
1945-2025
E' morto Giancarlo Cito, ex sindaco di Taranto, fu il pioniere del binomio populismo-telecrazia dell'Italia anni novanta
Condannato in via definitiva per mafia, fu eletto anche parlamentare. Tentò anche di presentarsi alle comunali di Milano in chiave anti-Bossi, ma fu un flop
E’ stato un pioniere della telecrazia, connettendo la popolarità della sua televisione, AT6, con una ruvida proposta populista (sovrapponibili a quella delle attuali destre lepeniste): se ne è andato a 89 anni Giancarlo Cito, imprenditore televisivo, sindaco di Taranto e parlamentare. Era malato da tempo.
La sua ribalta iniziò nel 1993, quando - con la riforma delle legge che introdusse l’elezione diretta nei municipi - fu eletto primo cittadino contro ogni pronostico con la sua primitiva “Lega di Azione meridionale”, sbaragliando al ballottaggio il rivale sostenuto dalla sinistra, “il magistrato prestato alla politica” Gaetano Minervini. “L’Unità” subito lo definì “telepredicatore”, quasi presagendo il ruolo che avrebbe avuto negli anni a seguire la televisione (e il berlusconismo) nei nuovi equilibri dopo la devastazione di Tangentopoli.
Geometra nella vita, poi imprenditore edile prima di lanciarsi nella galassia delle reti libere, in gioventù era stato un mazziere del Msi, uno dei “Volontari nazionali”, la rete di attivisti organizzata da Alberto Rossi al fine di presidiare i comizi di Giorgio Almirante. La sua proposta politica era un misto di slogan antisistema e primordiali battaglie anti-immigrati, con una gelatina “law and order” (nella campagna per sgombrare il centro sociale dell’estrema sinistra) che mal si conciliava con le sue relazioni spregiudicate con la malavita locale (fu condannato per concorso esterno in associazione mafiosa con sentenza passata in giudicato per i rapporti con i pericolosi clan locali guidati dai Modeo, e passò alcuni anni in carcere). Alcune sue suggestioni (via le panchine nei parchi dove bivaccavano immigrati irregolari, o gli interventi in presa diretta sulla sua tv per riparare una fontana da anni in dissesto) anticiparono l’attuale versione social della politica in presa diretta. Il clamore delle sue iniziative e un rapporto intenso con le periferie tarantine gli garantirono anche l’elezione alla Camera nel 1996.
Tentò anche invano di candidarsi sindaco a Milano, prima presentandosi a Mantova con una marcia anti leghista e poi rimediando solo uno zero virgola nelle comunali meneghine (del 1997) con lo slogan “Voglio tarantizzare Milano”.
L’emersione del radicalismo meridionale sotto forma di lega aveva avuto degli esperimenti prima di AT6, ma Cito riuscì a darne una minima forma organizzativa avvalendosi della collaborazione di Pietro Cerullo, storico dirigente della Giovane Italia, che nominò suo vicesindaco e che elesse anche alla Camera nel 1994, vincendo nell’uninominale di Taranto.
Di questa esperienza non resta più nulla: il tentativo di consegnare questa tradizione nazionalpopolare al figlio Mario non ha avuto riscontri elettorali degni di nota.