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Il caso

Macron da Meloni, revanscismo di FdI: "È stato lui a chiedere l'incontro". Salvini scettico, Tajani soddisfatto

Simone Canettieri

Martedì la visita del presidente francese a Palazzo Chigi. Il partito della presidente del Consiglio: "Cerca Giorgia perché è in difficoltà"

 “Mi aspetto tanto da lei, e sono scettico sul contributo che possa dare lui”. Matteo Salvini dà il benvenuto, a modo suo, a Emmanuel Macron atteso martedì alle 18.30 a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni. Il primo bilaterale Italia-Francia, al netto della visita del 26 settembre del 2023 quando l’inquilino dell’Eliseo salì nelle stanze del governo al termine del funerale laico di Giorgio Napolitano. A dire il vero prima che Meloni ricevesse la fiducia in Parlamento ci fu un altro incontro fra i due in una suite dell’hotel Melia, dalle parti di San Pietro. L’appuntamento di martedì divide il governo: per un Salvini “scettico” c’è un altro vicepremier, Antonio Tajani, assai soddisfatto di questo faccia a faccia. D’altronde, il francofono della compagnia è proprio il ministro degli Esteri.  
Il titolare della Farnesina è convinto e sponsorizza da sempre l’esigenza di un rapporto solido e collaborativo tra Roma e Parigi. Oltre a  vantare una consuetudine con il suo omologo Jean-Noël Barrot. La dinamica che ha portato a questo appuntamento del 3 giugno è figlia anche di relazioni importanti tra i ministri dei due governi. Per esempio, Bruno Retailleau, con delega all’Interno nel  gabinetto Barnier,  ha costruito in questi mesi un discreto feeling con Matteo Piantedosi e soprattutto una decina di giorni fa è diventato leader dei Repubblicani, partito di destra che fa parte in Europa del Ppe. In molti ricordano anche un altro dettaglio: il primo bilaterale di Tommaso Foti neo ministro degli Affari europei lo scorso gennaio avvenne proprio con Benjamin Haddad che andò a fargli visita a Roma. In queste ore dunque si cercano le “cose che abbiamo in comune”, come da titolo di una vecchia canzone di Daniele Silvestri. “Italia e Francia condividono l’85 per cento delle posizioni e degli interessi”, ha detto  una settimana fa al Corriere l’ambasciatore Martin Briens, molto dinamico e operativo in questa fase di ricucitura. E Meloni? I trascorsi con Macron, gli screzi e i dispetti sono noti alle cronache. Però dalle parti del governo in queste ore raccontano con soddisfazione un retroscena illuminante: a chiedere l’incontro è stato il presidente francese. La prima mossa, la telefonata è partita da lui. Versione che fa gonfiare il petto a Fratelli d’Italia e confermata anche da fonti dell’Eliseo (queste, per essere letterali, le parole esatte:  selon l’entourage de M. Macron, c’est le président (qui) a proposé à Mme Meloni de venir la voir parce qu’il est dans son rôle de réunir les Européens et qu’il a à cœur de travailler également avec elle). Ovviamente la versione di Parigi è: tutto nasce dalla volontà del presidente di riunire gli europei in questa fase complessa, tra dazi e guerra in Ucraina. La versione diplomatica italiana è diversa e si tinge di piccole e perfide minuzie disseminate come sassolini. Chi consiglia la premier su questo dossier internazionale racconta che la scelta di Macron è figlia del fallimento dell’operazione “volenterosi” volta a mandare le truppe europee in Ucraina, idea chiusa per sempre dalle parole recenti del cancelliere tedesco. Ecco, proprio a questo proposito c’è chi, tra via della Scrofa e Palazzo Chigi, ricorda anche la recente apertura fatta da Merz a proposito di allargare il triangolo  di Weimar (Francia, Germania, Polonia) anche all’Italia. A domanda diretta in conferenza stampa Merz ha detto di essere più che favorevole a questo scenario. E in Italia Meloni continua a ripetere e a evocare un nuovo forte rapporto con la Germania sui temi più importanti, come ha ribadito non più tardi di due giorni fa all’assemblea di Confindustria a Bologna. Rischiando di essere forse un po’ grossier, dal punto di vista diplomatico, la lettura di Fratelli d’Italia in queste ore è che “Macron teme il nostro rapporto privilegiato con Berlino ed è consapevole del canale diretto di Meloni con Trump, per non parlare comunque del Vaticano, il nostro vicino di casa”. Tutto verosimile o forse non tutto. Sta di fatto che in queste ore, con la premier in missione in Asia centrale, regna una certa soddisfazione a Palazzo Chigi. Revanscismo  dopo l’ultimo scontro a Tirana? Può essere. La visita di Macron a Palazzo Chigi – che sarà anticipata di tre ore   da quella del primo ministro  slovacco e filorusso Robert Fico – non dovrebbe portarsi dietro alcuna firma di accordi. Né di memorandum particolari. Certo, rientra nell’armonizzazione del Trattato del Quirinale sottoscritto ai tempi del governo Draghi e a cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella tiene assai. Facile immaginare che al centro degli argomenti ci saranno  energia, immigrazione, automotive, agricoltura vista dal fronte Mercosur. E poi riarmo europeo, dazi e ovviamente guerra in Ucraina. Ma sarà l’immagine dei due a tener banco: una premier a capo di un governo stabile e un presidente abbastanza periclitante. A Fratelli d’Italia basta questa didascalia  da ripetere sottovoce e senza maramaldeggiare. Anzi, sperando che Salvini da qui a martedì non ridia del “pazzo” a Macron. C’est la vie.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.