Giovanna Melandri (foto Ansa)

la vicenda kafkiana

Giovanna Melandri non viene eletta alla Casagit. Ma dice: "Candidata a mia insaputa"

Salvatore Merlo

L'ex ministro è risultata seconda alle elezioni della cassa di assistenza sanitaria dei giornalisti. "Non mi sono candidata", aveva detto martedì. Poi ha richiamato: “La mia assistente si è confusa, pensava di aver compilato un modulo per il rimborso di spese mediche, invece ha inviato una candidatura alle elezioni”

Quaranta voti non sono pochi, specie se non ti sei candidata. E’ quello che è successo a Giovanna Melandri, ex ministro della Cultura, già presidente del Maxxi, figura simbolo della cultura istituzionale italiana a sinistra. Ieri è risultata seconda alle elezioni della Casagit, la cassa di assistenza sanitaria dei giornalisti italiani, come rappresentante del “fondo adesione individuale”. A separarla dall’elezione vera e propria ci sono stati solo quattordici voti. Il vincitore infatti ne ha presi cinquantaquattro. Ma il punto è che Melandri, ci ha spiegato, non ne sapeva nulla. Contattata martedì al telefono, ha smentito con decisione, ridendo anche: “Non mi sono candidata”. E questo malgrado in quell’esatto istante il suo nome fosse votabile sulla piattaforma elettronica di Casagit. Poi, dopo qualche ora, ha richiamato per spiegare l’accaduto. “A quanto pare la mia assistente si è confusa, pensava di aver compilato un modulo per il rimborso di spese mediche. Invece ha inviato una candidatura alle elezioni”.

 

Ora, va detto che i due moduli non potrebbero essere più diversi. Da una parte si indicano accertamenti medici, si allegano fatture e prescrizioni. Dall’altra si dichiara espressamente la volontà di candidarsi a un organo statutario. Confondere le due cose è come scambiare una ricetta per il risotto con un biglietto per Marte.  Qui insomma ci vorrebbe Gogol’. Anche se c’è chi dice che Melandri sapeva benissimo di essere candidata, che la candidatura serviva a conquistare un posto in più in assemblea a una “certa corrente interna” che aveva insistito con lei, ma che forse poi s’era pentita di aver speso il suo nome così conosciuto per una battaglia così piccola come la Casagit. Chissà. Malizie, certamente.

 

Resta il fatto che nel tempo l’Italia ha conosciuto molte cose avvenute “a insaputa” dei diretti interessati. Case, conti, dossier, appartamenti vista Colosseo. Ma una candidatura, prima di ieri, ancora mai. E una candidatura alla mutua dei giornalisti, ancora meno.  Chissà chi sono poi i quaranta elettori che hanno votato per Melandri. Fan del Maxxi?  O forse sono stati quaranta moduli di voto compilati anche questi per errore da quaranta elettori “a loro insaputa”? Fosse così, tutto acquisirebbe un suo surreale senso letterario. Una cosa è comunque certa: mai sottovalutare il potere di un modulo. Ci si potrebbe scrivere sul serio un racconto che sarebbe piaciuto a Kafka se solo fosse stato allegro e italiano. Chiese il rimborso di un cerotto e  si trovò in corsa per il Quirinale.
 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.