Ministero dell'economia (ansa)

Rapporti alla mano /5

Ai confini dello stato. La giungla delle partecipate

Sabino Cassese

In Italia le partecipate pubbliche sono simili a un’area “periferica” in cui l’azione pubblica si svolge in modo opaco. Una galassia che vive in un rapporto di continua tensione con la politica e  con i controllori

Si parla tanto di ritorno dello Stato, ma non sappiamo con certezza dove finisce lo Stato, quali siano i suoi confini. Al centro, vi sono ministeri, autorità indipendenti, aziende autonome, agenzie, enti pubblici. In periferia vi sono regioni, province, comuni, altri enti territoriali, come le  comunità montane e le aree metropolitane. Ma, quando ci si addentra nella giungla pubblica, si scoprono anche consorzi, fondazioni, associazioni, società a responsabilità limitata, società per azioni, organismi di diritto pubblico e molte altre figure. Non si sa fin dove si estenda lo Stato, quali attività si svolgono in periferia, perché l’azione pubblica in quell’area si svolge in modo opaco. Tanto più che nelle zone di confine vi sono organismi misti, nei quali si incontrano e combinano diritto pubblico e diritto privato e viene superato il vecchio adagio secondo il quale ai privati tutto è permesso, salvo ciò che è espressamente vietato dalla legge, mentre allo Stato tutto è vietato, salvo ciò che è espressamente prescritto dalla legge.

Il rapporto dell’Istat

Il 19 febbraio scorso l’Istituto nazionale di statistica – Istat – ha pubblicato un rapporto sulle partecipate pubbliche in Italia, con i dati relativi al 2021. Nel rapporto è contenuta una radiografia delle unità economiche partecipate dal settore pubblico. Si tratta di un’analisi d’insieme che riguarda società a responsabilità limitata, consorzi, società cooperative, aziende speciali, aziende pubbliche di servizi, enti pubblici economici e società per azioni. Dunque, è adoperata una nozione ampia di partecipate. 
Il numero di partecipate è di 7.808, 2 per cento in meno rispetto al 2020. Gli addetti sono 886.123, 2 per cento in più rispetto al 2020. Diminuiscono, quindi, le partecipate, ma aumentano gli addetti. Le partecipate sono più nel Nord e vanno diminuendo a mano a mano che si scende nella penisola. Il loro valore aggiunto per addetto cresce nel tempo. Il ministero dell’Economia e delle Finanze da solo controlla oltre il 52,2 per cento del totale delle partecipate, se si prendono in considerazione gli addetti: è, dunque, diventato una specie di nuovo ministero delle Partecipazioni statali. Mentre le partecipate complessivamente diminuiscono, le controllate dei ministeri crescono. Le società operanti nel settore industriale e dei servizi sono 5.697. Di queste 3.735 sono con partecipazione regionale e locale e hanno il 47,7 per cento degli addetti.


Chi governa e chi controlla


Questa galassia vive in un rapporto di continua tensione con la politica e con i controllori. È la politica che governa le partecipate pubbliche. Sono la Corte dei conti e un apposito dipartimento del ministero dell’Economia e delle Finanze che le controllano. Ma la politica segue un andamento contraddittorio. Costituisce società per azioni o acquista partecipazioni in società per azioni esistenti per avere vita più facile, per evitare gli eccessivi controlli del settore pubblico, per godere della stessa libertà del settore privato. Ma, una volta fatto ricorso a istituti privatistici come le società per azioni, applica ad esse regole pubblicistiche che rendono la vita difficile sia alle società che allo Stato. Si è andato, quindi, creando una specie di semi-diritto privato. Dall’economia mista si è passati al diritto misto: un esempio è il testo unico sulle partecipate del 2016, che disciplina l’intero settore, regolando diversamente partecipate, controllate e quotate e introducendo limiti che vanno in controtendenza rispetto all’istituto privatistico al quale si è fatto ricorso. Così come la politica, anche i controllori operano in modo contraddittorio. Un esempio è quello della Corte dei conti, organismo al quale il testo unico sulle società partecipate affida accurati controlli sulla costituzione di società e sull’acquisto di partecipazioni in società da parte di organismi pubblici. Il testo unico richiede alla Corte dei conti di controllare la convenienza economica, la sostenibilità finanziaria, la compatibilità della scelta con i principi di efficacia, di efficienza e di economicità. Ma tutto questo la Corte dei conti non può farlo perché non dispone di economisti, studiosi di scienze aziendali, ragionieri, mentre è piena di giuristi, a dispetto della propria denominazione.

Dall’economia mista allo Stato misto


Le partecipate pubbliche di oggi sono strutturalmente istituti non diversi dalle partecipazioni statali di una volta. Infatti, dal punto di vista strutturale, le une e le altre consistono in società per azioni in cui organismi pubblici detengono partecipazioni azionarie. Ma le partecipazioni pubbliche di una volta, specialmente quelle, molto numerose, che vennero a far parte del patrimonio pubblico a seguito dei salvataggi operati dopo la grande crisi del 1929-1933 (in primo luogo l’Istituto per la ricostruzione industriale - IRI), erano costituite da società private ereditate da fallimenti privati (e conseguenti salvataggi). Le partecipate di oggi sono il risultato del fallimento dello Stato, che non riesce con le proprie regole a gestire le funzioni che assume. Fa ricorso a società private per propria incapacità di gestire, con strumenti diretti, funzioni e attività che si accolla. Mentre quella di una volta era un’economia mista, quello attuale è uno Stato misto. Si tratta di un segno della debolezza e talora anche della inanità del liberismo italiano, rimasto purtroppo quasi sempre soccombente dinanzi al ricorso allo Stato - provvidenza.


Si potrebbe fare meglio. Il Sistan


Il rapporto dell’Istat, di cui si sono riassunti i dati fondamentali, costituisce, come sempre, un contributo importante per  la conoscenza di una realtà sfuggente. Ma si potrebbe fare meglio. 
Innanzitutto, i dati pubblicati nel febbraio 2024 sono quelli relativi al 2021, paragonati a quelli del 2020. Perché non si dispone ancora dei dati relativi al 2022? 
In secondo luogo, l’Istat è al vertice di un organismo complesso, di una rete importante, il Sistema statistico nazionale – Sistan. Questo è il culmine di una rete che comprende non solo strutture pubbliche centrali, ma anche strutture periferiche. Il Sistan è la rete di soggetti pubblici e privati che fornisce agli italiani e agli organismi internazionali l’informazione statistica ufficiale. Istituito nel 1989, comprende l’Istituto nazionale di statistica (Istat); l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) (ente d’informazione statistica); gli uffici di statistica delle amministrazioni dello Stato e di altri enti pubblici, degli Uffici territoriali del governo, delle regioni e province autonome, delle province, delle Camere di commercio, dei Comuni, singoli o associati, e gli uffici di statistica di altre istituzioni pubbliche e private che svolgono funzioni di interesse pubblico. E’ dal 2009 parte del Sistema statistico europeo (Sse). Ha il compito di indirizzare, coordinare, promuovere, assistere gli enti e gli uffici che ne fanno parte, sotto la direzione del  Comitato di indirizzo e coordinamento dell’informazione statistica – Comstat (organo di governo del Sistema statistico nazionale, che esercita funzioni direttive nei confronti degli uffici di statistica e delibera il Programma statistico nazionale) e della Direzione centrale per i rapporti esterni, le relazioni internazionali, l’ufficio stampa e il coordinamento dell’Istat. Fanno parte del Sistan oltre 3.400 uffici, con circa 8.700 addetti. Oltre all’Istat, 57 istituzioni pubbliche e private del Sistan partecipano al Programma statistico nazionale, contribuendo alla realizzazione di centinaia di lavori statistici.

Troppi cuochi e una cattiva cucina


Ora, sono numerosi gli organismi che si interessano delle partecipate. Il ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento del Tesoro, Direzione VII, Valorizzazione del patrimonio pubblico, pubblica, con gravi ritardi, rapporti annuali sulle partecipazioni delle amministrazioni pubbliche. La Ragioneria generale dello Stato ha anch’essa competenza sulle partecipazioni pubbliche, se non altro perché comportano spesso spesa pubblica. La Corte dei conti presenta relazioni sulla gestione delle società partecipate, importanti specialmente per quelle di maggiore dimensioni. Un decreto legge del 2014 prevede la costituzione, a cura del ministero dell’Economia e delle Finanze, di un’apposita banca dati. A tutto questo si aggiungono i contributi della Camera dei deputati, l’ultimo dei quali è il “dossier” numero 5, del febbraio 2024, sulle “Società a partecipazione pubblica: ricognizione degli assetti organizzativi”. Vanno aggiunte le ricerche fatte da centri studi, come quello del CoMar (“Comunicazione, Marketing, Studi, Formazione”. Architetture di comunicazione, network della consulenza dedicato a rapporti media, relazioni istituzionali, comunicazione digitale, formazione, supporto alle vendite) su  “I bilanci delle partecipate dello Stato 2017-2022”, pubblicato nel 2023, che analizza il perimetro pubblico, la presenza in borsa, il fatturato, il margine operativo, il debito finanziario e il numero dei dipendenti delle partecipate. C’è allora da chiedersi perché il Sistan non chiami a raccolta queste diverse forze per cercare di stabilire un vocabolario comune in questa terra incognita, districare le conoscenze sul groviglio di enti e di denominazioni che induce persino l’Istat, solitamente molto precisa nel glossario, a sbagliarsi  (ma l’Istat stessa segnala l’assenza di un quadro di armonizzazione metodologica e di regolamentazione dell’Unione europea) e pubblicare statistiche sicure delle istituzioni pubbliche e private.

Una collaborazione tra Istat, ministero dell’Economia e delle Finanze, Corte dei conti e altre istituzioni pubbliche e private, quali l’associazione dei comuni, sarebbe importante per evitare che circolino dati contraddittori o che vi sia assenza di dati in un’area così importante, che comporta interventi continui del sistema politico: basti dire che la Camera dei deputati ha calcolato che nel 2023 sono state fatte 510 nomine negli organi amministrativi delle partecipate e che si prevede che nel biennio 2024-2025 vi saranno da rinnovare gli organi amministrativi di 136 società.
 

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