Cultura e nomine

Sangiuliano kolossal: vuole scippare al Pd Cinecittà e fa la rivoluzione al ministero

Carmelo Caruso

Con la riforma interna, il ministro intende ridimensionare il potere di Osanna ai Musei e per Cinecittà pensa a Giuseppe De Mita per sostituire Nicola Maccanico

Sta per nascere “Cine Sangiuliano”, la cittadella babà e Prezzolini, gli studios del ministro della Cultura, Genny Sangiuliano ‘o kolossal. Al ministero, quattro nuovissimi super capi dipartimento sostituiscono la figura del segretario generale; i dirigenti esterni, con un colpo di stilografica, aumentati, e infine, l’atto supremo: a Cinecittà spa prova a cambiare l’ad Nicola Maccanico con Giuseppe De Mita, figlio di Ciriaco, apprezzato anche lui da Meloni. Genny kolossal procede con l’attività di bonifica nazionale: elimina tracce  di Pd e di Dario Franceschini. Riconverte.  Il 18 maggio la sua riforma interna è entrata a regime e adesso si passa alle nomine. Sono scene da fine epoca. Massimo Osanna, direttore generale Musei, che Franceschini rese signore delle teche, mesce  vino per la destra di governo perché sogna la promozione. Il ministro lo vuole ridimensionare. La furbizia? A  capo di Osanna intende nominare l’allievo di Osanna.  Il pollice di Genny kolossal è come il pollice dell’imperatore: Meloni o arena.


 
Quando un Sangiuliano tace è perché un Sangiuliano vince. E lui ha vinto. In silenzio ha stravolto tutto l’impianto del ministero della Cultura che aveva nella figura del segretario generale il suo perno. Da ministro, Sangiuliano aveva scelto come segretario Mario Turetta, ex direttore della Venaria Reale, ma Turetta non è riuscito a cantare degnamente questa pianta di uomo, di imperatore. Per fortuna con la riforma si rimedia. Al posto del segretario, quattro dipartimenti, il paradiso, direbbe Raffaele La Capria nel suo “La Bellezza di Roma”, della tribù dei Buro-Buro, i burocrati. Un dipartimento per l’Amministrazione generale (DiAg), un altro per la Tutela del patrimonio culturale (DiT) un terzo,  il dipartimento per la Valorizzazione del patrimonio culturale (DiVa) l’ultimo, il dipartimento per le Attività Culturali (DiAc). Sotto questi super studios, altre direzioni generali che passano da 11 a 13. Dove sta il genio dell’imperatore? Fa filtrare al ministero che vuole valorizzare gli interni, che i super studios-dipartimenti saranno governati dalle migliori menti del Mic e non da “stranieri”, da esterni (ma la quota di esterni, chiamati “comma sei”, aumenta). Scatta la corsa all’accreditamento. A Sangiuliano non basta. Vuole divertirsi, vuole dei gladiatori e non vuole narcisi che gli fanno ombra. Il dipartimento più ambito è il DiT, quello che deve occuparsi di tutela dei beni culturali ed è quello che vuole raggiungere Osanna, attuale direttore generale Musei. E’ uno studioso perfetto per un film di Luca Guadagnino. Ha rapporti con Hollywood, moda, teatro, mecenati, sinistra e destra. Il suo matrimonio, con Gianluca De Marchi, capo di Urban Vision, la società leader della cartellonistica, si è celebrato a Capri, a Villa Lysis, e gli invitati erano, solo per citare, quattro nomi, Paolo Sorrentino, Valeria Golino, François Pinault, proprietario di Gucci, Balenciaga, Saint Laurent e naturalmente Franceschini. Il guaio di Osanna è che è un presenzialista. E’ stato puntato dal Fatto quotidiano, che ha già sentito profumo di conflitto con la società del marito, inoltre, Sangiuliano oggi non ha più bisogno di Osanna nonostante la prova d’amore che gli ha dato. Da direttore generale, un inedito, Osanna rilasciò un’intervista a Repubblica per difendere l’operato di Sangiuliano. Solo che per Sangiuliano sono sì, prove d’amore, ma anche di fellonia. Il suo pensiero: se ha tradito i suoi amici di sinistra, tradirà due volte me, che sono di destra. Chiamalo fesso. Per Osanna, fonti del ministero, si sta muovendo direttamente il marito, De Marchi, e lo fa attraverso una delle amiche più care delle sorelle Meloni, Arianna e Giorgia, e del sottosegretario Fazzolari. E’ Valeria Falcone, già portavoce di Meloni, da ministro della Gioventù, adesso candidata per il cda Rai quota FdI. E’ manager di Enel ma è stata anche vicepresidente con delega alle relazioni esterne di Urban Vision, la società del marito di Osanna. In una riga: lo studioso di sinistra, di Franceschini, cerca di farsi promuovere dalla destra, grazie all’amica del marito, che sussurra a Meloni e Fazzolari. Marx è davvero morto e Gramsci sta malissimo. Il dipartimento a cui mira Osanna (e qui sta tutto il genio di Sangiuliano) potrebbe essere affidato all’allievo di Osanna. E’ Gabriel Zuchtriegel, direttore di Pompei, e Osanna sarebbe disarmato. Gli altri dipartimenti vengono così divisi: Paola Passarelli al DiAg, Luigi La Rocca al DiVa e Turetta, che è prossimo alla pensione al DiAc. Ma Genny kolossal ha bisogno di una Cinecittà e l’attuale ad non gli piace. Si tratta di Nicola Maccanico, figlio di Antonio Maccanico, ma per Genny kolossal è troppo rosso, di sinistra. Ha chiuso il bilancio 2023 con oltre 1,3 milioni di euro in positivo ma afferrare Cinecittà, per la destra, vale quanto la Rai. Ci sono le commesse, l’indotto, e oltre 300 milioni di euro di Pnrr da gestire. La destra, e da settimane è noto, intende sostituire Maccanico (ma Meloni, lo vorrà?) con Giuseppe De Mita, che siede già nel cda di Cinecittà (in passato candidato a prendere la guida di Sport e Salute) o in alternativa proporre a De Mita la presidenza e all’attuale, Chiara Sbarigia, il ruolo di ad. Le nomine sono prossime, dopo le europee, e al ministero è tutto un inchinarsi a Genny kolossal. Lo vedremo tirare la biga, frustare il cavallo Lenin, perché lui non si arrende, non tratta. Eroe. Lui è Genny-Hur.

 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio