(foto Ansa)

l'intervento

"Pago ancora il prezzo del lavoro durante il Covid". Speranza spiega perché non si candida in Basilicata

Redazione

L'ex ministro della Salute ha scritto un post sui social in cui dice perché non vuole correre come presidente nella sua regione: "Candidarsi richiede un impegno totale"

"Chi in queste ore ha accostato il mio nome alla candidatura a Presidente della Regione Basilicata rimuove il carico di responsabilità che ho avuto sulle mie spalle negli oltre tre anni di mandato a cui ha fatto seguito anche una clamorosa inchiesta giudiziaria". E' con queste parole che il deputato Roberto Speranza ha voluto spiegare sui suoi canali social perché ha scelto di non correre come candidato presidente nella sua regione di nascita. Ipotesi che era stata rilanciata negli ultimi giorni, dopo il naufragio delle diverse candidature del campo largo. "A chi parla di 'generosità' vorrei ricordare che il prezzo che io e i miei affetti più cari abbiamo pagato per l’impegno degli anni del Covid è stato altissimo e purtroppo non si è ancora esaurito", argomenta l'ex ministro della Salute. "Mi pesa essere costretto a parlarne pubblicamente, non sarebbe nella mia natura farlo, ma credo che oggi sia necessario per comprendere la situazione. Continuano incessanti le minacce di morte e gli insulti quotidiani da schegge della galassia no vax. Sono continue le istigazioni all’odio personale sui social e anche da parte di un pezzo limitato ma molto rumoroso del mondo editoriale. Questo clima, ulteriormente peggiorato da quando è stata annunciata la commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid, mi costringe ancora a vivere sotto scorta con tutto ciò che questo comporta per me e per i miei cari".

Ma Speranza aggiunge pure che un'altra sarebbe la regione fondamentale ad averlo convinto che non era il caso di candidarsi in Basilicata. "Sono stato eletto solo 1 anno e mezzo fa alla Camera dei Deputati stringendo un patto con gli elettori del collegio di Napoli che mi hanno dato fiducia. Ho sempre trovato surreale il salto da una candidatura all’altra in un tempo così breve, come se le istituzioni fossero dei taxi per passare da un incarico all’altro infischiandosene del mandato popolare. Non è il mio modo di servire le istituzioni".

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