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il caso

Nel “caso Cancellato”, meglio limitarsi ai fatti e non cedere ai complottismi: Paragon non è infallibile

Il vicenda Cancellato-Paragon porta a interrogativi legittimi sulla sorveglianza e la trasparenza. Le indagini finora non confermano che i servizi italiani abbiano spiato il giornalista 

In una democrazia sana, è giusto farsi domande. Ma è altrettanto sano evitare di sostituire le domande con risposte affrettate. Il caso “Paragon–Cancellato” ha tutti gli ingredienti per alimentare una reazione indignata: uno spyware israeliano venduto all’Italia, un giornalista che riceve da Meta una notifica sospetta, un laboratorio canadese (Citizen Lab) che lo inserisce in una lista di target sorvegliati, e una commissione parlamentare che dice: no, Cancellato non è stato spiato dai nostri servizi. A prima vista, sembra che qualcuno ciurli nel manico. Ma chi? E perché? La relazione del Copasir dice che l’Italia ha acquistato lo spyware Graphite di Paragon, ma ha cancellato il contratto dopo una valutazione congiunta dei rischi per la privacy e la democrazia. Il contratto è stato prima sospeso a febbraio, poi chiuso. Nessun uso su Francesco Cancellato, dice il Comitato dopo aver consultato i log, gli apparati e le strutture coinvolte. Non basta? Può darsi.

Ma qui non siamo in un processo penale: siamo in un confronto tra livelli di trasparenza. Citizen Lab dice invece che forse Cancellato è stato un target di Paragon, ma non ha ancora analizzato il suo dispositivo. Come riporta la relazione parlamentare, la qualifica del giornalista come “target Paragon” è basata non su evidenze forensi ma su una notifica ricevuta da Meta. Meta, a sua volta, ha dichiarato al Copasir di non poter dire con certezza se si trattasse davvero di Paragon o di qualche altro spyware. In mezzo, restano gli elementi tecnici non definitivi, le interpretazioni politiche e le semplificazioni giornalistiche. Ciò che merita di essere detto con chiarezza è che, finché non si prova il contrario, nessuna struttura dello stato italiano ha spiato Cancellato.

L’ipotesi che lo spyware sia stato usato da attori stranieri  resta sul tavolo – una possibilità che dovrebbe spaventare di più rispetto alla narrativa dei “servizi deviati di casa nostra”. Chi accusa il Copasir di reticenza dovrebbe ricordare che lo stesso Comitato ha imposto lo stop al contratto con Paragon. E chi difende la trasparenza dovrebbe accettare che le indagini condotte finora, sebbene ancora parziali, smentiscono le suggestioni. Il Copasir non è infallibile, ma nemmeno il Citizen Lab è l’oracolo in terra. Se davvero qualcuno ha spiato un giornalista italiano con Paragon, la cosa più seria da fare è pretendere una commissione parlamentare d’inchiesta che abbia accesso a tutti i livelli. Non lanciare accuse in assenza di prove, e nemmeno dare per scontate verità ancora tutte da dimostrare.

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