Pd ed europee

Il calcolo di Schlein fra il solitario Tarquinio e il caterpillar Zinga

Simone Canettieri

La segretaria torna al Monk per aprire la campagna del Pd con l'ex governatore e non invita il giornalista

Uno dice di sentirsi un papa straniero nella chiesa del Pd. Ha subito capito che il partito non lo ama, ma conta su voti benedetti e d’oltretevere (dopo l’intervista di ieri a Repubblica mezzo Nazareno lo chiama “il nostro Vannacci”). L’altro, rampollo della sinistra romana, è tornato per riprendersi tutto quello che era suo: da sei mesi cerca casa a Bruxelles, punta a 100 mila preferenze, sogna – anche se oggi smentirà, come sempre – il Campidoglio al posto del sindaco Roberto Gualtieri. Marco Tarquinio e Nicola Zingaretti, l’ex direttore di Avvenire e il già governatore e segretario del Pd. Che coppia. Nella circoscrizione centrale  alle europee, Elly Schlein sa di aver creato una miscela esplosiva. Il sostenitore del Roma Pride – ribadito anche dal palco del “Muccassassina” tra favolose Drag queen poche settimane fa – e il pacifista conservatore sui diritti. La leader è capolista, Zingaretti è il numero due, Tarquinio è il quarto. Ecco dov’è Schlein? Sul palco del Monk, locale di Roma est, per il lancio della sua campagna elettorale. Con lei solo Zingaretti, Tarquinio non è stato invitato. Ops. 


Il Monk è il predellino della segretaria. Da qui decise di candidarsi alla guida del partito più di un anno fa. Situazione indie per eccellenza della scena romana. “Salutami tua mamma che è tornata a Medjugorje/ E non mi importa niente di tuo padre, ascolta De Gregori/ A me quel tipo di gente, no, non va proprio giù”, canta Calcutta che in questo locale iniziò a fare numeri importanti quasi dieci anni fa. E’ un ritornello che sembra ora dedicare Zingaretti a Tarquinio. Arcirivale a Roma e nel centro Italia. Il giornalista sta capendo che il Pd, nonostante le rassicurazioni della leader, è un animale strano. E così si tiene le mani libere. Grazie alla filiera di Demos – partitino nato sotto la benedizione della comunità di Sant’Egidio – punta ai voti cattolici di sistema. I vescovi, le suore, le parrocchie, le associazioni di volontariato. E poi certo il Vaticano. “Da quelle parti gli dicono di andare avanti”, racconta una voce molto vicina all’ex direttore. Il quale, rimasto fuori dalla serata di ieri, si è fatto promettere da Schlein che a ridosso del voto ci sarà spazio per un’iniziativa insieme. Lei, come sempre, ha annuito. Sorrisone dolce. Perché intanto c’è da gestire uno come Zinga: bestia elettorale suprema, uno abituato a trasformarsi e a vincere le campagne elettorali (quattro su quattro negli ultimi quindici anni più quella da segretario nel 2019). In grado di costruire alleanze trasversali, all’ultima preferenza, a dispetto di avversari interni che diventano fratelli. Zingaretti non solo si è messo in testa di sfondare quota centomila preferenze, ma anche di risultare il più votato del Pd alle europee, dietro a Giorgia Meloni e forse al generale Vannacci, ma sicuramente primo fra i dem, con distacco rispetto a Stefano Bonaccini. Tarquinio si affida al deputato di Demos Paolo Ciani, mister 14 mila preferenze alle ultime comunali di Roma, che gli cura il comitato elettorale  sotto l’egida di Andrea Riccardi, capo dell’ong di Trastevere. Nel caso di Tarquinio non si tratta di entrismo: non vuole modificare il dna del Pd, infiltrandosi. “Ma quando mai, non ci pensa proprio”, raccontano i “tarquiniesi”. Ha fatto invece un calcolo politico, forse cinico. Ecco perché al massimo si iscriverà al gruppo del Pse, ma non ci pensa affatto a prendere la tessera del Pd. Zingaretti nelle riunioni riservate dice che quello “non è uno dei nostri”. Schlein sa tutto, quando ieri le femministe del Pd le hanno ricordato le parole di Tarquinio sull’aborto e i riformisti quelle sulla guerra, ha alzato le spalle. Anche la segretaria ha fatto esercizio di convenienza nell’assemblare la lista dove si è messa in cima. Allargare, prendere voti, unire diavolo e acqua santa, le performance del “Muccassassina” e le dure omelie. E’ il gioco del pallottoliere. Schlein si gioca tutto alle europee, deve arrivare al 20 per cento. Il resto è campagna elettorale. Intanto eccoli Zingaretti e Schlein sul palco del calcuttiano Monk: “Vestiti da Sandra, che io faccio il tuo Raimondo”. 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.