Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (foto LaPresse)

L'intervista

“L'antisemitismo? Minaccia per l'Italia”. Chiacchierata con il ministro Piantedosi

Claudio Cerasa

“Dietro le campagne antisemite vi è il rischio di derive di tipo terroristico. Immigrazione? L’approccio europeo funziona. Io antifascista? Sì, lo sono. Droghe leggere? Mai legalizzarle”. Parla il ministro dell'Interno

Proviamo a prenderlo alla sprovvista. Ministro Piantedosi, è vero che si candiderà alle elezioni come governatore della Campania? Piantedosi sorride. “Antepongo a questa considerazione una mia valutazione: penso che nessuno me lo chiederà mai”. E se invece dovessero chiederglielo? “Ho avuto la fortuna, nella mia vita, alla fine di fare questo mestiere. Non so se bene o male, questi sono giudizi vostri, ma è quello che più mi compete”. Le fa piacere che se ne parli? “Onestamente: no. Possono farmi piacere, semmai, singole dichiarazioni di contorno sul tema, quando si parla di candidature pesanti. Spero sia un apprezzamento verso il mio lavoro e non verso la mia forma”. Le fa piacere, invece, che vi siano partiti dell’opposizione che dopo un anno e mezzo d’opposizione scelgono, in alcuni contesti, di allearsi con la maggioranza? In Basilicata e in Calabria i partiti di Matteo Renzi e Carlo Calenda sosterranno il centrodestra. “Non mi risulta di discussioni politiche a livello centrale che in qualche modo possono dare una giusta collocazione a questo tipo di dinamiche nell’ambito di uno scenario nazionale. Mi pare di capire, soprattutto in Basilicata, che possa essere qualcosa di valore evidentemente locale. Ma se vogliamo, con un sorriso, potremmo dire che anche questo è l’ennesimo segno di apprezzamento del lavoro che il governo sta facendo”.

Siamo qui, al Viminale, di fronte al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che accetta di chiacchierare a ruota libera con il Foglio. Antisemitismo, terrorismo, sicurezza, manganelli, università, immigrazione, sbarchi, decreto flussi, droghe leggere e persino cinema, con una confessione sul film di Matteo Garrone.

Siamo qui, con il ministro Piantedosi, a capire cosa è cambiato per il governo, e per il ministro, dopo la tirata di orecchie del presidente Mattarella, e dopo una piccola incursione sulla politica la nostra conversazione inizia da qui. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha detto che manganellare i ragazzi è un fallimento.

Ministro, sente di aver fallito anche lei, di fronte a quell’episodio? “Le parole del presidente hanno voluto segnalare un episodio molto spiacevole. Ho condiviso le sue parole. Ma più dell’esistenza di un problema ha voluto segnalare un episodio che meritava di essere criticato e che meritava anche di essere approfondito per capire cosa si possa fare in futuro per gestire al meglio eventi di questo tipo. Su ciò che è successo quel giorno a Pisa dovranno ovviamente essere fatte le opportune verifiche: è in corso un’indagine. Ma quello che posso dire è che la mia considerazione rispetto a quelle che sono le capacità della Polizia di stato di gestire l’ordine pubblico resta è sempre la stessa ed è molto elevata. Qualcuno malevolmente ha voluto riconnettere quelle immagini a una presunta vocazione alla compressione della libertà di manifestazione del pensiero da parte del governo. Io segnalo i dati che abbiamo: sotto questo governo si manifesta di più e succedono meno incidenti. Mai e poi mai, anche rispetto ad altri paesi, ci siamo sognati di porre dei divieti alle manifestazioni”.

E’ in grado, ministro, di offrire dei dati per supportare questa affermazione impegnativa? “Nei primi due mesi del 2024 in Italia ci sono state 2.822 manifestazioni di spiccato interesse per l’ordine pubblico. Si tratta di un aumento di oltre il 40 per cento rispetto ai 1.994 eventi del primo bimestre del 2023. Le manifestazioni che hanno registrato criticità quest’anno sono state l’1,6 per cento. Nel 2023 sono state il 3,5 per cento: 70 casi”.

Ministro, ma quando è che usare un manganello non è un fallimento delle forze dell’ordine? Quand’è che utilizzarlo non è un attentato allo stato di diritto? “Il bilanciamento nell’uso corretto viene valutato caso per caso. L’operatore che lo utilizza lo deve fare quando, guidato dal dirigente del servizio, registra che vi è una necessità di utilizzare la forza pubblica in maniera proporzionale e adeguata al tipo di minaccia che c’è. Un esempio: quando è stata prevista la tutela di un obiettivo sensibile per cui ‘di qui non si passa’ e c’è una pressione e la gente vuole passare lo stesso a questo punto c’è una valutazione che solo sul campo  può essere fatta di rimedio estremo. Può esistere un momento in cui chi opera ritiene che sia necessario il suo utilizzo. Ma il criterio della proporzionalità e dell’adeguatezza è quello che deve guidare le scelte”.

Ministro Piantedosi, le pongo una domanda che chi non ama il governo rivolge spesso agli esponenti del governo, il più delle volte senza risposta: ma lei è antifascista? “Assolutamente sì”. Pausa. “Sono antifascista, anticomunista, anti totalitarista”. Spiegazione. “Sono contro ogni ideologia che sia stata condannata dalla storia. Sono contro tutti i regimi che hanno inteso valorizzare l’uso della violenza come sistema di regolamentazione dei rapporti tra le persone. Sono contro tutti i regimi che hanno inteso annichilire le coscienze individuali. Sono contro tutte le ideologie che sono state sconfitte dalla storia e che per questo devono essere bandite dalla storia”.

A proposito di regimi: si può considerare una elezione come le altre quella avvenuta in Russia? “Bisognerebbe conoscere realmente quel mondo e come sono avvenute le elezioni. Francamente sarei molto frettoloso se mi unissi al coro, da una parte e dall’altra. Per il mestiere che faccio penso di essere più degli altri tenuto ad attenermi a fatti conosciuti e conoscibili”. Il ministro coglie in noi, per la sua risposta diplomatica, un accenno di svenimento. Insistiamo allora: solo questo? Il ministro aggiunge: “No, non solo questo. Il contesto è evidente e lo do per scontato ma non deve esserlo: la Russia, ovviamente, deve ancora diventare una compiuta democrazia”. Ok, meglio.

Ministro, ma quanto è pericolosa la propaganda putiniana in una democrazia come quella italiana? “Su Putin sto alle analisi che hanno reso pubbliche le agenzie di intelligence. Esiste una attività dei russi, in Europa, che cerca di influenzare l’opinione pubblica attraverso il web. L’Italia non è immune da questi tentativi ma credo che abbiamo gli anticorpi necessari e la coscienza critica giusta per combattere questi fenomeni e tenere alla larga le infiltrazioni”.

Ci sono altre forme di infiltrazioni che la preoccupano? “Credo che sia sotto gli occhi di tutti la presenza di un problema reale: l’antisemitismo”. Spieghi meglio. “Dal 7 ottobre a oggi, abbiamo innalzato l’attenzione su questo terreno e abbiamo registrato elementi di preoccupazione reali rispetto alla possibilità che qualcuno utilizzi il conflitto in medio oriente per portare avanti campagne antisemite, anche con possibilità che vi siano derive di tipo terroristico. Noi abbiamo innalzato il livello di attenzione. Lo abbiamo fatto rispetto alla vigilanza degli obiettivi fissi e lo abbiamo fatto andando a individuare con prontezza le persone considerate pericolose per la sicurezza nazionale, o perché radicalizzate o perché colte nel tentativo di avvicinamento a logiche potenzialmente terroristiche”.

Abbiamo un numero? “Dal 7 ottobre 2023 a oggi sono stati espulsi per motivi di sicurezza 44 soggetti, di cui 7 con provvedimento del ministro dell’Interno: le espulsioni hanno riguardato estremisti, soggetti radicalizzati o presunti terroristi. Nel 2023 sono stati eseguiti 77 provvedimenti di espulsione per motivi di sicurezza, di cui 5 emessi dal ministro dell’Interno. Nel 2024 sono già 20 i provvedimenti di cui 3 emessi dal ministro dell’Interno. Oggi siamo all’interno di uno scenario che rientra nell’ambito del perimetro dei fatti controllabili. Ma la storia ci insegna che dobbiamo stare attenti. Dobbiamo unire alla censura morale, rispetto a fatti gravi che riguardano l’antisemitismo, anche la prevenzione assoluta di questo fenomeno. Non farlo significherebbe non aver tratto nessun insegnamento dalla storia”.

Se ci fosse qui di fronte a lei uno studente deciso a interrompere un intervento pubblico di un soggetto vicino alla causa israeliana, come è successo nelle ultime settimane a David Parenzo, a Maurizio Molinari e a Elisabetta Fiorito, cosa gli direbbe? “Gli direi senza indugio che utilizza metodi sbagliati. Gli direi che il rifiuto pregiudiziale della discussione, quindi della conoscenza anche delle ragioni dell’altro, è qualcosa di pericoloso. Qualcosa che ha caratterizzato le pagine più nere della storia”.

Il governo ha aumentato le misure di sicurezza per prevenire incidenti nelle università? “Non credo che ci siano provvedimenti normativi da adottare ne, come abbiamo reso noto, ci sono procedure da rivedere. Noi abbiamo forze di polizia che sanno gestire con profondo equilibrio queste situazioni. Saremo sempre schierati per difendere e tutelare chiunque voglia liberamente discutere, manifestare e rafforzeremo naturalmente l’attenzione delle nostre forze dell’ordine quando vi è un soggetto che può suscitare reazioni come quelle che lei ha ricordato”.  E’ preoccupato? “Sarei irresponsabile a non esserlo. L’antisemitismo è un fenomeno molto insidioso, che può essere l’innesco di altre forme di violenza, come quelle legate al radicalismo islamista. E’ inutile nasconderci: questo clima di costruzione di una logica antisemita e di opposizione allo stato di Israele può essere il terreno fertile in cui attecchiscono comportamenti singoli di soggetti soli e di così detti lupi solitari. I soggetti che noi abbiamo espulso in questi mesi non erano soggetti già segnalati per l’appartenenza a organizzazioni di portata più ampia, ma erano soggetti colti negli atteggiamenti individuali che suggerivano una minaccia di questo tipo. Bisogna vigilare”.

Un anno fa per lei e per il governo vi fu un momento traumatico: Cutro. Un anno dopo quella tragedia cosa è cambiato per lei e per l’esecutivo quando si parla di immigrazione? “Per me quella è una pagina di grande dolore che si rinnova ogni giorno. Cosa è cambiato, mi chiede? Sono cambiati i numeri. Ed è cambiata una consapevolezza: il lavoro serio porta risultati”. Ministro, in che senso? “Nel senso che un anno dopo, gli sbarchi sono diminuiti. Tra il primo gennaio 2023 e il 18 marzo 2023, gli arrivi registrati furono 20.248. Un anno dopo, nello stesso periodo, gli sbarchi registrati sono 8.123".

Ci sta dicendo che funziona l’approccio europeista alla gestione dell’immigrazione? Ci sta dicendo, ministro, che quando si parla di immigrazione alzare i muri, fare tutto da soli, chiudere i porti non è una strategia che paga? “Io penso che vi siano due risultati di cui dobbiamo essere orgogliosi. Innanzitutto, possiamo dire che la costruzione di un’architettura normativa in Europa, su questo fronte, ha portato a un approccio diverso, più collaborativo. Vale per il memorandum sulla Tunisia, vale per il memorandum sull’Egitto. Il coinvolgimento dell’Europa nella dimensione esterna, quindi nel dialogo con questi paesi di transito e di origine per una logica di prevenzione delle migrazioni, sta funzionando: non era scontato fino a due anni fa, quando la discussione era tutta concentrata sul contrasto ai movimenti secondari, con l’Europa che diceva all’Italia e a tutti i paesi di primo approdo: purtroppo non si può far nulla, dobbiamo rassegnarci a questa situazione, ma fateci solo la cortesia di non far arrivare qui da noi chi arriva da voi. Oggi non è più così. L’Europa grazie a una spinta fortissima del governo italiano ha riformato ben cinque regolamenti di gestione del fenomeno migratorio”.

In che senso il modello dei memorandum sta funzionando? “Le faccio un esempio. Tra gli obiettivi che ci siamo posti nella collaborazione con i paesi di origine e transito  – parlo soprattutto di Tunisia e Libia – abbiamo posto l’obiettivo di spostare l’attenzione più che sul controllo delle partenze e sui recuperi in mare su un programma ambizioso di rimpatri volontari assistiti. Me l’hanno chiesto loro: questi paesi. Per noi, questo significa lavorare anche al rispetto dei diritti umani. Non le sfuggirà che se questo modello dovesse trovare una diffusa attuazione potrebbe essere la soluzione anche dello svuotamento dei centri di accoglienza e di una collaborazione ancora più strutturata con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni”.

Converrà che l’approccio europeista della destra, sull’immigrazione, è una novità. “La destra, come dice lei, sta al governo da un anno e mezzo”.

Ricorderà che una destra è stata al governo anche tra il 2018 e il 2019. Ricorderà anche chi era al suo posto oggi. “Anche all’epoca vi fu un’invocazione all’Europa per fare di più. Quel percorso culturale di sollecitazione dell’Europa è iniziato in qualche modo lì”.

Ministro! Quel governo voleva chiudere i porti! “Almeno come invocazione”. Il ministro coglie in noi un altro accenno di svenimento. Ci riprendiamo e chiediamo: è vero che questo governo collabora molto con le ong? “Per collaborare bisogna essere in due”.

Dunque non si collabora? “Non sempre. Le autorità competenti hanno emanato diversi casi di comminazione di sanzioni a diverse navi di ong in applicazione del decreto approvato l’anno scorso. La comminazione di queste sanzioni è la prova tangibile che non sempre si collabora. Qualche volta però succede”.

Succede anche con Open Arms, che è la stessa ong che ha portato uno dei suoi predecessori, Matteo Salvini, a processo? “Capita anche con loro. Ma vede, noi non siamo ideologici: l’obiettivo di salvare le persone in mare è prioritario per il governo italiano e se l’ong o qualsiasi nave privata si muove in tal senso nel rispetto di regole che prevedono la responsabilità dello stato non è che uno si può sottrarre alle regole delle istituzioni”.

Ancora sull’immigrazione, ministro. Il governo ha previsto, attraverso il decreto flussi, l’accoglienza record di 452 mila migranti regolari fino al 2026. Le imprese però chiedono a gran voce di rivedere questi numeri al rialzo e pregano da mesi il governo per avere, con urgenza, almeno 120 mila migranti regolari in più da accogliere, per far fronte alla carenza di manodopera. Rivedrete al rialzo il decreto flussi? “Non è escluso che vengano aumentati secondo le richieste del mercato e non è escluso che vengano anche ritarati. Perché abbiamo visto ad esempio che buona parte di queste richieste tende a concentrarsi in alcune aree geografiche, mentre in altre no, e stiamo ragionando di riformulare le quote in modo più coerente rispetto alle richieste del mercato”.

A proposito di regole, ministro: in che misura il caso dei presunti dossieraggi indicherebbe un grave vulnus per la nostra democrazia? “Se fosse confermato quello che  si è letto sarebbe gravissimo. Mi attacco al se fosse perché ritorno alla mia veste, e dovrebbe essere per tutti così, di ministro dell’Interno che si deve attenere a fatti che devono essere accertati. Anche in questo caso vale la regola che bisogna evitare di fare processi sommari. Una cosa che si può dire però è che in via di prevenzione qualcosa si potrebbe fare, per evitare la proliferazione di casi come quelli descritti: non lasciare per tanto tempo le singole persone a maneggiare elementi di tale delicatezza, come informazioni sensibili, e roteare il più possibile questi soggetti, allargando dunque il perimetro della responsabilità”.

Serve una commissione parlamentare? “C’è già la commissione Antimafia che se ne sta occupando. Se ne può occupare in parte il Copasir. Poi per carità il Parlamento è sovrano. Non mi permetto di dare indicazioni però come ha detto il presidente del Consiglio ci sono già abbastanza luoghi dove questi accertamenti possono avvenire”.

Si permette invece di dare indicazioni su un altro tema? “Quale?”. Droghe. “Su questo tema sono preoccupato”. “La diffusione delle droghe, in Italia, è purtroppo un fenomeno in crescita. Non è solo un fatto sociale che incide sui consumatori. E’ un fatto pervasivo che riguarda l’esigenza di riciclare i proventi enormi del traffico della droga che condiziona tutte le attività di criminalità organizzate. Le faccio un esempio. Se le mafie tradizionali praticano la cosiddetta sommersione, cioè sparano di meno ma fanno più affari, è semplicemente per il fatto che ormai dispongono di talmente tanti soldi legati al traffico della droga che l’obiettivo prioritario è quello di riciclare in qualche modo questi soldi nei circuiti economici ufficiali. Quindi inquinano le attività di impresa, inquinano l’azione delle amministrazioni, si infiltrano nell’amministrazione locale per garantirsi magari una stazione appaltante. Come vede è un fenomeno che va anche oltre il tema del consumo: è una vera e propria piaga. E’ un flagello, come le sono le droghe sintetiche, contro le quali il governo ha scelto, per fortuna, di mettere in campo una strategia seria”.

Perché questo governo, a differenza di quello tedesco, è contrario alla legalizzazione delle droghe leggere? “Io culturalmente credo che i percorsi della droga vadano interrotti con nettezza anche quando si parla di droghe più leggere. Questo per me è un fatto educativo: drogarsi è sbagliato. Ma è anche un tema ulteriore: statisticamente e storicamente succede quasi sempre che chi finisce nel gorgo delle droghe pesanti e delle droghe sintetiche ha un percorso che inizia appunto con l’illusione di poter usare delle droghe leggere e poi rimanere immuni completamente. So benissimo che non basta vietare un fenomeno per legge per fermarlo ma lo stato non può rendersi complice di qualcosa che lede l’individuo. E lo stato anche per un motivo etico non può consentire che ci sia una deliberata volontà dell’individuo di farsi del male”.

Ministro, le è piaciuto “Io capitano” di Matteo Garrone? “Molto, bel film. Meritava l’Oscar. Per quanto mi riguarda, un film equilibrato, pieno  di emozioni ma con una rappresentazione dei fatti molto vicina alla realtà del fenomeno. C’è una sufficiente sottolineatura anche del dramma, dell’illusione a volte dell’immigrazione, del conflitto interiore del migrante, del pentimento in corso d’opera. Un film non ideologico: mi è piaciuto molto”.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.