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L'intervista

L'ex ministro Visco: "Meloni sbaglia, il redditometro è una misura di civiltà. Ma anche il Pd ha perso un'occasione"

Ruggiero Montenegro

"Ma quale Grande fratello? È uno strumento necessario che si rivolge ai grandi evasori. Un errore bastonare Leo. Un governo serio, senza una lira e con l’acqua alla gola, dovrebbe essere solo favorevole. I dem? Anziché prendere il toro per le corna, hanno preferito inseguire la polemica politica", dice l'ex ministro delle Finanze con Prodi e D'Alema

A Maurizio Leo andrebbe fatta una statua. “E invece lo bastonano. Evocano il grande fratello, i complotti o altre amenità. La verità è che uno strumento come il redditometro, che per sua natura si rivolge ai grandi evasori, è necessario”. Il professor Vincenzo Visco è sorpreso dalle polemiche delle ultime ore, “le trovo singolari”. Sembra quasi divertito da una discussione che ha assunto tinte surreali.  “I conti italiani li conosciamo. Quella proposta dal viceministro all’Economia è una misura di civiltà. Vogliono combattere l’evasione fiscale o no? Questo è il vero punto”, dice l’ex ministro delle Finanze. “Un governo serio, senza una lira e con l’acqua alla gola, dovrebbe solo essere favorevole”. Ha ragione la sinistra allora? Macché. “Anziché prendere il toro per le corna, hanno preferito inseguire la polemica politica più bassa. Perdendo un’occasione”. (Montenegro segue nell’inserto II)

Vincenzo Visco non fa sconti a nessuno, è un'economista, la materia d’altra parte la conosce bene. E’ stato in Parlamento per oltre 20 anni, ma soprattutto è stato ministro, tra Tesoro, Economia e Finanze, con Prodi, D’Alema e Amato. Ne ha per questo governo, ma anche per le opposizioni. E non salva nemmeno i giornali: “Invece che scandalizzarsi per questo sistema fiscale demenziale stanno lì a registrare il pettegolezzo, le differenze nella maggioranza”. 
Il professore, spiega al Foglio, ha trovato il dibattito delle ultime ore del tutto strumentale. Come mai? “Perché il redditometro in sostanza esiste in Italia almeno da quando fu fatta la riforma tributaria del 1973. E’ uno strumento che aiuta l’amministrazione nel momento in cui non ha altri elementi per verificare il reddito di un contribuente, osservando in particolare i consumi di lusso”. E allora a cosa si devono le reazioni scomposte della maggioranza e di parte delle opposizioni? E’ la campagna elettorale? “Il problema – risponde l’ex ministro – è che gli evasori ricchi, e chi vuole difenderli, hanno sempre usato gli evasori ‘normali’ come scudi umani. Quei voti fanno gola a tutti, quindi si agitano paure orwelliane”. Pare che funzioni, visto che il governo Meloni ha fatto retromarcia. Nella maggioranza non sono stati in molti a difendere Leo. “Tutti i governi dicono che l’evasione è una brutta cosa. Almeno a parole. E poi fanno in modo di ignorarla o addirittura, come nel caso dell’attuale esecutivo, di blandirla”. Quello che manca, per Visco, è insomma la volontà politica. “Certo. Nel periodo in cui sono stato ministro l’evasione fu aggredita e fortemente ridotta. I famosi tesoretti di Tommaso Padoa-Schioppa non erano altro che i recuperi di evasione che facevo io. Se si vuole, si può. E poi nella situazione italiana sarebbe abbastanza facile ottenere i risultati”. Addirittura? E in che modo?  “Sistemi come il reverse charge, lo split payment e successivamente la fatturazione elettronica hanno permesso di dimezzare l’evasione sull’Iva”. Secondo Visco è questa la strada da seguire, ponendo gran parte dell’attenzione sui lavoratori autonomi. “Evadono in media al 70 per cento sull’Irpef, a differenza dei dipendenti che arrivano al massimo al 5. Lo dicono i dati del governo. E allora con gli strumenti di cui ho parlato, verificando consumi e tenore di vita,  e implementando il redditometro con banche dati e algoritmi di intelligenza artificiale, si può trovare una soluzione in pochi anni”. 

Con una ricetta del genere a destra torneranno a chiamarla Dracula, lo sa? “Le solite volgarità inutili. Lo inventò Giulio Tremonti l’appellativo, tra l’altro uno dei primi a utilizzare l’attacco personale per delegittimare gli avversari. Matteo Renzi invece va dicendo che sarei io l’ispiratore della politica fiscale di Meloni, in quanto avrei un approccio punitivo verso i contribuenti”, risponde Visco. “La verità è che ci sono grandissime differenze, a parità di reddito, tra dipendenti e autonomi. Il sistema fiscale non funziona e il governo non fa nulla. L’unico mantra è abbassare le tasse e nemmeno ci riescono. Hanno provato a reintrodurre pure la Sugar tax”.

In questi anni però neanche il centrosinistra è riuscito a fare molto sul fisco, perdendosi tra slogan e idee confuse. “Dopo la nostra generazione c’è stato un problema di classe dirigente. Fatto il Pd, la politica fiscale del nuovo partito è stata praticamente capovolta rispetto alle esperienze precedenti, all’Ulivo. Nei dem si sono tutti allineati alla nuova ortodossia del neoliberismo e dello stato tossico”. 

Il Pd intanto ha una nuova segretaria, che ha promesso una svolta. Lei la vede? “Forse con Elly Schlein le cose stanno un po’ cambiando”. Sul redditometro è stata persa un’occasione? “Credo di sì, piuttosto che fare polemiche sterili, si poteva affrontare seriamente la questione del fisco. Ma nel Pd ci sono alcuni grandi problemi di fondo”. Quali? “Metà, forse più, del gruppo parlamentare ha ancora in testa queste fanfaluche anti tasse. Non c’è consapevolezza. E poi le questioni fiscali non sono facili. Non tutti quelli che leggono una norma riescono a comprenderla davvero. Il fatto che ora a occuparsene ci siano Cecilia Guerra e Antonio Misiani è un buon segno, sono persone preparate. Ma  – conclude Visco – quello che manca più di tutto è la volontà di fare sul fisco una battaglia politica esplicita, al di là degli annunci”. 

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