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Diffamazione

Il carcere per i giornalisti divide la maggioranza. L'emendamento di FdI spiazza Lega e Forza Italia

Nicolò Zambelli

L'esponente di FdI Gianni Berrino ha depositato un emendamento che inasprisce le pene per il reato di diffamazione. Ma i suoi alleati dicono "no". Il blitz in commissione Giustizia del Senato, pochi giorno dopo le modifiche alle regole della Par Condicio

Altri malumori all'interno della maggioranza. Questa volta il tema è l'inasprimento delle pene per il reato di diffamazione. Ieri al Senato in Commissione Giustizia sono stati depositati una serie di emendamenti a firma di Gianni Berrino, parlamentare di Fratelli d'Italia. Il testo aumenta, e non di poco, le pene per il reato di diffamazione a mezzo stampa: tra le altre cose, è stato proposto il carcere per giornalisti fino a 4 anni e mezzo e multe di oltre 120 mila euro per chi diffonde notizie false.
 

La presentazione di questi emendamenti, secondo gli alleati di FdI, non sarebbe stata concordata con la maggioranza, creando non poche tensioni con Lega e Forza Italia, e si rifanno al testo base del disegno di legge presentato dall'alleato di Fratelli d'Itali Alberto Balboni l'anno scorso. Questo ddl, tra le altre cose, doveva recepire le indicazioni europee circa la libertà di stampa e quindi togliere il carcere come pena per il reato di diffamazione.
 

"La diffamazione, anche a mezzo stampa, è sempre stata punita con la pena detentiva dalla legge – ha dichiarato Berrino –. Noi, con norma più liberale, eliminiamo la detenzione per la ipotesi semplice, la riduciamo, pur mantenendola come alternativa alla multa, per il caso di attribuzione di un fatto determinato falso e per l'ipotesi di attribuzione del fatto determinato falso e costituente reato. Le condotte che mantengono una punizione detentiva, seppur sempre attenuata, non sono relative alla libertà di stampa, ma a un uso volutamente distorto e preordinato al killeraggio morale della libertà di stampa". 
 

Lega e Forza Italia hanno subito preso le distanze dalla mossa di Berrino. La stessa presidente della commissione Giustizia, l'ex ministro Giulia Bongiorno, quota Carroccio, ha spiegato: "Come presidente della Commissione ho sempre cercato di far trovare una posizione di mediazione tra maggioranza e opposizione, e ho sottolineato l’importanza di focalizzare l’attenzione sui titoli degli articoli e sulla tematica della rettifica", annunciando a breve una "riunione di maggioranza sul punto" che dovrebbe arrivare già il prossimo lunedì. Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia nella stessa commissione, ha sollevato "più di un dubbio", spiegando che: "Bisogna vedere se è conciliabile con la sentenza della Consulta. Noi vogliamo la rettifica, non il carcere". Contrario anche il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi, che ha espresso "un secco no" al carcere per i giornalisti.
 

Il testo dell'emendamento presentato recita: "Chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’altrui reputazione, attribuisce a taluno con il mezzo della stampa fatti che sa essere anche in parte falsi è punito con il carcere da 1 a 3 anni e con la multa da 50 mila a 120 mila euro", una permanenza in carcere che aumenta fino a 4 anni e mezzo in determinate circostanze.
 

Sul piede di guerra anche le opposizioni. Il capogruppo del Pd in commissione Giustizia Alfredo Bazoli: "Questa maggioranza ha proprio un conto aperto con la libertà di informazione, il ricorso a misure detentive per i giornalisti è un retaggio barbaro, condannato a più riprese da organismi europei e dalla Corte Costituzionale", spiega insieme ai colleghi Rossomando, Mirabelli e Verini. Il riferimento dei dem è a una sentenza della Corte Costituzionale che nel 2021 dichiarò illegittima l'articolo 13 della legge sulla stampa: introdotto nel 1948, prevedeva il carcere per i giornalisti. "Fratelli d'Italia dovrebbe riflettere seriamente sulle implicazioni di una simile proposta e ritirarla immediatamente", dice invece la presidente della commissione Vigilanza Rai Barbara Floridia, quota M5s, parlando di "rischi per il tessuto democratico del paese".
 

In risposta alle polemiche, Berrino ha continuato a difendere le sue scelte: "Nessuno ha diritto di inventarsi fatti falsi e precisi per ledere l’onore delle persone. Quello non è diritto di informazione ma orchestrata macchina del fango, che lede anche il diritto alla corretta e veritiera informazione". In serata l'esponente di FdI ha poi abbassato i toni: "Non è prevista nessuna nuova pena detentiva per i giornalisti", assicura, anzi "il provvedimento in esame semmai elimina la pena detentiva per alcune ipotesi di diffamazione, salvo continuare a tutelare il cittadino nella sua onorabilità".
 

La notizia ha scosso gli animi, oltre che delle opposizioni, anche dei rappresentanti della categoria, la Federazione nazionale per la stampa e l’Ordine dei giornalisti. Gli emendamenti presentati, tra le altre cose, si aggiungono alla modifica fatta qualche giorno fa in commissione vigilanza Rai sulle regole alla par condicio in vista delle prossime elezioni europee. Nella sostanza, la maggioranza ha approvato un emendamento che garantisce spazi di comunicazione politico-istituzionale all'interno dei programmi di approfondimento giornalistico dei canali Rai.
 

Una decisione che il sindacato UsigRai non ha condiviso: "La maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono. Lo ha fatto attraverso la Commissione di Vigilanza che ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di parlare nei talk senza vincoli di tempo e senza contraddittorio. Non solo, Rainews24 potrà trasmettere integralmente i comizi politici, senza alcuna mediazione giornalistica, preceduti solamente da una sigla. Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, dove al centro c'è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande (anche scomode) verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze. Per questo gentili telespettatori vi informiamo che siamo pronti a mobilitarci per garantire a voi un'informazione indipendente, equilibrata e plurale". 

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