico: arriva a quattro giorni dai referendum proposti dalla Cgil (con il silenzio assenso della Uil) e naufragati, come si sa. Tecnicamente è stato ingaggiato “come indipendente” ma se le cose in questi due anni prenderanno un verso giusto chissà che alla fine alle prossime elezioni non vada a costituire la gamba centrista di Fratelli d’Italia, in versione ambiziosa “partito della nazione”. La notizia è piombata sulla politica e sul sindacato. Il M5s parla di “premio fedeltà”, il Pd dice che adesso si capisce “il no della Cisl al salario minimo”. La faccenda al di là dei comprensibili travasi di bile – Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri sono stati colti di sorpresa come alle prese con un inaspettato colpo della strega – ha una sua portata storica. Si è passati dalla pipa di Franco Marini, amatissima nel centrosinistra, alle aperture dialoganti di Raffaele Bonanni verso il Cav. a questa nuova investitura, quella dell’ex ragazzo della Locride, già dipendente Anas, entrato nella squadra del governo della Fiamma. E’ il primo allargamento fattuale, dopo quasi tre anni di governo, della leader di destra. “Vogliamo allargare con questa nomina l’occupazione al mezzogiorno”. Sbarra nella prima dichiarazione ufficiale ha detto tutto d’un fiato: “Negli ultimi anni, grazie all'azione del governo Meloni, il Sud ha conosciuto significativi segnali di ripresa economica, sociale e occupazionale”.
Questione di target, come quelli di cui hanno discusso ieri mattina la premier e Mark Rutte, segretario generale della Nato. Raggiunto il 2 per cento per le spese militari, il capo dell’Alleanza atlantica, alla vigilia del vertice di fine mese all’Aia, è tornato a battere sull’obiettivo del 5 per cento. Un’asticella che calcolata in 79 miliardi di euro (+ 34 miliardi € per raggiungere la soglia del 3,5) fino a 113 miliardi (+68 miliardiper raggiungere quella del 5). Standard per frenare le pulsioni degli Usa nei confronti dell’Europa che troppo vuole e poco dà alla Nato, standard che hanno diverse sfumature anche all’interno della coalizione di governo. Tanto che Matteo Salvini punta i piedi e fa capire che per raggiungere gli obiettivi “ci vorranno anni e anni”. Dunque il 2 per cento è stato raggiunto, per gli altri obiettivi al momento c’è un impegno a parole che odora di rinvio. E’ stata comunque una giornata intensa per la premier: come anticipato dal Foglio è stato nominato ambasciatore a Washington Marco Peronaci, rappresentante Nato dell’Italia (al suo posto andrà Alessandro Azzoni). A Tokyo ecco invece Mario Vattani, diplomatico stimatissimo a destra, direttamente dall’Expo di Osaka. Al consiglio dei ministri mancavano Tajani e Salvini. Ma Giancarlo Giorgetti ha avuto da ridire sul pacchetto di nomine diplomatiche presentate in Cdm, senza il titolare della Farnesina. E infatti non tutte sono passate. Anzi, restano appese le sedi di L’Avana, Budapest, Bucarest, Praga, Onu a New York, Buenos Aires... Per molti, al di là del merito, l’affondo del ministro dell’Economia rientra nei rapporti tesi fra Lega e Forza Italia abbastanza divisi su tutto. Quasi come il Coni, chiamato fra due settimane a eleggere il nuovo presidente al posto di Giovanni Malagò. Che ieri ha varcato il portone di Palazzo Chigi in compagnia del presidente uscente del Cio Thomas Bach, accompagnato dalla presidente eletta Kirsty Coventry. In ballo la sfida per le Olimpiadi di Milano-Cortina. Sullo sfondo la guerra per Palazzo H, nel fu Foro Mussolini.