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nel pd

Bonaccini, trafitto da un raggio di Schlein

Salvatore Merlo

Il presidente dell'Emilia Romagna è ingiustamente accusato dai suoi di intendersela con la segretaria dem. Ma il problema è la barba

Lo hanno caricato a molla e lui ha preso un treno da Bologna e si è catapultato nell’ufficio di Elly Schlein a Roma. “Stavolta gliele devi cantare, non fare come sull’Ucraina quando ci trattenevi. Ora devi parlare. Fatti sentire. Le devi spiegare che sarebbe ridicolo candidare Ilaria Salis”, gli hanno detto. E lui, Stefano Bonaccini, capo della minoranza del Pd, leader dei riformisti, presidente dell’Emilia-Romagna, c’è andato dalla segretaria. D’altra parte il problema è serio. Non bastavano Annunziata, Strada, Corrado... pure la Salis adesso? Ognuna di queste donne candidate è un posto in meno per le dirigenti del Pd. Marco Tarquinio toglie il posto all’irreprensibile Lello Topo, per dire. Ma la Salis cancella addirittura Irene Tinagli. E voi, popolo, non la volete Irene Tinagli a Bruxelles? E Alessandra Moretti? Che ne sarà della democrazia, della libertà, dei diritti, senza Moretti?  Ecco. Tuttavia cosa sia accaduto, per filo e per segno, con Bonaccini, nella stanza di Elly Schlein al Nazareno non lo sa nessuno. Due sole cose sono certe. La prima è che ella, cioè Elly, stava bevendo una tisana di erbe depurative. La seconda è che Bonaccini è entrato dubitando di avere dei posti in lista per la sua corrente, ma è uscito da quella stanza dopo due ore con la certezza di essere candidato lui alle europee. La battuta di un deputato riformista  del Pd è così cattiva che merita di essere riportata: “Per dirla con Quasimodo, Bonaccini sta nel cuore di Schlein – trafitto da un raggio di sole – ed è subito capolista”. Il leader della minoranza adesso è sospettato di intesa con la segretaria. Fino a qualche giorno fa era più che altro accusato di ignavia. 

Da circa un anno, cioè da quando ha perso il congresso contro Elly Schlein,  Bonaccini è considerato dai suoi uno che cela nel profondo un’anima di bonaccione. Quelli, per dire, si lamentavano della politica estera del Pd, e lui “tranquilli parlo con Elly”. Poi ci parlava. E niente cambiava. Quelli si lamentavano delle candidature alle regionali, tutte regalate ai grillini, e lui “tranquilli parlo con Elly”. Poi ci parlava. E niente cambiava. Adesso che ci ha riparlato, uscendone lui candidato alle europee, mica Alessia Morani, ecco che qualcosa si è all’improvviso modificato (in peggio) nel giudizio di alcuni. Pur avendo tutti loro probabilmente un  grande e referente rispetto per la meditazione e la mediazione, ora una qualche impazienza davanti a questo fondista dell’azione politica comincia a coglierli. Specialmente perché non si parla più di cose astratte e lontane tipo l’Ucraina. Ma si parla delle candidature. Cioè della sopravvivenza di un intero ceto politico. Sicché nei suoi confronti sta montando una certa ostilità. Neanche troppo nascosta. D’altra parte non è un mondo facile, né cordiale, quello delle correnti del Pd. E di sicuro Bonaccini adesso è  riuscito a crearvi, almeno all’interno di quella riformista, un felice clima di concordia sull’opportunità di trovare uno che lo sostituisca nel ruolo di leader della minoranza. “Gli chiediamo la riscossa, e lui dice ‘state buoni’”. Va bene. D’accordo. Tuttavia noi riteniamo invece che queste accuse nei confronti di Bonaccini siano ingiuste e immeritate. La questione ci sembra in realtà mal posta, come diceva quel personaggio di Corrado Guzzanti. La politica qui non c’entra niente. Il fatto è che  il presidente Bonaccini porta una barba rotonda e morbida come un piumino per “dare la polvere“ agli oggetti delicati. Una barba così, richiede manutenzioni accuratissime, rende indispensabili pettinini e forbicette innumerevoli da avere sempre a portata di mano. Ne è da escludere che, nei casi di perplessità, sia opportuna la presenza di un architetto. Ecco. A quale “riscossa” volete che si dedichi un uomo che è già così impegnato?

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.