
Il racconto
Schlein d'agosto: sfida i riformisti, è pronta all'assemblea, litiga con Meloni e lancia la sua Comintern
I riformisti mugugnano ma non sono pronti al congresso, lei si collega con Bernie Sanders e lancia la sua Terza Internazionale, e in tv spedisce il suo Igor Taruffi, l'uomo forte che "ha le chiavi del partito"
I riformisti Pd finiscono in bermuda. Elly Schlein li fa sudare e Igor Taruffi li porta alle terme (è di Porretta Terme). E’ l’anticiclone referendario. Schlein non ha vinto (il quorum è 29.9 per cento con il voto all’estero) ma ha il potere di far perdere le ferie. I bolscevichi, i bolscevelly, passano al contrattacco: l’assemblea del Pd? Siamo pronti, anche ad agosto. Scatta la grande riflessione. Da “sconfitta bruciante” si scende già a “ora si rifletta”. La vera angoscia è il dato sulla cittadinanza. Marco Minniti, torna! Stefano Bonaccini dovrebbe rilasciare oggi, dopo 48 ore di riflessione, l’intervista per spiegare che è il momento di “riflettere”. Un solo eroe si staglia all’orizzonte, e in tv: è Taruffi, il compagno Makarenko. Quest’anno tutti a Porretta Terme!
Il day after di “questa non è una sconfitta” prosegue magnificamente con “chi siamo, dove andiamo, chi rappresentiamo?” e con Meloni che litiga sui social con Schlein. Il dato sulla cittadinanza, quel 34.51 per cento di “no” interroga lo stato maggiore del Pd. Matteo Orfini, il Castro di Prati, ricorda che il “M5s, già durante il governo giallorosso, presentò una versione minima della legge”, l’onorevole politologo Federico Fornaro, alla Camera, aspetta i flussi. E’ di nuovo nord contro sud, città contro periferia. Ah, se ci fosse il settimanale comunista Rinascita!
Si scopre con sgomento che il popolo illuminato, la “base”, non la pensa come Vannacci ma quasi, e che con il cavolo che vuole concedere la cittadinanza dopo 5 anni. Enorme cortocircuito. Laura Boldrini, purtroppo, non è presente, Schlein, che si collega con Bernie Sanders, alla conferenza dell’Alexis Tsipras Institute (dove lancia la sua Comintern, la Terza Internazionale: “Contro le destre serve una sfida transnazionale, un’alleanza progressista globale”) parla al telefono, ad alta voce. Tranquilli, starà limando con Bonaccini qualche aggettivo.
Il dossier dell’Istituto Cattaneo stima in una forbice del 15-20 per cento gli elettori del Pd che hanno detto “no” alla cittadinanza. A Torino, roccaforte di sinistra, ci sono quartieri dove la percentuale si alza come un’onda. Che fare? Sulle chat dem gira un favoloso sberleffo contro l’abaco di Ciccio Boccia, una finta Ansa: “Casa Savoia, il 2 giugno ‘46 vincemmo anche noi. La Real Casa, uscendo da un lungo riserbo ha commentato così i risultati”. Si va alla ricerca di un riformista, oltre alla sempre strepitosa Picierno, ma a Bergamo, dalla parte di Giorgio Gori, si tace, Lorenzo Guerini, che è il Giorgetti del Pd, dicono i colleghi: “Da 24 ore non sappiamo dove sia”, Marianna Madia vuole ancora tempo. Torniamo all’analisi del voto. Gianni Cuperlo ricorda quando Antonio Bassolino dovette presentare ben 18 cartelle, sempre su Rinascita, per motivare un calo dello 0.3 per cento alle comunali di Castellamare di Stabia e che il compagno Fabio Mussi, siamo a fine anni Settanta, ebbe a dire, parlando di un calo del Pci, che “la comunicazione era perfetta ma il prodotto era invendibile” (lo mandarono a fare il segretario in Calabria).
L’intifada riformista viene sospesa, anche perché (ed ecco il genio dei bolscevelly) comincia a circolare la voce che Elly la cittadina, se lo chiedono ancora, convoca tutto, direzione, assemblea, ma sotto agosto. La riflessione la faranno, sì, ma con la canotta pezzata. Il congresso? Ah, quello no. Se lo chiedete, nel Pd, vi guardano tutti come se gli aveste rubato il portafogli e vi rispondono: ci sono le regionali. Impossibile. Risultato? Schlein, grazie al referendum, si è liberata di un altro ingazato, Maurizio Landini, che ora anche alla Cgil vogliono allontanare (senza tutele crescenti) e ha lanciato nell’etere un eroe del nostro tempo. E’ Taruffi-Makarenko (era il pedagogo dell’Urss che ha forgiato l’homo sovieticus) il dirigente che va da Enrico Mentana a difendere la linea (Anna Ascani, vicepresidente della Camera, gli dice, di fronte a noi: “Mi inchino dinanzi alle istituzioni”). Da ora in avanti chi vuole capire la segretaria, studi Igor. Viene da Porretta Terme, con due “r”, cumula di fatto due incarichi, responsabile organizzazione, ma si occupa anche di alleanze locali, ha l’ufficio al secondo piano del Nazareno e di lui i deputati Pd raccontano: “Ha le chiavi del partito”.
Ogni fine settimana prende il treno Roma-Bologna, poi, con la sua automobilina, forse una Trabant, si dirige a Porretta, la sua casa, il paese dove è stato assessore, e che non lascia, per nulla al mondo, il paese di Giuseppe Castellano, il generale che ha firmato l’armistizio di Cassibile. Sabato, alla manifestazione per Gaza, con le sue mani da Makarenko, da emiliano con la camicia a quadri e il fiasco sul tavolo (diceva D’Alema: “Gli emiliani sono buoni per fare le tessere”) ha spostato un energumeno che aveva osato insultare Fassino. Renzi aveva Lotti, Bersani aveva Migliavacca, ma Elly ha Igor che agli amici, dopo il referendum, ha spiegato: “Vinceremo le politiche. Ricordatevi, il socialismo si conquista un passo alla volta”.
