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Il profilo

Chi è Antoci, campione dell'antimafia che disse no al Pd e ora si candida con il M5s

Ruggiero Montenegro

Scampato a un attentato nel 2016 e premiato da Mattarella per "la difesa della legalità", con la sua candidatura Conte rilancia uno dei tratti identitari del Movimento. Nel 2016 sostenne il Sì alla riforma costituzionale di Renzi. Zingaretti provò a candidarlo nel 2019

"In questi anni me l'hanno chiesto in tanti. Ma bisogna farlo nel momento giusto e con le persone giuste". Giuseppe Antoci l'ha spiegata così. Non è un neofita della politica e a farlo candidare in effetti c'avevano provato in tanti, anche il Pd, ma alla fine il colpo l'ha fatto Giuseppe Conte. L'ex premier lo definisce "un campione dell'antimafia": sarà il capolista del M5s nella circoscrizione isole alle europee.

Antoci è un volto noto e riconoscibile che ha speso gran parte della sua vita a condurre battaglie per la legalità. Lo dimostrano il suo impegno quotidiano e le onorificenze, l'attentato a cui è scampato e i suoi viaggi in giro per l'Italia a raccontare le battaglie contro la mafia. Dopo l'ex presidente Inps Pasquale Tridico, l'uomo che operativamente ha messo in campo il Reddito di cittadinanza, il M5s mette così in squadra un altro profilo in grado di rappresentare uno dei suoi tratti identitari. Una scelta che ricorda quelle di Roberto Scarpinato e Federico Cafiero De Raho, eletti con i grillini alle ultime elezioni politiche.

In nome della sua biografia, ad Antoci è stato anche perdonato il passato vicino a Matteo Renzi. Tra le esperienze più importanti va infatti ricordata quella da presidente del Parco dei Nebrodi, tra il 2013 e il 2018. In quella stagione (ma non solo) ha avuto modo, suo malgrado, di guardare il malaffare siciliano. Studiando e trovando forme e strumenti per cambatterlo. A lui si deve infatti il cosiddetto "Protocollo Antoci", che nel 2017 è diventato legge, e che ha permesso negli anni di combattere le frodi delle cosche mafiose nell'utilizzo dei fondi europei per l'agricoltura. Il protocollo è stato poi inserito nel codice antimafia e considerato tra le pratiche consigliate a tutti gli stati dalla Commissione europea. 

Oggi Antoci, "un eroe dei nostri tempi" per usare le parole a lui riferite dello scrittore Camilleri, ha 58 anni ed è il presidente onorario della Fondazione Caponnetto. Nel frattempo ha ricevuto, e continua a ricevere, numerosi riconoscimenti legati proprio alle sue attività, su e giù per l'Italia tra scuole e convegni. Tra le onorificenze anche quella del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che lo ha nominato Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana "per la sua coraggiosa determinazione nella difesa della legalità e nel contrasto ai fenomeni mafiosi". Era il novembre 2016, pochi mesi prima Antoci fu vittima di un attentato mafioso da cui uscì illeso grazie all'intervento della scorta, che ancora lo accompagna - tutt'ora continua a riceve minacce di morte. Di quell'agguato, tuttavia, i processi non sono riusciti a individuare i mandanti e nemmeno a chiarire del tutto i fatti. 

Antoci comunque, lo abbiamo detto, non è un novello della politica. Nel 2013 corse, senza essere eletto, per il Senato in Sicilia con il Megafono - Lista Crocetta nella coalizione che sosteneva Pier Luigi Bersani. Ed è nota la sua militanza nel Pd. Sempre nel 2016 ha fatto campagna elettorale per il sì al referendum costituzionale di Matteo Renzi, presenziando a varie iniziative in Sicilia. Non solo, di lì a poco, sempre con Renzi segretario, diventerà il responsabile Legalità del partito anche se il rapporto politico con l'ex premier si è alla fine logorato. "Deve dimettersi subito. Non posso pensare che il segretario voglia ancora infierie nei confronti di un partito distrutto dalla sua gestione personalistica e totalitaria non lasciando subito la segreteria”, disse dopo le elezioni del 2018 a cui pare non fu candidato proprio per il veto dei renziani. Maurizio Martina, traghettatore dopo Renzi, lo confermò comunque nel ruolo dirigenziale.

Nicola Zingaretti, segretario nel 2019, provò a fare un passo in più, proponendo ad Antoci di correre per le europee. "Non mi candido, ci sono questioni di sicurezza che non possono essere garantite all'estero. In questo momento devo salvaguardare la serenità mia e della mia famiglia", spiegò allora. Dopo cinque anni il momento è arrivato, "con le persone giuste", come ha detto lo stesso Antoci. Chissà se si riferiva anche a Zinga. Magari ne riparleranno proprio a Bruxelles. 
 

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